Il decreto fiscale collegato alla legge di Bilancio 2022 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 15 ottobre 2021.
In corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, contiene misure urgenti anche in materia di lavoro come la proroga della CIG Covid, la previsione di nuovi congedi parentali per i genitori con figli in DAD o affetti da Covid o in quarantena nonchè l’atteso rifinanziamento dell’indennità di malattia per quarantena e del reddito di cittadinanza.
Il decreto fiscale estende, fino al 31 dicembre 2021, l’equiparazione a malattia, ai fini del riconoscimento del relativo trattamento economico, del periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva dai lavoratori dipendenti del settore privato.
Inoltre, sempre fino al 31 dicembre 2021, il predetto periodo non sarà computabile ai fini del periodo di comporto.
La misura viene rifinanziata retroattivamente, con efficacia dal 31 gennaio 2020 e fino appunto al 31 dicembre 2021, nel limite massimo di spesa di 663,1 milioni di euro per l’anno 2020 e di 976,7 milioni di euro per l’anno 2021, a copertura prioritaria degli eventi cronologicamente anteriori.
Per lo stesso arco temporale (dal 31 gennaio 2020 fino al 31 dicembre 2021) si prevede il riconoscimento di un rimborso forfettario, a copertura degli oneri sostenuti per i dipendenti non aventi diritto all’assicurazione economica di malattia presso l’INPS, a favore dei datori di lavoro del settore privato con obbligo previdenziale presso le Gestioni dell’INPS, con esclusione dei datori di lavoro domestico.
Il rimborso, di importo pari a 600 euro, è riconosciuto una tantum per ciascun anno solare e per ogni singolo lavoratore ed è previsto solo a condizione che nei giorni di quarantena la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile.
Il rimborso è erogato dall’INPS su domanda (telematica) del datore di lavoro da presentare nelle modalità ed entro i termini che saranno indicati dall’Istituto con apposita circolare.
Tornano, fino al 31 dicembre 2021, i congedi Covid per i genitori con figli in DAD, affetti da Covid o in quarantena, conviventi e minori di 14 anni.
Il congedo può essere fruito, in forma giornaliera od oraria, dal lavoratore dipendente in alternativa all’altro genitore per la durata:
in tutto o in parte, della sospensione dell’attività didattica o educativa in presenza del figlio;
dell’infezione da SARS-CoV-2 del figlio;
della quarantena del figlio disposta dal Dipartimento di prevenzione della azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente a seguito di contatto ovunque avvenuto.
Lo stesso beneficio è riconosciuto ai genitori di figli disabili gravi, a prescindere dall’età del figlio, per la durata dell’infezione da SARS-CoV-2 o della quarantena del figlio ovvero nel caso in cui sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica o educativa in presenza o il figlio frequenti centri diurni a carattere assistenziale dei quali sia stata disposta la chiusura.
Il congedo è indennizzato al 50% della retribuzione e i periodi sono coperti da contribuzione figurativa.
Gli eventuali periodi di congedo parentale già fruiti dai genitori dall’inizio dell’anno scolastico 2021/2022 possono essere convertiti a domanda nel congedo Covid.
Sempre fino al 31 dicembre 2021 i genitori di figli di età compresa fra 14 e 16 anni (uno alternativamente all’altro) possono astenersi dal lavoro senza retribuzione o indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa, ma con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro.
Fino al 31 dicembre 2021 poi possono godere del congedo Covid i genitori lavoratori iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS (articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335) per le stesse causali (DAD, infezione Covid o quarantena) e per i figli conviventi under 14. Il congedo è indennizzato al 50% di 1/365 del reddito. Per i genitori lavoratori autonomi iscritti all’INPS l’indennità è pari al 50% della retribuzione convenzionale giornaliera, aggiornata annualmente. L’indennità è erogata anche ai lavoratori autonomi non iscritti all’INPS, subordinatamente alla comunicazione da parte delle rispettive casse previdenziali del numero dei beneficiari.
Per i giorni in cui un genitore fruisce del congedo Covid oppure non svolge alcuna attività lavorativa o è sospeso dal lavoro, l’altro genitore non ha diritto al medesimo congedo, salvo che sia genitore anche di altri figli minori di 14 anni avuti da altri soggetti che non godano delle stesse misure.
Le modalità operative per accedere ai benefici sono stabilite dall’INPS.
Il decreto fiscale proroga i trattamenti di integrazione salariale previsti dal decreto Sostegni (articolo 8, comma 2, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69) e dal decreto Sostegni bis (articolo 50-bis, comma 2, del decreto legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106) per i datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Il decreto Sostegni (articolo 8, comma 2) prevede che i datori di lavoro privati possano presentare domanda per i trattamenti di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga di cui agli articoli 19, 21, 22 e 22-quater del Cura Italia (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) per una durata massima di 28 settimane nel periodo tra il 1° aprile e il 31 dicembre 2021.
Il decreto fiscale stabilisce che i datori di lavoro possano presentare domanda per gli stessi trattamenti per una durata massima di 13 settimane nel periodo tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2021.
I trattamenti sono concessi nel limite massimo di spesa pari a 657,9 milioni di euro per l’anno 2021, ripartito in 304,3 milioni di euro per i trattamenti di assegno ordinario e in 353,6 milioni di euro per i trattamenti di cassa integrazione in deroga.
Il decreto Sostegni bis (articolo 50-bis, comma 2) prevede che i datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia, e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili, identificati, secondo la classificazione delle attività economiche ATECO 2007, coni codici 13, 14 e 15, che, a decorrere dalla data del 1° luglio 2021, sospendono o riducono l’attività lavorativa, possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale di cui al Cura Italia (articoli 19 e 20 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), per una durata massima di 17 settimane nel periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 ottobre 2021.
Il decreto fiscale stabilisce che i datori di lavoro su indicati possono presentare domanda di trattamento ordinario di integrazione salariale per una durata massima di 9 settimane nel periodo tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2021.
I trattamenti sono concessi nel limite massimo di spesa pari a 140,5 milioni di euro per l’anno 2021.
Le 13 e le 9 settimane di trattamento aggiuntivo sono riconosciute esclusivamente ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato rispettivamente il periodo di 28 settimane o di 17 settimane, una volta decorso il periodo autorizzato.
Per le domande di trattamento si confermano le regole applicate finora ai trattamenti di integrazione salariale emergenziale. Le domande vanno inoltrate all’INPS, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione, il termine di decadenza è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto-legge fiscale.
In caso di pagamento diretto delle prestazioni da parte dell’INPS, ferma restando la possibilità di ricorrere all’anticipazione (articolo 22-quater, comma 4, del decreto-legge n. 18 del 2020), il datore di lavoro deve inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, oppure, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. In sede di prima applicazione, i termini sono spostati al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto fiscale, se tale ultima data è posteriore a quella di cui al primo periodo.
Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.
I Fondi di solidarietà bilaterali alternativi (articolo 27 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148) garantiscono l’erogazione dell’assegno ordinario secondo le modalità su indicate.
Secondo regole ormai consolidate, alla proroga dei trattamenti di integrazione salariale Covid senza contributo addizionale viene collegata l’estensione del divieto di licenziamento.
I datori di lavoro che presentano domanda di integrazione salariale per le nuove settimane concesse dal decreto fiscale non possono, per la durata della fruizione del trattamento di integrazione salariale:
– avviare procedure di licenziamento collettivo (articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223);
– indipendentemente dal numero dei dipendenti, recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604.
Restano sospese inoltre tutte le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.
Confermate anche le eccezioni e le deroghe al divieto. Le sospensioni e le preclusioni non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo.
Sono esclusi dal divieto anche i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
Viene soppresso poi il quinto periodo dell’articolo 31, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, recante diposizioni sulla somministrazione di lavoro.
La norma, inserita dal decreto Agosto (decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 convertito con modificazioni dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126) e ora soppressa, stabilisce che al 31 dicembre 2021 cessa di avere efficacia la disposizione (contenuta nel periodo quarto) che consente, nel caso in cui il contratto di somministrazione tra l’agenzia di somministrazione e l’utilizzatore sia a tempo determinato, all’utilizzatore di impiegare in missione, per periodi superiori a 24 mesi anche non continuativi, il medesimo lavoratore somministrato, senza rischiare la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato. Ciò qualora l’agenzia di somministrazione abbia comunicato all’utilizzatore l’assunzione a tempo indeterminato del lavoratore.
Stanziate infine le risorse finanziarie per il reddito di cittadinanza e per l’assegno universale e servizi alla famiglia.
Il Fondo assegno universale e servizi alla famiglia all’articolo 1, comma 339, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 è infatti incrementato di 6.000 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022.
L’autorizzazione di spesa per l’erogazione del reddito di cittadinanza (articolo 12, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26) è incrementata invece di 200 milioni di euro per l’anno 2021
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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