L’ecosistema imprenditoriale italiano è estremamente diverso da quello degli altri grandi paesi industrializzati del mondo.
Per rendersene conto è sufficiente guardare la definizione di PMI che viene data dalla raccomandazione europea[1] e confrontarla con quello che nel panorama nazionale sono le Piccole e Medie Imprese.
Difficilmente, infatti, potrebbe essere classificata come Media un’impresa che fattura fra i 10 e i 50 milioni di EURO e ha fra 50 e 250 dipendenti, oppure come piccola un’impresa con un fatturato fra i 10 e i 50 Milioni di EURO e un numero di dipendenti fra i 10 e i 50.
Altra peculiarità delle nostre aziende è l’estremo tecnicismo sul prodotto che caratterizza l’imprenditore, se da una parte questo comporta l’indubbio vantaggio di riuscire ad avere delle vere e proprie eccellenze in moltissimi campi produttivi, dall’altro possiamo ritrovarci in quella che possiamo definire la “trappola della tecnica”.
La “trappola della tecnica” è quel fenomeno per cui viene posta maggiore importanza nel proprio ambito di competenza tralasciando gli altri aspetti di un sistema.
Questo avviene principalmente perché la propria competenza rappresenta anche la “comfort zone” in cui è facile sentirsi più tranquilli e sicuri e in cui risiede la possibilità di far valere l’importanza delle conoscenze acquisite.
Il tecnico, però, essendo immerso nel proprio ambito, spesso non riesce ad avere una visione d’insieme dell’azienda o, meglio, potrebbe non riuscire a valutarne sempre correttamente le priorità.
I rischi nei quali può incorrere l’imprenditore a causa della trappola della tecnica sono, da un lato, la prevalenza di un aspetto sugli altri, dall’altro il non riuscire a porsi degli obiettivi realmente sfidanti sia per carenza di competenze presenti nell’azienda negli altri ambiti sia perché l’eccesso di tecnicismo non permette di valutare correttamente gli ostacoli rischiando di considerarli insormontabili.
Le aziende sono un sistema complesso formato da diverse aree ognuna delle quali necessita di competenze, tecnica e supervisione.
Altri aspetti fondamentali sono sia l’equilibrio che deve sussistere fra le varie componenti, in modo che ogni area sia valorizzata nella giusta misura, che l’interazione fra le stesse per fare in modo che ogni area sia informata di quello che sta accadendo nell’azienda e sia coordinata e coerente con le altre.
Ogni azienda, per quanto piccola, ha al suo interno almeno quattro funzioni che poi, seguendo le dimensioni dell’impresa, possono essere ulteriormente suddivise.
Le quattro aree, volendo semplificare, sono:
– Produzione;
– Commerciale;
– Finanziaria;
– Amministrativa.
Molto spesso accade che, trattandosi di aziende di dimensioni ridotte, l’imprenditore[2] segua, o comunque supervisioni operativamente, tutte le funzioni lasciando ai dipendenti la mera funzione di esecuzione.
Tale modus operandi può comportare, da una parte, un eccessivo accentramento nella figura dell’imprenditore, con conseguente deresponsabilizzazione dei collaboratori e rischio di imbuto decisionale, dall’altra, tornando al concetto di Trappola della tecnica, un’eccessiva focalizzazione nell’area di reale competenza dell’imprenditore.
n questo contesto Il ruolo dell’imprenditore è particolarmente delicato perché, tralasciando le imprese veramente micro che non hanno struttura organizzativa di alcun tipo, di pari passo con la crescita dell’azienda deve essere abbandonata la funzione operativa e uscire quindi dalla propria Comfort Zone.
Infatti l’imprenditore avrà in primis un ruolo da manager dovendo organizzare le risorse a disposizione ma, cosa ancora più importante, dovrà scegliere dei collaboratori che abbiano le capacità specifiche che non possiede direttamente
Al crescere delle dimensioni, come si diceva, dovrà fare un ulteriore passo lasciando il ruolo organizzativo a manager che sappiano utilizzare le tecnicalità di cui dispongono, passando ad avere sempre più un ruolo di supervisione generale e di strategia a lungo termine ponendo degli obiettivi di carattere più complessivo.
In questo modo si ha quello che viene definita la “rarefazione della tecnica” per cui, salendo sempre più dal medium management al top management fino al vertice aziendale, la tecnica si fa sempre meno specifica lasciando spazio a competenze meno specialistiche ma che permettono una visione più ampia oltre che una maggior capacità di controllo.
In tutto questo è fondamentale che all’interno delle aziende ci sia un costante accrescimento e circolazione di competenze e informazioni, per questo le aziende hanno la necessità di un decentramento della tecnica che permetta una sempre maggiore autonomia delle aree rimanendo comunque all’interno delle Linee Guida dettate dalla Governance.
Quanto fin qui espresso non vuole significare che occorre abbandonare la tecnicalità del lavoro, che deve assolutamente essere presente nelle aziende e che ha permesso a molte imprese nazionali di essere delle eccellenze a livello mondiale.
È però vero che, se prima era sufficiente avere un prodotto di estrema qualità, ora non può essere l’unico focus dell’imprenditore.
Questo significa, quindi, che le capacità tecniche devono essere trasversali e non concentrate nella produzione, poiché ogni settore dell’azienda ha la sua specifica importanza essendo parte di un “organismo” complesso.
Occorre, allora, che l’imprenditore acquisisca competenze anche esternamente ed in maniera indiretta, ovvero ricercando quelle competenze per inserirle all’interno del proprio sistema e, allo stesso tempo, che trasmetta ad altri la propria tecnicalità lasciando il ruolo operativo per avere quanto più possibile una visione d’insieme.
Aspetto fondamentale di questo processo è la capacità di delegare e la corretta gestione della delega, che deve riuscire a equilibrare l’autonomia del collaboratore con il controllo esercitato dall’imprenditore.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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