Alla fine di questo percorso, risulta chiaro che il legislatore ha voluto creare un sistema maggiormente conforme al principio di proporzionalità, oltre al voler:
– punire in modo più grave le violazioni compiute con un intento di evasione o di frode, ovvero che comportino l’occultamento dell’operazione o un debito d’imposta
– punire in modo meno grave le fattispecie irregolari per le quali l’imposta risulta comunque assolta – tenere invariato l’impianto sanzionatorio penale.
Passati vari anni dalla riforma, ci sono ancora interpretazioni contrastanti della disciplina, anche in relazione alla portata e all’ambito applicativo dell’articolo 6, comma 9-bis, del Dlgs n. 471/1997. Tali dubbi hanno portato la Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 27674/2020, a dover intervenire relativamente alle operazioni inesistenti, effettuate in regime di reverse charge.
In particolare, il giudice di legittimità ha richiesto all’ufficio del Ruolo e del Massimario la redazione di una relazione tematica di approfondimento su tale argomento, la quale, tuttavia, non è stata attualmente pubblicata.
Risulta opportuno sottolineare che la suprema Corta si è recentemente espressa (Cassazione n. 140/2022) sull’assolvimento dell’Iva mediante reverse charge e sull’inerenza dell’operazione. In questo caso, i giudici hanno evidenziato che l’assolvimento dell’Iva sull’operazione mediante il meccanismo dell’inversione contabile non altera i principi sottesi al diritto alla detrazione da parte del cessionario, il quale diritto è condizionato alla sussistenza oltre che delle condizioni soggettive (entrambi soggetti passivi) anche di quelle oggettive, ossia che i beni o servizi siano realmente utilizzati ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta.
Alla fine di questa analisi, si potrebbe ipotizzare, che in relazione alle fatture per operazioni oggettivamente inesistenti in inversione contabile, quando non c’è salto d’imposta, ossia nei casi in cui non c’è una potenziale evasione Iva, risulterebbe applicabile la sanzione dal 5 al 10% dell’imponibile, come previsto dal comma 9-bis.3 dell’articolo 6, Dlgs n. 471/1997.
Invece, nel caso di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti in inversione contabile, dove potrebbe esserci un salto d’imposta, ovvero una potenziale evasione Iva, il cessionario o committente dovrebbe regolarizzare l’acquisto, ai sensi di quanto disposto dal comma 9-bis, quarto periodo, del suindicato decreto e procedere alla detrazione d’imposta, in base ai limiti (oggettivi e soggettivi) di detraibilità.
Nel caso in cui non procedesse alla regolarizzazione, ossia nella quasi totalità dei casi, l’organo accertatore dovrebbe verificare la correttezza della detraibilità dell’Iva, relativa alla mancata regolarizzazione, e irrogherebbe la sanzione amministrativa:
– per dichiarazione infedele;
– per illegittima detrazione d’imposta;
oltre alla sanzione dal 5 al 10% dell’imponibile indicato nella fattura soggettivamente inesistente, prevista dal comma 9-bis.3 del Dlgs n. 471/1997.
Alla stessa conclusione si potrebbe giungere relativamente alle frodi Iva in inversione contabile, le quali presuppongono l’utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti. In caso di frode, il cessionario o committente non ha sicuramente regolarizzato l’acquisto e, conseguentemente non ha proceduto alla detrazione della relativa imposta, in base ai limiti (oggettivi e soggettivi) di detraibilità.
Quindi, anche nel caso di frode, l’organo accertatore dovrebbe procede alla verifica della correttezza della detraibilità dell’Iva, relativa alla mancata regolarizzazione, e potenzialmente dovrebbe irrogare la sanzione amministrativa:
– per dichiarazione infedele;
– per illegittima detrazione d’imposta,
oltre alla sanzione dal 5 al 10% dell’imponibile indicato nella fattura soggettivamente inesistente, prevista dal comma 9-bis.3 del Dlgs n. 471/1997.
Per completezza, infine, bisogna tenere in considerazione anche la sentenza della Corte di giustizia Ue del 9 dicembre 2021, anche se non riferita a operazioni in reverse charge, poiché vengono fornite delucidazioni riguardo l’utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti. In particolare, è stato chiarito che se non viene individuato il vero fornitore/prestatore, l’amministrazione finanziaria deve negare il diritto a detrarre l’Iva al committente, senza dover provare l’evasione. In estrema sintesi, si perde il diritto alla detrazione in quanto mancano i dati necessari per verificare che il fornitore/prestatore sia un soggetto passivo.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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