Il presidente russo Vladimir Putin tira dritto: da oggi le aziende occidentali dovranno pagare il gas di Mosca in rubli e per farlo dovranno aprire un conto in valuta locale presso una banca russa. Ieri Putin ha firmato il decreto che fissa il nuovo obbligo. “Nessuno ci vende niente gratis, e noi nemmeno faremo opere di carità. Ciò significa che i contratti esistenti, in caso di mancato pagamento del gas in rubli, saranno interrotti”, ha detto. “Gli Usa cercano di spingere l’Europa ad acquistare il gas americano, che è più caro”, rispetto a quello russo, ha aggiunto Putin.
Europa e G7 hanno già detto di non avere alcuna intenzione di soddisfare le richieste di Mosca. E anche Germania e Francia si preparano a cercare fonti alternative. “Dobbiamo prendere in considerazione tutti gli scenari, dobbiamo prepararci perchè domani potrebbe non esserci più il gas russo”, ha detto il ministro francese Bruno Le Maire, parlando accanto al collega tedesco Robert Habeck.
“Non dobbiamo dare messaggio che ci lasciamo ricattare da Putin”, ha detto Habeck. “I contratti devono essere rispettati”, ha aggiunto. Ad Amsterdam le quotazioni del gas sono balzate ieri a 127 euro al Mwh, per poi ripiegare a 123 euro.
Mercoledì scorso il portavoce del Cremlino aveva chiarito che la scadenza del 31 marzo non sarebbe stata tassativa per fare scattare le nuove misure perché per l’adozione sarebbe stato necessario del tempo, ma le dichiarazioni di Putin lo hanno di fatto smentito. Intanto Bruxelles fa sapere che “per il momento non sono stati segnalati problemi di sicurezza dell’approvvigionamento” di gas.
Mosca è riuscita a rimediare al crollo del rublo, che all’inizio di marzo era sceso a quota 140 sul dollaro, subito dopo l’introduzione delle sanzioni. Il 31 marzo il rublo è risalito a circa 81 per dollaro, in linea coi valori dello scorso 22 febbraio, due giorni prima dell’invasione, quando era a 80 per dollaro. I ricavi del petrolio e del gas, che coprono circa il 30% delle entrate, hanno contribuito a stabilizzare la moneta, mentre le esportazioni continuano a fluire verso l’Europa e i prezzi volano.
Ma i rigorosi limiti introdotti da Mosca per sostenere il valore del rublo sono stati cruciali per scongiurare una crisi monetaria più profonda. Elina Ribakova, economista dell’Iif rivela al Financial Times che l’attivo di parte corrente della Russia potrebbe probabilmente raggiungere i 200-250 miliardi di dollari nel 2022 dai circa 120 miliardi di dollari del 2021, grazie alle entrate dell’export.
Grazie a queste entrate, stima la Ribakova, la Russia potrebbe ricostruire le riserve della sua banca centrale, congelate dalle sanzioni, nel giro di poco più di un anno. La banca centrale russa ha speso circa 1,2 miliardi di dollari, una cifra relativamente modesta, per sostenere il rublo nei due giorni lavorativi successivi all’invasione, e da allora non è più intervenuta sui mercati valutari, secondo quanto rivela il Ft.
Gli analisti ritengono inoltre che il piano di Putin di costringere gli acquirenti di gas europei a pagare in rubli potrebbe fornire un ulteriore impulso alla valuta. Tuttavia la Ribakova stima che il Pil della Russia si ridurrà del 15% quest’anno, cancellando un decennio e mezzo di crescita, per effetto delle sanzioni sulle vendite del petrolio e per il crollo della domanda interna.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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