Il subentro in un contratto preliminare di compravendita tra società, a fronte di un corrispettivo, è un’operazione rilevante ai fini Iva, per cui, in base al principio dell’alternatività delle imposte per la sua registrazione la tassazione è applicata in misura fissa pari a 200 euro. La somma versata dal subentrante non può essere considerata parte della “caparra” originariamente versata.
È questo, in estrema sintesi, il chiarimento fornito dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 95 del 4 marzo 2022.
La società istante è subentrata, a titolo gratuito, in un contratto preliminare relativo alla compravendita di un immobile, sottoscritto da altre due società, nella qualità di acquirente.
In occasione del compromesso il compratore originario aveva versato una caparra confirmatoria di 70mila euro, con obbligo di versare il resto del prezzo pattuito al momento del rogito.
L’istante precisa che il suo subentro gli costerà solo il rimborso parziale, pari a 50mila euro, della caparra.
Il contribuente pone due quesiti in base a due diverse ipotesi di cessione del contratto preliminare. Chiede quale sia la corretta applicazione dell’imposta di registro:
– per la registrazione della cessione del preliminare a titolo gratuito, in caso, quindi, del solo rimborso parziale della caparra;
– la corretta applicazione dell’imposta di registro al momento della registrazione della cessione del preliminare nel caso in cui l’operazione fosse avvenuta a titolo oneroso, cioè a un prezzo superiore alla restituzione della caparra.
L’Agenzia delle entrate fornisce gli elementi normativi necessari a inquadrare il caso. Specifica, tra l’altro, richiamando la risoluzione n. 197/2007, che il contratto preliminare produce tra le parti effetti obbligatori e non reali, non essendo idoneo a trasferire la proprietà del bene o a determinare l’obbligo di corrispondere il prezzo pattuito. L’atto deve essere registrato entro venti giorni dalla sua sottoscrizione ed è soggetto all’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro, come stabilisce l’articolo 10 della Tariffa, parte prima, allegata al Tur.
La Nota alla stessa disposizione dispone tuttavia che, in presenza di una caparra, deve essere applicata l’aliquota dello 0,50%, mentre nel caso di acconti di prezzo non soggetti a Iva si applica l’aliquota del 3 per cento.
In entrambe le ipotesi il tributo pagato è imputato all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo.
Definiti i criteri di tassazione del contratto preliminare il documento di prassi torna ad analizzare la vicenda dell’interpello e ricorda che l’istante, per subentrare, previo consenso del promittente cedente, ha pagato 50mila euro. Il compromesso di vendita che prevede la possibilità di sostituire una delle parti con un altro contraente avviene a titolo derivato e con effetto ex nunc. Di conseguenza, l’ipotesi comporta il frazionamento dell’operazione in due momenti giuridici diversi cui corrispondono differenti parti del contratto.
In sostanza, l’istante, per effetto della cessione, è subentrato nella promessa di acquisto anche per la parte riguardante la caparra confirmatoria, che resta dunque fissa nei confronti del venditore per entità (70mila euro) e funzione.
L’Agenzia, per essere più chiara, sottolinea che la caparra, diversamente, dall’acconto, non costituisce un anticipo del prezzo pattuito, ma ha natura risarcitoria in caso di inadempimento contrattuale di una delle parti.
La caparra diventa “acconto” del prezzo di vendita soltanto con la stipula del contratto definitivo.
Da tali elementi emerge che i 50mila euro versati dalla società non possono essere ricondotti alla caparra, non costituiscono, come sostenuto dall’istante, una restituzione parziale della “caparra confirmatoria” bensì, in presenza dei requisiti soggettivo, oggettivo e territoriale previsti per l’applicazione del tributo, sono un corrispettivo rilevante ai fini Iva.
La cessione di contratto, spiega ancora il documento di prassi a proposito del requisito oggettivo, è una prestazione di servizi rilevante ai fini Iva, come prevede lo stesso decreto Iva secondo cui il “Costituiscono inoltre prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo: …. 5) le cessioni di contratto di ogni tipo e oggetto” (articolo 3, secondo comma). Le conclusioni del Fisco sono sostenute anche dalla Corte di cassazione (sentenza n. 19399/2005).
In definitiva, analizzato il quadro normativo, la corretta condotta fiscale prevede l’obbligo da parte della società che lascia il suo posto nel preliminare di vendita ad emettere fattura con addebito Iva nei confronti dell’istante. L’imposta dovuta per la registrazione della cessione del contratto dovrà essere applicata in misura fissa in virtù del principio di alternatività Iva/Registro disciplinato dall’articolo 40 del Tur.
Il secondo quesito, secondo l’Agenzia è inammissibile considerata la natura esemplificativa della questione non riconducibile a un caso concreto e personale.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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