Il governo lavora al taglio delle bollette energetiche. Giovedì si dovrebbe tenere il consiglio dei ministri che dovrebbe varare le misure per dare una boccata d’ossigeno a cittadini e imprese. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, in audizione ha indicato tra gli 8 e i 10 miliardi le risorse che potrebbero essere reperite per mitigare gli aumenti.
Nella giornata di mercoledì 19 gennaio si terrà la prima riunione al Mise, in videoconferenza, del tavolo sull’energia presieduta dal ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. L’incontro, al quale parteciperanno, tra gli altri, rappresentanti di Confindustria, Confindustria ceramica, Confindustria energia, Aicep, Federbeton, Assocarta, Assovetro, Assomet, Federacciai, Assofond, Federchimica, Federalimentare, Interconnector energy italia, Federlegno Arredo, Anima, Anfia, avrà al centro della discussione l’impatto dei costi dell’energia sul sistema produttivo.
Molte imprese rischiano la chiusura a causa di rialzi dei prezzi, con il gas che rispetto ai livelli pre-pandemia è aumentato del 723%. Per questo, il governo cerca soluzioni con urgenza. Il segretario della Lega, Matteo Salvini, ha detto che “l’obiettivo è avere un decreto legge in Consiglio dei ministri già questa settimana” sostenendo la richiesta di Confindustria di un tavolo a palazzo Chigi.
Nel corso dell’audizione, Cingolani ha evidenziato che, rispetto alle previsioni precedenti, difficilmente i prezzi del gas caleranno almeno nel breve termine. Allo stesso tempo ha affermato che “non possiamo continuare ogni trimestre a tirare fuori cash che mitiga solo una parte dell’aumento che di solito è a due zeri. Bisogna mettere a punto una strategia strutturale Ue”, ha aggiunto.
Al Mite si studiano possibili interventi grazie ai quali si potrebbero reperire tra gli 8 e i 10 miliardi di euro. Tre miliardi potrebbero arrivare dalla cartolarizzazione degli oneri Asos, 1,5 miliardi dalle aste Ets (Emission trading system), 1,5 miliardi dal taglio degli incentivi sul fotovoltaico (il cosiddetto Conto energia), tra uno e due miliardi dal taglio degli incentivi sull’idroelettrico, 1,5 miliardi dalla negoziazione a lungo termine delle rinnovabili.
“Bisogna far passare l’idea che il caro bolletta non dipende dalla transizione energetica ma da congiunture correlate al prezzo del gas. Gli aumenti dei prezzi non dipendono dalla CO2 che pesa per il 20% ma dal costo della materia prima gas” che conta per l’80%, ha spiegato il ministro. Ribadita la posizione sul nucleare. “Noi non vogliamo fare centrali nucleari di seconda e terza generazione. La tassonomia prevede incentivi per reattori di nuova generazione”.
E confermata anche la linea sul gas che a oggi è essenziale per la transizione. “Non possiamo pensare di non appoggiare il gas in questo momento della transizione perchè altrimenti fermeremmo tutto. I tempi del phase-out del gas dipendono da quanto saremo bravi da mettere in atto il grande progetto di rinnovabili che abbiamo in corso”, ha spiegato Cingolani.
C’è poi il discorso della “valorizzazione dei giacimenti nazionale esistenti”. L’Italia, ha osservato Cingolani, consuma “70 miliardi di metri cubi di gas all’anno e ne produciamo 4,5 miliardi dal nostro territorio. Tutto il resto è importato. Non vogliamo fare nuove trivelle ma ottimizzare giacimenti che già ci sono anche se non è una cosa immediata”.
Aumentando la produzione nazionale ci sarebbero vantaggi, con l’Iva che verrebbe pagata in Italia e con trasporti e stoccaggi che costerebbero meno. Inoltre, ha aggiunto il ministro, si potrebbe utilizzare una parte di questo “gas per accordi a prezzi controllati per favorire l’attività delle aziende. Sarebbe un’ipotesi limitata a uno-due anni. Ne stiamo discutendo con gli operatori che estraggono e vendono gas”. Su un eventuale raddoppio del Tap, il responsabile del Mite ha precisato che non verrebbe posato un altro tubo ma si incrementerebbe “la portata” del gasdotto attuale.
L’ipotesi è “allo studio”, mentre l’EastMed (la pipeline che nelle intenzioni dovrebbe portare il gas dall’area del Mediterraneo orientale in Italia passando per Cipro e Creta) al momento “non è in agenda”. Il ministro ha allontanato il pericolo di un blackout, paventato da alcuni parlamentari a causa dell’alta domanda di elettricità.
“Se l’inverno permane a questo livello, credo si possa essere ottimisti. In Europa in alcuni Paesi ci potrebbero essere difficoltà. Francamente in Italia, a meno di un mese di febbraio glaciale, non corriamo questo rischio, anche se le riserve sono un pò meno piene. Qualche Paese nordeuropeo potrebbe avere qualche problema”, ha concluso Cingolani, spiegando tuttavia di non poter prevedere il meteo.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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