La Ctr Toscana, con la sentenza n. 458 del 24 marzo 2022, ha stabilito che, ai fini della revocazione della pronuncia ex articolo 395 n. 3 cpc, la decisività del documento attiene ad elementi che non coinvolgano l’attività valutativa del giudice: quindi, la mera conoscenza del giudice di un atto di parte privo di valore probatorio, come le controdeduzioni, non può considerarsi “decisiva”, atteso che dalla valutazione dello stesso non scaturirebbe inevitabilmente una decisione diversa.
Una srl presentava istanza di revocazione di una sentenza della Ctr Toscana, sostenendo di aver predisposto, nel corso del giudizio d’appello, le proprie controdeduzioni, depositate in via telematica presso la menzionata Ctr, al fine di costituirsi nel giudizio di seconde cure. Alla società, dopo alcuni mesi, perveniva un’intimazione di pagamento, emessa dall’Agenzia delle entrate, con la quale si chiedeva il pagamento di somme inerenti l’avviso a suo tempo impugnato, in cui si dava atto dell’emissione della sentenza revocanda, divenuta definitiva.
La contribuente depositava, quindi, istanza in autotutela, nella quale si contestava l’illegittimità della decisione stante il mancato esame delle controdeduzioni inviate e l’impossibilità di partecipare al giudizio. La segreteria della Commissione comunicava che le controdeduzioni inviate a suo tempo erano state abbinate ad un altro fascicolo.
Sulla base di queste premesse, la srl chiedeva la revocazione della sentenza ex articolo 395 n. 3 cpc, ritenuto come unico rimedio esperibile per far valere la violazione del diritto di difesa conseguente alla mancata partecipazione al processo: in questo senso, la compagine sottolineava che tali controdeduzioni, non valutate dalla Commissione, in quanto erroneamente abbinate ad altro processo d’appello, sarebbero state decisive ed avrebbero portato ad una decisione della Commissione d’appello favorevole al contribuente.
La decisione
La Ctr Toscana, nel rigettare l’istanza della srl, ritiene, anzitutto, che il mancato inserimento delle controdeduzioni nel fascicolo telematico dell’appello è attribuibile ad errore della srl che, nel presentare le controdeduzioni, aveva erroneamente indicato il numero di registro generale.
Tuttavia, specifica il Collegio regionale, l’atto contenente le controdeduzioni, in quanto atto di parte contente delle mere valutazioni, non potrebbe – per sua natura – costituire mai un documento decisivo, la cui conoscenza da parte del giudice avrebbe portato incontestabilmente ed inevitabilmente ad una decisione diversa.
Tale decisività, infatti, può essere riconosciuta solo ad un documento probatorio e non ad un atto di parte.
Quando il documento è “decisivo”
La Ctr, nel precisare la nozione di decisività, richiama la giurisprudenza relativa all’ipotesi di revocazione di cui al n. 4 dell’articolo 395 cpc, secondo cui l’errore di fatto “consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività; l’errore deve, pertanto, apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, e non può consistere, per converso, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio” (cfr. Cassazione, sez. Unite, n. 4368/2021).
In sostanza, il documento è decisivo quando da esso emerge un dato obiettivo, di assoluta immediatezza e di semplice rilevabilità, che si pone in assoluto ed insanabile contrasto con la sentenza revocanda, senza necessità di un’attività valutativa da parte del giudice.
Nello stesso senso sussisteva, conclude il Collegio regionale, un altro arresto di nomofilachia, che specificava “per proporre l’impugnazione per revocazione, ai sensi dell’art. 395, primo comma, n. 3 c.p.c., deve ritenersi <<decisivo>> il documento che, oltre ad essere stato ritrovato dopo la sentenza, sia astrattamente idoneo, se acquisito agli atti, a formare un diverso convincimento del giudice, e perciò a condurre ad una decisione diversa da quella revocanda, attenendo a circostanze di fatto risolutive che il giudice non abbia potuto esaminare” (cfr. Cassazione n. 29385/2011).
In ultima analisi, si può osservare che, quindi, nel caso di specie – per integrare i requisiti richiesti dall’articolo 395 n. 3 cpc – mancava sia il documento che fosse “decisivo”, sia l’ulteriore elemento richiesto dalla norma in oggetto, ossia che il documento non fosse stato prodotto in giudizio “per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario”, atteso che il mancato versamento in atti era derivato da mero errore della società istante.
fonte fiscooggi.it