Risalita a forte rischio per il Pil italiano nel 2022. E’ la stima del Centro studi Confindustria (Csc) nella congiuntura flash di gennaio. “A inizio 2022 si sono fatte più fitte le nubi, addensatesi già a fine 2021 sulla risalita del Pil italiano, stimato in frenata nel IV trimestre – si legge – con gli attuali prezzi abnormi dell’energia, i margini erosi, la scarsità di commodity e l’aumento dei contagi, il rischio è che il Pil subisca uno stop nel I trimestre: almeno -0,8% l’impatto del caro-energia sul Pil del 2022 (stime Csc)”.
“In Italia, se si avvereranno le attese di parziale flessione dei prezzi energetici, sarebbe confermato lo scenario di rientro dell’inflazione, sui valori pre-Covid, nonostante la dinamica possa continuare a crescere nel breve termine” è la stima del Centro studi Confindustria. “Al calo – spiegano gli esperti del Csc – contribuirebbe la perdurante debolezza della domanda; il risparmio accumulato, che potenzialmente potrebbe affluire sui consumi, difficilmente verrà speso a breve, a causa della fiducia ridotta. Viceversa, le attuali pressioni sui costi e i nodi nelle catene del valore potrebbero in parte trasmettersi ai prezzi dei beni nel 2022. Insieme alla spinta ai prezzi implicita in alcuni processi in atto (transizione ecologica, Pnrr), ciò potrebbe condurre a un’inflazione core strutturalmente più elevata”.
L’inflazione già acquisita per il 2022 in Italia, si legge nel report, “è del +1,8%: molto di più rispetto al 2021, quando si partiva quasi da zero. Le pressioni inflazionistiche, infatti, sono cresciute progressivamente nel corso del 2021 (da +0,8% nel 1 trimestre, fino a +3,9% nel IV), determinando un ‘trascinamento’ elevato per l’anno appena iniziato”.
Comunque, prosegue l’analisi, “le previsioni dei principali istituti prospettano un’inflazione italiana nel 2022 in calo dal picco, in media al +2,4%, fluttuando tra un massimo di +3,5% secondo le stime di Banca d’Italia (di gennaio), e un minimo di +1,8% secondo lo scenario Fmi (di ottobre)”. Anche le previsioni per l’Eurozona, afferma Confindustria, “sono di rientro, in media al +2,6%, sopra il target del 2,0%, con un valore più alto proprio da parte della Bce (+3,2%). Per gli Usa, il consenso indica un +4,1% medio, circa il doppio rispetto al target della Fed”.
Il rincaro dell’energia colpisce l’industria italiana, che rallenta ma è in crescita. “Lo scenario per la manifattura ha iniziato a peggiorare a dicembre: il Pmi e’ sceso (62,0 da 62,8), pur indicando espansione; gli ordini reggono a fatica. Il costo insostenibile del gas (+723% a dicembre sul pre-crisi) e dell’elettricita’ in Italia, sommandosi ai rincari degli altri input, sta causando temporanee chiusure di imprese nei settori energivori. L’impatto sulla produzione industriale in Italia sara’ registrato tra dicembre e gennaio (dopo il +0,7% medio a ottobre-novembre)”.
“In Italia – si legge nell’analisi di Csc – il balzo dei prezzi dei beni energetici, +29,1% annuo a dicembre, ha spinto l’indice generale molto sopra quello core, che è rimasto, a fine 2021, su una dinamica simile al 2020 (+1,5%). L’impatto sulla spesa delle famiglie del rincaro dell’energia (pari all’8,3% del paniere dei consumi) è stimato in circa 5/6 miliardi di euro: ciò sottrae risorse alla spesa in altri beni e servizi, frenando i consumi”. Spiega il Csc: “Negli Usa, dove la fiammata è arrivata prima, il rincaro energetico ha pesato meno e si è ridimensionato negli ultimi mesi: lo scarto tra l’inflazione Usa totale e core è infatti di +1,5 punti, contro il +2,4 in Italia”.
Servizi e consumi di nuovo giù per gli elevati contagi, spiega Csc. “Il Pmi dei servizi è calato a dicembre (53,0 da 55,9), segnale che la risalita sta frenando. Nel turismo il recupero fino a novembre era parziale (-25% dal 2019 i viaggi di stranieri in Italia) e ora la nuova ondata di contagi sta riducendo la mobilità delle famiglie (-22% in Italia a gennaio 2022). Ciò potrebbe frenare nuovamente le spese fuori casa, sebbene i limiti di legge restino moderati. Il recupero dei consumi (gap di -3,6% dal pre-crisi, tutto nei servizi) rischia di interrompersi”.
I prestiti alle imprese italiane, prosegue l’analisi del Csc, “hanno frenato a +0,4% annuo a novembre, dopo il balzo nel 2020 (+8,3% a fine anno), sulla scia di una domanda stabilizzatasi nel II e III trimestre 2021. Non si vedono impatti sulle sofferenze bancarie, in calo fino a novembre, grazie anche alle cartolarizzazioni. Però, l’inizio dell’uscita della Fed dalle misure espansive sta avendo un riflesso su tassi e spread nell’Eurozona, nonostante la Bce mantenga invariata la policy: il Btp è salito a 1,22% a gennaio (da 0,97%), pur restando basso e senza ancora conseguenze sul costo del credito (1,1% per le imprese). Occupati in recupero”.
Sul fronte del mercato del lavoro, si legge ancora, “aumenta l’occupazione anche a novembre (+64 mila unità): non c’è quindi una frenata nel mercato del lavoro. Il numero di occupati, al minimo a gennaio 2021, ha recuperato quasi tutta la caduta (+700 mila; ma -144 mila da fine 2019). I lavoratori dipendenti sono pressochè ai livelli pre-pandemia (-41 mila i permanenti, +79 mila i temporanei), mentre continua il calo degli indipendenti.
A ottobre-novembre 2021 l’export italiano ha continuato a crescere (+2,2% in valore), sostenuto dalle vendite extra-Ue (+2,6%) e intra-Ue (+1,9%). Germania e USA, primi due mercati, sono quelli che più hanno contribuito a tale performance. La dinamica è positiva anche a prezzi costanti (+0,6%), ma più contenuta, dato il balzo dei prezzi (+1,7%). Ma lo scenario per inizio 2022 è molto incerto: accanto a una robusta ripresa della domanda estera, segnalata a dicembre dagli indicatori sugli ordini manifatturieri, permangono difficoltà nelle forniture e pressioni sui prezzi”.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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