Le interruzioni alla produzione di greggio in Libia hanno spinto al rialzo le quotazioni nonostante l’incremento di produzione dell’Opec+ e i timori di un rallentamento della domanda globale a causa della recessione. Venerdì, primo giorno di contrattazioni di luglio, il Brent ha guadagnato il 2,38% chiudendo a 111,6 dollari al barile mentre il Wti è salito del 2,52% a 108,4 dollari.
Secondo quanto riportato dai media, venerdì sera alcuni manifestanti hanno preso d’assalto l’edificio del Parlamento libico nella citta’ orientale di Tobruk per protestare contro il peggioramento delle condizioni di vita e della situazione politica nel Paese, dove due governi si contendono il potere da marzo. I manifestanti sono entrati nell’edificio e lo hanno messo a soqquadro.
Giovedì la National Oil Corporation (Noc) libica ha dichiarato lo stato di forza maggiore nei porti di Es Sider e Ras Lanuf e nel giacimento petrolifero di El Feel.
La forza maggiore è ancora in vigore nei porti di Brega e Zueitina, ha evidenziato Noc. La produzione ha visto un forte calo, con esportazioni giornaliere comprese tra 365.000 e 409.000 barili al giorno, una diminuzione di 865.000 barili al giorno rispetto alla produzione in “circostanze normali”, ha proseguito Noc.
La Noc ha dichiarato lo stato di forza maggiore, come riferisce The Libya Observer, nei vari siti produttivi dopo che è scaduto l’ultimatum di 72 ore che la società aveva dato agli occupanti degli impianti produttivi. A seguito delle chiusure il paese perderà oltre 16 miliardi di dinari libici (oltre 3 miliardi di euro). I porti di Brega e Zueitina, sono occupati dagli uomini di Haftar e il governo di Bashagha si rifiuta di riaprire i campi.
Questa situazione sta provocando molti disagi tra la popolazione a causa delle interruzioni di elettricità nell’area costiera del paese, visto che la situazione ha fermato il flusso di gas naturale che alimenta le centrali elettriche di Zuetina, North Bengasi e Sarir .
Oltre alla Libia, tra le cause dei rialzi delle quotazioni bisogna aggiungere lo sciopero dei lavoratori del settore oil&gas in Norvegia che partirà il 5 luglio e, secondo calcoli della Rueters, potrebbe ridurre la produzione complessiva di petrolio del paese di circa l’8%, (circa 320.000 barili di petrolio equivalente al giorno) a meno che non venga trovato un accordo dell’ultim’ora sulle richieste salariali.
C’è poi il terzo fattore che riguarda l’Ecuador dove il governo e i leader dei gruppi indigeni sembra abbiano raggiunto un accordo per porre fine alle proteste durate più di due settimane e che hanno portato allo stop di circa 250.000 barili al giorno.
fonte agi.it