La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 40221 del 15 dicembre 2021, è stata chiamata a dirimere una controversia che ha preso spunto dall’impugnazione, da parte di un contribuente, di una pronuncia della Ctr del Lazio, con la quale era stato, in parte, accolto l’appello della controparte in relazione al rilievo attinente il prezzo di cessione di un determinato compendio immobiliare.
Il contribuente ha censurato la sentenza di merito, sulla base di otto motivi di impugnazione, ai quali ha replicato l’ufficio attraverso il deposito di apposito controricorso.
La Corte suprema, con la pronuncia in commento, ha rigettato il ricorso di parte, ponendo a suo carico le spese di giudizio, sulla base di precise motivazioni.
In particolare, il primo, il secondo, il quarto, il quinto e l’ottavo motivo, all’esito di un esame congiunto, sono stati dichiarati inammissibili, in quanto proposti in violazione, a seguito dell’emanazione del decreto legge n. 83/2012, del novellato articolo 360, comma 1, n. 5) cpc, in base al quale è consentito adire la Cassazione per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” applicabile alle sentenze depositate dall’11 settembre 2012.
Le citate eccezioni di parte sono state respinte perché contenevano un’inammissibile censura di difetto di motivazione che, per le ragioni ermeneutiche anzidette, non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità, salvo che non si risolva in un’evidente lesione costituzionale del vaglio di legittimità sulla motivazione in termini di sufficienza del ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice e posto a base del suo convincimento (cfr Cassazione, sentenze nn. 8053/2014 e 11863/2018).
I giudici di legittimità, entrando in un’analisi specifica dei restanti motivi di impugnazione proposti, li hanno ritenuti in parte inammissibili e, per il resto, infondati sulla base dei seguenti principi di diritto.
Nel dettaglio, hanno ritenuto che:
– la denunciata omessa valutazione delle risultanze probatorie (numero di autovetture possedute dal contribuente e diminuzione dei ricavi d’impresa) confligge con il solido orientamento della Corte (cfr ordinanza n. 29730/2020), secondo cui risulta inscalfibile il principio del libero convincimento del giudice, il quale può basare la propria decisione anche solo su una parte dell’impianto documentale sottoposto al suo vaglio purché ne esponga il contenuto attraverso una motivazione essenziale e proporzionata;
– l’eccezione di inapplicabilità, al contribuente de quo, delle risultanze delle indagini finanziarie, esperite ai sensi degli articoli 32, del Dpr n. 600/1973, e 51 del Dpr n. 633/1972, per carenza dei presupposti applicativi e in ragione della tenuta della contabilità in forma “semplificata”, non ha trovato ingresso in sede di legittimità in quanto le scelte organizzative e di gestione interna dell’Agenzia delle entrate non possono essere sottoposte al vaglio critico della Corte, in quanto esulano dal perimetro riconosciuto dalle norme in tema di analisi del merito delle controversie; di conseguenza, non può derivare un effetto “a cascata” di annullamento delle conclusioni dell’intero procedimento accertativo; inoltre il dato normativo appena richiamato non effettua alcuna distinzione tra soggetti in contabilità semplificata ovvero ordinaria in relazione all’applicazione del disposto di cui al richiamato articolo 32 (cfr Cassazione, sentenza n. 2900/2019).
Infine, la Cassazione ha ritenuto infondata l’eccezione, sollevata nei confronti della sentenza della Ctr Lazio, in quanto quei giudici avrebbero irragionevolmente ritenuto accoglibili, ai fini della prova della percezione di un maggior reddito, i prelevamenti che, al contrario secondo la tesi di controparte, dovevano essere espunti dal calcolo in quanto afferenti essenzialmente spese effettuate nell’ambito familiare.
I supremi giudici hanno ricondotto tali doglianze nell’alveo dell’inammissibilità per violazione dell’articolo 360, n. 5) cpc, in quanto riconducibili a un ingiustificabile rivalutazione nel merito delle risultanze probatorie; vaglio, che come anticipato, non è ammesso in sede di legittimità (cfr Cassazione, sentenza n.15276/2021).
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