Con la risposta n. 269 del 18 maggio 2022, l’Agenzia ha chiarito che la disciplina agevolativa dettata dall’articolo 6-bis del Dl n. 23/2020 richiede la contestuale presenza di due requisiti: deve trattarsi di immobile a destinazione alberghiera e il locatario deve essere un soggetto operante nei settori alberghiero e termale.
Tuttavia, in caso di utilizzo promiscuo dei beni, invece, è necessario identificare il valore attribuibile alla “parte” di bene utilizzata per operare nei predetti settori.
Una società, in regime di contabilità semplificata, esercente l’attività di locazione immobiliare di beni propri, espone che gli immobili di cui è proprietaria sono iscritti nel libro dei cespiti ammortizzabili, con un unico valore e senza alcuna suddivisione.
Inoltre, la compagine puntualizza che tutti gli immobili, tranne quello classificato nella categoria catastale A/2, tenuto a disposizione, sono concessi in locazione a una srl, che esercita l’attività di albergo. Precisa, poi, che i locali in questione sono concessi in locazione ai fini dello svolgimento dell’attività recettiva/alberghiera, con divieto di sublocazione e cessione anche parziale, nonché divieto di mutamento di destinazione e che, contrattualmente, sono a carico del conduttore le spese di ordinaria e straordinaria amministrazione senza diritto di rivalsa.
Pertanto, la società chiede chiarimenti in merito alla possibilità di effettuare, nell’anno d’imposta 2021, la rivalutazione gratuita degli immobili concessi in locazione, ai sensi dell’articolo 6-bis del Dl n. 23/2020.
La risposta dell’Agenzia
L’Agenzia premette che l’articolo 6-bis del Dl n. 23/2020 (decreto “Liquidità”) ha introdotto – per i soggetti operanti nei settori alberghiero e termale – la possibilità di rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, a esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa (comma 1). La rivalutazione, che deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e deve essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa, deve essere eseguita in uno o in entrambi i bilanci o rendiconti relativi ai due esercizi successivi a quello in corso al 31 dicembre 2019. Ne consegue che, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, il bilancio nel quale si deve procedere a detta rivalutazione è quello relativo all’esercizio chiuso il 31 dicembre 2020 e/o quello relativo all’esercizio chiuso il 31 dicembre 2021 (comma 2).
Il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione – continua la normativa di riferimento – può essere riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, a decorrere dall’esercizio nel cui bilancio la rivalutazione è eseguita; sui maggiori valori dei beni e delle partecipazioni iscritti in bilancio non è dovuta alcuna imposta sostitutiva o altra imposta (comma 3).
Ai sensi del comma 4 della norma citata, poi, “il saldo attivo risultante dalle rivalutazioni eseguite deve essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva designata con riferimento al presente comma, con esclusione di ogni diversa utilizzazione“.
Il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, con l’applicazione in capo alla società di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’Irap e di eventuali addizionali nella misura del 10% (comma 5).
Nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci o di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione (comma 6).
La circolare n. 6/2022, nel fornire chiarimenti in merito alla disciplina in esame, ha, poi, osservato che la norma di interpretazione autentica contenuta nell’articolo 5-bis, comma 1, Dl n. 41/2021, ha stabilito che “l’articolo 6-bis (…) si interpreta nel senso che le disposizioni ivi contenute si applicano, alle medesime condizioni, anche per gli immobili a destinazione alberghiera concessi in locazione o affitto di azienda a soggetti operanti nei settori alberghiero e termale ovvero per gli immobili in corso di costruzione, rinnovo o completamento”.
La disposizione in esame, dunque, per il caso di immobile concesso in locazione, richiede la contestuale presenza di due requisiti:
1) dal punto di vista oggettivo, deve trattarsi di immobile a destinazione alberghiera
2) sotto il profilo soggettivo, il locatario deve essere un soggetto operante nei settori alberghiero e termale.
In caso di utilizzo promiscuo dei beni, invece, è necessario identificare il valore di mercato del bene attribuibile alla “parte” di bene utilizzata per operare nei predetti settori. Tale identificazione può avvenire sulla base della valutazione di stima operata ai sensi dell’articolo 6 del Dm 2001 cui rinvia il menzionato articolo 6-bis, ovvero, mediante altro criterio che risulti dimostrabile e controllabile in sede di svolgimento delle attività di controllo.
Nel caso di specie – conclude l’Agenzia – l’istante potrà fruire della rivalutazione gratuita limitatamente agli immobili “a destinazione alberghiera”, costituendo tutti gli immobili utilizzati a tale fine una categoria omogenea nel senso disposto dal comma 2 del citato articolo 6-bis. Resta ferma la facoltà di operare, sussistendone tutti i requisiti previsti dalle disposizioni vigenti, la rivalutazione di cui all’articolo 110 del Dl n. 104/2020.
fonte fiscooggi.it