Il tempo fissato per la proposizione del ricorso avverso l’accertamento tributario continua a decorrere a prescindere dalla circostanza che l’interessato, successivamente alla notifica dell’atto, abbia presentato un’istanza di annullamento in autotutela dell’avviso, rigettata dall’ufficio quando il termine per impugnare era già scaduto.
La presentazione di detta istanza non determina, infatti, la sospensione del termine per la presentazione del gravame, che trascorre anche durante il tempo impiegato dall’ufficio per fornire un riscontro, peraltro neppure obbligatorio ai sensi di legge.
Queste, in sintesi, le conclusioni rese dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, nella sentenza n. 123 dello scorso 13 gennaio.
Un notaio impugnava vittoriosamente dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma l’avviso di liquidazione con il quale erano state quantificate le imposte dovute in relazione a un atto oggetto di registrazione.
Ricorrendo in appello, la competente direzione provinciale dell’Agenzia, per quanto d’interesse, eccepiva che i giudici di prime cure avevano omesso di rilevare la tardività del ricorso introduttivo del giudizio.
Nello specifico, l’ufficio documentava che l’atto impositivo era stato ritualmente notificato il 5 dicembre 2017, sicché il termine per la proposizione del ricorso scadeva il 3 febbraio 2018, mentre il ricorso di prime cure era stato notificato soltanto il 5 giugno 2018. L’ufficio precisava, inoltre, a dimostrazione che la notifica era andata a buon fine, che il 29 dicembre 2017 il notaio aveva presentato istanza di riesame in autotutela con richiesta di annullamento dell’avviso, rigettata con provvedimento del 21 febbraio 2018.
Con sentenza n. 123 del 13 gennaio, in accoglimento delle ragioni dell’ufficio appellante, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha riconosciuto la tardività del primo gravame, secondo quanto dimostrato dalla documentazione acquisita in atti.
Rispetto alla decorrenza del termine per la proposizione del ricorso, si legge nella pronuncia in commento, non può avere rilievo “il fatto che il ricorrente avesse dapprima presentato un’istanza di annullamento in autotutela dell’avviso di liquidazione, rigettata dall’Ufficio …, quando il termine per impugnare era già scaduto”, infatti, “la presentazione di siffatta istanza non determinava la sospensione del termine per impugnare l’atto, che continuava a decorrere anche durante il tempo impiegato dall’Ufficio per rispondere”.
Conseguentemente, conclude la sentenza, l’interessato, “pur in assenza di un riscontro da parte dell’Ufficio (il quale, va detto, non era obbligato ex lege al riscontro entro un certo termine) avrebbe dovuto, comunque, attivarsi per la tempestiva impugnazione dell’atto…”.
Lo svolgimento del processo tributario, come peraltro l’iter di ogni procedimento giurisdizionale, si snoda attraverso il compimento di una serie di attività da espletarsi nel rispetto di termini, per lo più perentori, fissati dalla legge.
Il termine svolge una funzione fondamentale e imprescindibile perché garantisce la certezza dei rapporti giuridici e perché, dalla mancata osservanza di un termine fissato come perentorio per il compimento di un determinato atto giuridico deriva la decadenza, di regola irreversibile, dal potere di compiere quell’atto.
Con particolare riguardo al termine entro il quale deve essere presentata l’impugnazione avverso gli atti che soggiacciono alla cognizione delle Commissioni tributarie, l’articolo 21 del Dlgs n. 546/1996 stabilisce che il ricorso “deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato”.
Tale essendo il termine di legge per presentare l’impugnazione, il calcolo del relativo lasso temporale soggiace alla disciplina di carattere generale di cui all’articolo 155 cpc ai sensi del quale, tra l’altro, nel computo dei termini a giorni o a ore, “si escludono il giorno e l’ora inziali”, i giorni festivi “si computano nel termine” ma, se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza “è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo”.
Ferme restando dette regole, la legge prevede alcune ipotesi in cui la decorrenza del termine in questione può subire una sospensione, la quale opera come una sorta di “parentesi”, nel senso che il termine in corso anteriormente all’inizio del periodo di interruzione viene “congelato” e la frazione residua viene computata a partire dalla fine dello stop.
Le ipotesi di sospensione sono peraltro espressamente previste dalla legge.
In particolare, e a titolo esemplificativo, in base al primo periodo dell’articolo 1, primo comma, della legge n. 742/1969, (sospensione dei termini processuali nel periodo feriale), il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie e a quelle amministrative “è sospeso di diritto dal 1º al 31 agosto (fino all’anno 2014, dal 1° agosto al 15 settembre, nda) di ciascun anno, e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione…”.
Inoltre, ai fini del computo dei termini per la proposizione del ricorso dinanzi alle Commissioni tributarie provinciali, occorre tener conto dell’eventuale sospensione di novanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza di accertamento con adesione di cui agli articoli 6 e 12 del Dlgs n. 218/1997.
La pronuncia in commento, in definitiva, nell’escludere la possibilità che la presentazione di una istanza di autotutela determini la sospensione del termine per l’impugnazione, nel mentre conferma la regola della tipicità delle fattispecie “sospensive”, impone di prestare la massima attenzione al fine di evitare la decadenza dal potere di proporre ricorso avverso l’atto tributario.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
Comments are closed.