La chiusura ad nutum, ossia un recesso libero, senza alcuna giustificazione e nel quale decisione di recedere è totalmente rimessa alla discrezionalità di colui che recede, è da sempre un problema delle aziende nel rapporto con le banche. Si tratta, per tutta evidenza, di un arbitrario e opinabile delle banca. Un sistema che finalmente comincia a mostrare le sue crepe. Da sempre le imprese accampano, legittime, aspettative rispetto un sistema bieco e privo di regole. Sin qui lo Stato ha assistito immobile. Ma da oggi qualcosa potrebbe cambiare.
Il Tribunale di Cagliari ha detto che non basta una generica contestazione di rischio dell’attività del correntista che chiudere ad nutum un rapporto. La Banca può chiudere unilateralmente il rapporto, ma solo all’esito di una corretta valutazione del cliente. Si tratta di un’ordinanza apripista di una serie di provvedimenti contro l’esclusione ad nutum dal sistema finanziario di alcune categorie professionali. Categorie professionali che per altro sono obbligate per legge ad operare esclusivamente su conto corrente.
La vicenda è relativa al rapporto tra un “comprooro” e Poste Italiane. Secondo i giudici la scelta di chiudere il conto è stata sorretta da una politica di derisking che violando il dovere di correttezza e buona fede, ha causato un ingiustificato sacrificio, stante l’obbligatorietà dell’utilizzo del conto corrente per svolgere l’attività del correntista.
Una ordinanza questa che fissa un precedente importante in un momento storico complesso laddove da due anni le aziende stanno sopportando un’ingiustificabile discriminazione.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
Comments are closed.