E’ conforme all’articolo 137 della direttiva Iva una normativa, nel caso di specie lituana, che subordini l’opzione per l’imponibilità Iva di una cessione di immobili alla circostanza che l’acquirente sia un soggetto passivo, in possesso già al momento della compravendita (e non successivamente) del numero identificativo Iva. Così si è espressa la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza emessa nella causa C-56/21, depositata il 30 giugno 2022.
I fatti oggetto della causa
La società “Arvi ir ko Uab” (in prosieguo, Arvi), società lituana, aveva eretto un fabbricato accessorio per uso abitativo con una palestra/sala fitness su una particella di terreno destinata ad altri usi, e concessa in locazione agli azionisti, indicando i costi di produzione e l’Iva nella dichiarazione del gennaio 2013.
Nel 2015 Arvi aveva venduto il fabbricato a un fondo di investimento che, pur essendo al momento della compravendita un soggetto passivo d’imposta, non era ancora registrato come tale ai fini Iva, e avrebbe ottenuto la registrazione – peraltro già richiesta – solo un mese più tardi.
Secondo la legge Iva della Lituania, lo status dell’acquirente come soggetto passivo Iva registrato costituisce una condizione necessaria affinché il venditore possa optare per l’imposizione della cessione. Pertanto, secondo l’amministrazione, l’operazione avrebbe dovuto essere necessariamente trattata come una cessione di beni immobili in regime di esenzione, e la detrazione effettuata nel 2013 avrebbe dovuto essere rettificata nella dichiarazione Iva relativa al maggio 2015.
Arvi, secondo la tesi dell’Amministrazione lituana, avrebbe dovuto correggere le dichiarazioni per tutto il periodo compreso tra maggio 2015 e dicembre 2022; poiché ciò non era avvenuto, è stato ingiunto il pagamento dell’Iva, oltre sanzioni e interessi.
Secondo Arvi, invece, la condizione posta dall’articolo 32, paragrafo 3 della legge lituana sull’Iva (“Il soggetto passivo ha il diritto di optare per l’imposizione dell’IVA […] se il bene è venduto o altrimenti ceduto a un soggetto passivo che è registrato come soggetto passivo IVA”) configura una violazione dei principi di neutralità fiscale e sarebbe incompatibile con la Direttiva 112/2006/Ce e con la giurisprudenza della Corte.
L’oggetto del rinvio pregiudiziale e le conclusioni dell’Avvocato generale
La Commissione per il contenzioso tributario presso il Governo lituano ha chiesto, alla Corte di giustizia di chiarire:
- se sia conforme agli articoli 135 e 137 della Direttiva, nonché ai principi di neutralità fiscale e di effettività, condizionare l’opzione per l’imponibilità alla qualifica di soggetto passivo dell’acquirente
- in caso di risposta affermativa, se sia conforme ai suddetti principi un’interpretazione della normativa nazionale che obblighi il fornitore a rettificare la detrazione dell’Iva assolta per l’acquisto del bene immobile poi trasferito
- se risponda al canone di proporzionalità il fatto che tale prassi si applichi anche qualora l’acquirente del bene immobile abbia ottenuto la registrazione un mese dopo l’operazione, e se abbia rilievo il fatto che l’acquirente abbia effettivamente utilizzato il bene acquistato nell’ambito di attività soggette a Iva e non sussistano prove di frode o abuso.
Alla luce dell’articolo 137 della Direttiva, che nel secondo paragrafo consente agli Stati membri di stabilire condizioni per l’opzione per l’imposizione, l’Avvocato generale ha concluso per la legittimità della normativa lituana, in quanto il rispetto della condizione formale della qualità di soggetto passivo Iva dell’acquirente non viola il principio di neutralità né risulta sproporzionato. Nella prima parte delle sue conclusioni, ai paragrafi 30 e seguenti, l’Avvocato ricostruisce la ratio dell’esercizio della rinuncia all’esenzione, che è quella di evitare svantaggi competitivi per i fornitori, ovvero di evitare che i potenziali acquirenti preferiscano acquistare un terreno edificabile e costruirvi sopra un immobile in economia, detraendo l’Iva.
L’Avvocato ha escluso non solo la violazione del principio di neutralità, perché tutti i potenziali venditori sono soggetti alla stessa condizione, ma anche quello di proporzionalità, perché l’ottenuta registrazione serve a consentire all’Amministrazione di porre in essere le verifiche circa la rinuncia all’esenzione, contribuendo alla certezza del diritto anche a favore dello stesso cedente. Tale conclusione non può essere smentita dalle sentenze che hanno ammesso l’esercizio del diritto alla detrazione per le attività intraprese prima della formale apertura della partita Iva, perché “non si tratta dell’esercizio di un diritto a detrazione da parte del soggetto passivo, bensì della validità della rinuncia a un regime di esenzione nei confronti di un destinatario della prestazione non registrato ai fini fiscali”.
La decisione della Corte di giustizia
Le conclusioni dell’Avvocato generale sono state confermate dalla Corte di giustizia, la quale ricorda che, ai sensi dell’articolo 137 della Direttiva, e come è stato riconosciuto in diversi precedenti, gli Stati membri possono restringere la portata del diritto alla rinuncia all’esenzione, o addirittura eliminarla, perché godono, a seconda del contesto, di ampi margini di discrezionalità.
Gli Stati membri possono inoltre escludere determinate operazioni o determinate categorie di soggetti passivi dalla rinuncia all’esenzione, a condizione che rispettino i principi di neutralità fiscale e parità di trattamento nell’applicazione delle esenzioni.
La normativa lituana, del resto, è simile a quella lussemburghese “confermata” dalla sentenza resa in causa C-269/03, secondo cui l’opzione per l’imponibilità a Iva della locazione è subordinata a un’approvazione efficace ex nunc da ottenere dalle autorità fiscali prima della stipula del contratto. In entrambi casi, le normative consentono alle Amministrazioni di verificare preventivamente che le condizioni per l’imposizione siano soddisfatte, e a garantire che l’applicazione dell’esercizio del diritto di opzione avvenga nel rispetto della certezza del diritto.
Non si tratta, aggiunge la Corte, di limitare il diritto alla detrazione, ma di stabilire le condizioni alle quali è subordinato l’esercizio di un diritto, l’opzione per l’imponibilità, che altrimenti sarebbe escluso.
La normativa lituana, afferma la Corte nel trattare le altre due questioni sollevate, rispetta il principio di proporzionalità perché non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito consentendo al soggetto passivo venditore, e all’Amministrazione finanziaria, di conoscere in anticipo e senza effettuare lunghe ricerche se la rinuncia all’esenzione possa essere validamente esercitata.
Viceversa, lederebbe il principio della certezza del diritto un’interpretazione che condizionasse l’esenzione, o la rinuncia, all’utilizzo che l’acquirente fa del bene, anche perché non sarebbe consentito far dipendere dal comportamento di un altro soggetto l’obbligo di rettifica che grava sul venditore. Si tratta di due operazioni separate che coinvolgono soggetti passivi distinti, che esercitano ciascuno la propria attività economica.
La Corte ha pertanto affermato che “gli articoli 135 e 137 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio […] non ostano a una normativa nazionale che subordini il diritto di un soggetto passivo di optare per l’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto (IVA) della vendita di un bene immobile alla condizione che tale bene sia ceduto a un soggetto passivo che, al momento della conclusione dell’operazione, è già registrato ai fini dell’IVA”; e che “le disposizioni della direttiva 2006/112 nonché i principi di neutralità fiscale, effettività e proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa e a una prassi nazionali in forza delle quali il venditore di un bene immobile è tenuto a rettificare la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) pagata a monte su tale bene in seguito al rifiuto di riconoscergli il diritto di optare per l’imposizione di tale vendita per il motivo che, alla data di quest’ultima, l’acquirente non soddisfaceva le condizioni previste per l’esercizio, da parte del venditore, di tale diritto. Sebbene l’uso effettivo del bene immobile di cui trattasi da parte dell’acquirente nell’ambito di attività soggette all’IVA sia irrilevante al riguardo, le autorità competenti sono tuttavia tenute a verificare l’eventuale esistenza di una frode o di un abuso in capo al soggetto passivo che abbia inteso esercitare il suo diritto di optare per l’imposizione dell’operazione di cui trattasi”.
Nel concludere, va ricordato che il requisito soggettivo dell’acquirente non è contemplato dalla normativa italiana (cfr. i numeri 8-bis e 8-ter dell’articolo 10 del Dpr n. 633/72, in tema di esenzioni Iva), ed anzi vi è una specifica aliquota ridotta (4%) per l’acquisto della prima casa, la quale presuppone che l’acquisto sia effettuato da un “privato” per esigenze abitative
Data della sentenza
16 giugno 2022
Numero della causa
C-56/21
Nome delle parti
ARVI ir ko UAB
contro
Valstybinė mokesčių inspekcija prie Lietuvos Respublikos finansų ministerijos (Lituania)
fonte fiscooggi.it