Rientra nell’ambito delle precauzioni che si possono chiedere al cessionario di veicoli d’occasione l’esame della “storia” del veicolo, quanto meno con riferimento all’individuazione dei precedenti intestatari del mezzo, risultanti dalla carta di circolazione, documento in possesso dell’acquirente in quanto indispensabile ai fini del perfezionamento dell’operazione, senza escludere l’esame anche di ulteriore documentazione di agevole e rapida reperibilità̀. Lo ha affermato la Cassazione nell’ordinanza n. 19059 del 14 giugno 2022.
I fatti
La vicenda giudiziaria trae origine dall’avviso di accertamento, emesso per l’anno d’imposta 2005, con il quale l’Agenzia delle entrate, recependo le risultanze emerse nell’ambito dei controlli incrociati effettuati dalla Guardia di finanza nei confronti di cedenti e cessionari di auto usate, ha contestato alla Srl cessionaria l’omessa regolarizzazione della fattura di acquisto di una Porsche poiché la stessa contribuente si era avvalsa del regime del margine in assenza dei requisiti previsti dall’articolo 36, Dl n. 41/1995.
L’ufficio, cioè, ha ritenuto che tanto la Srl cessionaria quanto la società cedente non potevano avvalersi del suddetto regime speciale: la cessionaria, in quanto aveva acquistato le auto usate da un operatore nazionale, la cedente, poiché aveva acquistato da operatori commerciali esteri che non effettuavano la rivendita di auto usate, occupandosi solo del commercio di auto nuove o di attività di autonoleggio. L’impresa estera che svolgeva attività di autonoleggio, infatti, aveva già detratto l’Iva sull’acquisto dell’auto da noleggiare nell’ambito Ue.
Diversamente dalla Ctp che ha accolto il ricorso della società, la Commissione tributaria regionale, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello dell’ufficio e ha confermato l’accertamento emesso.
In particolare, la Ctr ha richiamato la giurisprudenza di legittimità in tema di ordinaria diligenza del cessionario, ribadendo che quest’ultimo “non può esimersi dal controllo della documentazione amministrativa e fiscale del bene, onde accertare in base ad elementi oggettivi come si articoli il rapporto ha il cedente ed i primi operatori comunitari e nazionali (cfr… Cass. n. 4524/13 e 23132/11) e ha escluso che il comportamento della Srl negli acquisti compiuti dalla cedente sia stato improntato alle necessarie cautele. A parere dei giudici di appello, il semplice esame del libretto di circolazione del veicolo oggetto di acquisto – dalla rivenditrice spagnola che svolgeva attività di autonoleggio – avrebbe consentito alla contribuente di accertarsi che la sua cedente non poteva beneficiare del regime del margine.
La contribuente ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando:
- omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione alla natura di fornitrice della parte venditrice (articolo 360, comma 1, n. 5 cpc), avendo tralasciato la Ctr, nella valutazione dei fatti decisivi, l’esame del libretto di circolazione
- violazione o falsa applicazione dell’articolo 36 del Dl n. 41/1995 (articolo 360, comma 1, n. 3, cpc).
La Corte ha respinto il ricorso, ritenendo infondati i motivi, e ha affermato che “in tema di IVA, il regime del margine – previsto dall’art. 36 del dl. n. 41 del 1995, convertito con modificazioni in legge n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni usati costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi”.
Osservazioni
I giudici di piazza Cavour hanno evidenziato che l’oggetto del contendere riguardava l’applicabilità del regime del margine per una Porsche d’occasione e che i motivi, per la loro connessione, dovevano essere esaminati congiuntamente.
Nella fattispecie in esame la contribuente non ha contestato che l’autovettura, prima della commercializzazione con regime del margine, fosse in intestata a una società commerciale e, inoltre, non emergeva dagli atti processuali che la società intestataria del veicolo non avesse recuperato l’Iva sugli acquisti. Il vizio lamentato, quindi, non poteva essere inquadrato nel paradigma dell’articolo 360 n. 5 cpc poiché non costituiva censura di apprezzamenti di fatto difformi da quelli propugnati da una delle parti (Cassazione, n. 18665/2017) o, in più in generale, non si concretizzava nella denuncia di un cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali.
Il motivo previsto dall’articolo 360, comma 1, n. 5 cpc, consente, infatti, al ricorrente in Cassazione di denunciare l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (ss.uu., n. 8053/2014 e innumerevoli successive conformi).
Al riguardo la Cassazione ha posto in luce che la Srl, nel contestare il processo logico seguito dal giudice di secondo grado, non si è avveduta dell’impossibilità di censurare, in sede di legittimità, l’insufficienza o contraddittorietà della motivazione, non risultando il vizio dal testo della sentenza impugnata.
In relazione alla legittima applicazione del “regime del margine” per le cessioni aventi a oggetto autoveicoli usati di provenienza intra-comunitaria, poi, i giudici di legittimità hanno richiamato la disciplina dettata dall’articolo 36, Dl n. 41/1995 e dal diritto unionale (cfr, ora, articoli 311-325, direttiva 2006/112/Ce), secondo le quali le cessioni beneficiate devono essere effettuate da un privato consumatore da soggetto che:
- non ha potuto detrarre l’imposta o ha agito nel proprio Stato membro in regime di franchigia
oppure
- ha a sua volta assoggettato la cessione al regime del margine.
Tale regime d’imposizione del (solo) margine di utile realizzato dalla cessione costituisce un regime speciale facoltativo, derogatorio del sistema generale d’imposizione Iva, meno oneroso (contemplando una base imponibile ridotta), con la conseguenza che la disciplina concernente il suo ambito applicativo deve essere interpretata restrittivamente.
In tale contesto, “qualora l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, quindi, spetta a quest’ultimo dimostrare la sussistenza dei requisiti di legge, soggettivi e oggettivi…” che gli e ne avrebbero consentito la fruizione. Il cessionario è chiamato, quindi, a provare la sua buona fede e cioè non soltanto di avere agito in assenza della consapevolezza di partecipare a un’evasione fiscale, ma anche di avere usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto (ss.uu., nn. 21105/2017, n. 3819/2018, 11437/2018, n. 19374/2020 e 5014/2022).
In relazione alla compravendita di veicoli usati, la Cassazione ha posto in luce che “rientra nella condotta diligente del cessionario la conservazione dei documenti inerenti l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, risultanti dalla carta di circolazione, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’IVA sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione”.
E può dirsi, quindi, altrettanto agevole, senza che ciò comporti, di regola, la pretesa di oneri investigativi inesigibili, accertare la qualità di tali intestatari e anteriori cedenti e cioè verificare, eventualmente mediante l’acquisizione di ulteriori dati di rapido reperimento, se essi siano soggetti legittimati a esercitare il diritto di detrazione dell’Iva (Cassazione, n. 25448/2021).
Al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, che l’Iva sia già̀ stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione, rientra, infatti, nella condotta diligente dell’imprenditore l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, quantomeno nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità̀.
Nella fattispecie in esame, la Corte ha rigettato il ricorso della Sfl poiché́ dal libretto di circolazione non si era potuta ricavare alcuna dimostrazione del fatto che il cedente non avesse detratto l’Iva e, inoltre, poiché la contribuente cessionaria non aveva provato la sussistenza dei presupposti per fruire del regime agevolato. L’affermazione della Commissione regionale sulla mancanza di buona fede della contribuente, quindi, non è risultata in contrasto con l’articolo 36 del Dl n.41/1995.
fonte fiscooggi.it