In una lite fra due società, conclusasi con un accordo transattivo che riconosce alla seconda il subentro nei rapporti della società istante previo versamento di una somma a favore di quest’ultima e che impone all’istante la mancata pretesa del pagamento di alcune fatture emesse nei confronti della subentrata, l’Iva già pagata sulle fatture prive di valore, in base all’accordo, può essere recuperata solo con istanza di rimborso. È la sintesi della risposta n. 762 del 4 novembre 2021 dell’Agenzia delle entrate.
L’istante, in particolare, racconta che ha partecipato a una gara d’appalto con una società, a seguito della quale si sono verificate delle liti per il riconoscimento del subentro di quest’ultima nella società istante, definite in sede giurisdizionale tramite un accordo transattivo. L’istante fa presente che in assenza della corresponsione delle somme da parte della subentrata ha emesso in data 7 novembre 2019 delle fatture con la relativa Iva versata all’erario. La società subentrata però ha ritenuto non corretta tale operazione, non concordata, e ha respinto le richieste di pagamento dell’istante. La questione viene risolta quindi con un accordo transattivo con il quale viene concordato il pagamento di una somma nei confronti dell’istante e, da parte di quest’ultimo, la rinuncia al pagamento delle predette fatture. L’istante chiede quindi se può procedere alla variazione in diminuzione per le fatture emesse il 7 novembre 2019 e, in alternativa, se può presentare istanza di rimborso Iva.
L’Amministrazione richiama i due istituti della variazione in diminuzione o dell’istanza di rimborso che offrono la possibilità di rimediare agli errori compiuti in sede di fatturazione.
In merito alla prima alternativa viene ricordato che l’articolo 26, comma 3, del decreto Iva consente la nota di variazione anche ai casi di accordo tra le parti. Il documento di prassi precisa che “Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili, […] il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25”. Quest’ultima disposizione non può essere applicata dopo un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile “qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti e può essere applicata, entro lo stesso termine, anche in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all’applicazione dell’articolo 21, comma 7”.
Per quanto riguarda il rimborso dell’imposta non dovuta, l’Agenzia ricorda l’articolo 30-ter del decreto Iva che prevede l’effettuazione della richiesta di restituzione delle somme non dovute entro due anni dal versamento o, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione. Il rimborso dell’imposta fra l’altro è escluso qualora il versamento sia avvenuto nell’ambito di una frode fiscale. Il diritto al rimborso deve comunque rispettare il principio di neutralità dell’imposta e può essere, quindi, riconosciuto solo se non sussiste alcun rischio di perdita del gettito.
Nel caso in esame, la società non ha effettuato alcuna registrazione delle fatture né la detrazione della relativa imposta, adempimento escluso dallo stesso accordo siglato dalle società. Di conseguenza, la possibilità di emettere la nota di variazione resta preclusa e l’istante potrà solo effettuare la richiesta di rimborso, nel caso descritto entro due anni dalla scadenza del termine per il pagamento della liquidazione mensile Iva relativa al mese di novembre 2019 in cui sono confluite le fatture in esame e quindi entro il 16 dicembre 2021.
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