La decadenza dal regime agevolativo spettante alle associazioni sportive dilettantistiche, prevista dalla vecchia versione dell’articolo 25 comma 5 della legge n. 133/1999 al venir meno del presupposto della tracciabilità dei pagamenti e versamenti, rappresenta una situazione di ripristino della parità fiscale e non una repressione delle devianze alla norma. In quanto tale, non soggiace al principio del favor rei previsto all’articolo 3 del Dlgs n. 472/1997.
È questo il principio posto dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 26516 del 30 settembre 2021.
I contribuenti, coobbligati in solido di un’associazione sportiva dilettantistica estinta, impugnavano la decisione con cui la Commissione tributaria regionale aveva accolto l’appello dell’Agenzia e confermato la legittimità e fondatezza dell’avviso di accertamento, con cui erano state recuperate le imposte per l’intervenuta decadenza dal regime agevolativo previsto dalla legge n. 398/1991 nei casi di inosservanza dell’obbligo di tracciabilità dei pagamenti da e verso gli enti previsto dall’articolo 25, comma 5, della stessa legge.
I giudici di legittimità con la pronuncia in commento hanno rigettato tutti i motivi di censura avanzati dalla parte privata affermando, avuto riguardo all’intervento abrogativo di cui al Dlgs n. 158/2015, che “tale abrogazione non investe, infatti una misura sanzionatoria, bensì una diversa misura, consistente nella decadenza da un beneficio agevolativo”.
Da ciò, i giudici ritraggono che non sempre la perdita dell’agevolazione riveste carattere sanzionatorio e, a sostegno di tale tesi, richiamano le conclusioni a cui sono giunte, in relazione ad analoga fattispecie, le sezioni unite con la sentenza, n. 2060/2011, secondo cui sarebbe il venir meno delle ragioni giustificative della deroga alla par condicio fiscale a determinare l’applicazione della tassazione ordinaria, cioè a imporne il ripristino e non a reprimere condotte devianti.
Ciò comporta, secondo la Cassazione, l’esclusione dell’obbligo di applicare retroattivamente la norma abrogatrice in nome del principio del favor rei, visto che la disposizione previgente non contemplava un trattamento peggiorativo a carico del contribuente, bensì escludeva che gli si potesse estendere un regime premiale.
L’articolo 25, comma 5, della legge n. 133/1999 dispone che i pagamenti a favore di società, enti o associazioni sportive dilettantistiche e i versamenti da queste effettuati devono essere eseguiti, ove di importo superiore a 1.000 euro, tramite:
– conti correnti bancari o postali a loro intestati;
-ovvero secondo altre modalità idonee a consentire all’amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, che possono essere stabiliti con decreto del ministero delle Finanze.
Il riferimento al Dm n. 473/1999 (“Regolamento recante norme di attuazione dell’articolo 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133, relativo a disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche”) deve considerarsi ancora applicabile per la parte non incompatibile con la nuova disciplina, anche se tale provvedimento è stato emanato prima della riformulazione dell’articolo 25 citato per effetto della legge n. 342/2000.
L’articolo 4 del decreto, in particolare, prevede che i prelevamenti e versamenti avvengano tramite conti correnti bancari o postali intestati alle associazioni o mediante carte di credito o bancomat, con l’evidente finalità di rendere tracciabili tutti trasferimenti di denaro da e verso le associazioni e di ridurre, per l’effetto, il rischio di evasione fiscale.
Nella versione antecedente al decreto legislativo n. 158/2015, la disposizione contenuta all’articolo 25 comma 5 prevedeva, in caso di inosservanza delle modalità prescritte per i prelevamenti e versamenti:
– l’automatica decadenza dalle agevolazioni di cui alla legge n. 389/1991;
– l’applicazione della sanzione amministrativa da 250 a 2.000 euro prevista dall’articolo 11 del Dlgs n. 471/1997.
Con l’entrata in vigore, dal 1° gennaio 2016, delle modifiche apportate dall’articolo 19 del Dlgs n. 158/2015, che ha abrogato la decadenza ex lege prevista dall’articolo 25, si è sin da subito posta la questione se la violazione dell’obbligo di tracciabilità delle movimentazioni finanziarie, anche se commesse prima della modifica, comportasse per le associazioni sportive dilettantistiche la perdita del regime di cui alla legge n. 398/1991, in quanto la natura di “sanzione impropria” della decadenza, così come definita dalla stessa relazione accompagnatoria al decreto di riforma delle sanzioni, avrebbe comportato l’applicazione del favor rei di cui all’articolo 3 del Dlgs n. 472/97.
Le corti di merito si sono sin da subito orientate a favore della retroattività dell’abrogazione della decadenza, riconoscendo, dunque, anche a favore delle associazioni che avessero violato l’obbligo di tracciabilità prima dell’abrogazione i benefici della legge n. 389/1991 e limitandosi, in tal caso, a ritenere legittima l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’articolo 11 del Dlgs n. 471/1997 (ex pluribus Ctr Toscana n. 70/08/19, Ctr Molise n. 355/02/2018, Ctr Umbria n. 491/01/16 e Ctp Reggio nell’Emilia n. 259/02/16).
L’ordinanza in commento, senza smentire il granitico orientamento della Corte suprema (tra le tante, vedi Cassazione, ordinanza n. 15978/201) in punto di applicabilità del favor rei alle sanzioni amministrative che ispira le pronunce di merito, è andata oltre, proponendo, in linea con l’autorevole precedente delle sezioni unite n. 2060/2011, un’interpretazione della decadenza dai regimi agevolativi in chiave di ripristino delle condizioni per la tassazione ordinaria, piuttosto che di penalizzazione di condotte contrarie alle previsioni normative.
Questa innovativa lettura della decadenza dall’agevolazione in chiave di ripristino dello status quo ante – piuttosto che di applicazione di un trattamento peggiorativo – è evidentemente destinata ad avere un significativo impatto sull’operato delle corti di merito e delle amministrazioni.
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