Con la Risposta a interpello n. 293 del 31 agosto 2020, (allegata in fondo all’articolo) l’Agenzia delle Entrate afferma che i voucher per la mobilità sostenibile erogati ai dipendenti, sia pubblici che privati sono da considerare tra i fringe benefits, quindi risultano tassabili , se l’insieme di tali beni e servizi supera la soglia di esenzione di 258,23 euro per periodo di imposta (come previsto dall’art 51 comma 3 del TUIR).
Il caso veniva sottoposto da una citta metropolitana capofila di un gruppo di Comuni aderenti al progetto “Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casascuola e casa-lavoro di cui al Decreto Ministeriale 20 luglio 2016, n. 208, in forza del quale erano intenzionati a erogare ai propri dipendenti dei “buoni mobilità”, ovvero un incentivo economico riferito al tragitto “casa-lavoro-casa” pari a euro 0,25/km, con un tetto massimo all’importo del “buono mobilità” di 50 euro/mese, da erogare in un’unica soluzione, alla fine del periodo (31 ottobre 2019) e comunque non oltre dicembre 2019″.
Secondo il richiedente questi importi non dovrebbero risultare tassabili in quanto non costuiscono remunerazione per una prestazione lavorativa, ne ordinaria ne straordinaria ne eccezionale; inoltre le risorse economiche necessarie vengono appunto da quanto previsto dal D.M. n. 208 del 2016 come: “riconoscimento, a fronte dell’utilizzo di modalità di trasporto sostenibile quali piedi, bicicletta, trasporto pubblico locale, car sharing, car pooling in sostituzione dell’auto privata, di voucher prepagati validi per l’acquisto di beni e servizi connessi allo sviluppo di forme di mobilità sostenibile quali biciclette, abbonamenti di car sharing o bike sharing, titoli di viaggio sul trasporto pubblico locale, contribuzioni all’abbattimento del costo annuale dell’abbonamento al trasporto pubblico locale, riconoscimento di incentivazioni accessorie allo stipendio proporzionate ai km percorsi con modalità di trasporto sostenibile”.
L’Agenzia da invece parere negativo sulla soluzione proposta e si affida al principio di omnicomprensivita della retribuzione e ad una interpretazione letterale dell’art 51 comma 2 lettere d) e d) bis del Tuir. Tale norma fa rientrare nel welfare aziendale esente, senza limiti di importo:
gli abbonamenti a mezzi di trasporto pubblici e
le somme per l’acquisto degli abbonamenti stessi (circolare 29 marzo 2018 n. 5/E)
ma non contempla specificamente i bonus economici come quello descritto, che nascono per incentivare l’utilizzo di mezzi di trasporto alternativi.
La posizione contrasta, in linea di principio, con l’intento di adeguamento all’evoluzione in tema di mobilità, sostenuto nella risoluzione 83 2016 in cui l’Agenzia affermava che “può ritenersi, ai fini in esame, che il servizio di Car Sharing rappresenti, soprattutto nelle aree urbane, una evoluzione dei tradizionali sistemi di mobilità considerati dall’art. 51 del TUIR, e conseguentemente, i rimborsi delle relative spese in favore dei dipendenti in trasferta nel territorio comunale, documentate nei modi indicati, possano essere ricondotti nella previsione esentativa di cui al comma 5 del medesimo art. 51.”
Vero è che in quel caso si trattava di spese di trasferta e non di tragitto casa-lavoro ma sembrerebbe logico forse usare la stessa flessibilita di giudizio valorizzando l’evoluzione dei sistemi di mobilità ai fini della sostenibilità ambientale, anche in tema di welfare aziendale.
Secondo l’Agenzia dunque i buoni mobilità sostenibile erogati per il tragitto casa lavoro concorrono interamente a formare il reddito del lavoratore nell’ipotesi in cui il loro importo complessivo nel periodo d’imposta, superi la soglia prevista dall’art 51 comma 3 del TUIR.
fonte fiscoetasse.com
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