L’avviso che contiene l’intimazione di pagamento, redatto in conformità al modello previsto dalla legge e notificato dall’Agente della riscossione, non è annullabile per insufficienza della motivazione perché, per la natura vincolata che lo caratterizza, il suo contenuto dispositivo non può essere diverso da quello che in concreto è adottato.
Questo il principio confermato dalla Cassazione con l’ordinanza n. 21065 dello scorso 4 luglio, dove la Corte precisa che è sufficiente il riferimento, contenuto nell’intimazione, alla cartella di pagamento in precedenza notificata, così da consentire all’interessato di comprendere nell’an e nel quantum la pretesa tributaria e le ragioni dell’emissione dell’intimazione stessa.
La vicenda processuale
Una società impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano l’intimazione di pagamento emessa nei propri confronti dall’Agente della riscossione, eccependo la nullità dell’atto per asserita mancanza di elementi essenziali quali, in particolare, un’idonea motivazione, l’indicazione dei termini e dell’autorità alla quale ricorrere, il tasso e il metodo di calcolo degli aggi e degli interessi.
Il verdetto del primo giudice, il quale accoglieva il ricorso ritenendo che il contenuto dell’atto notificato non consentiva di comprendere le ragioni della richiesta del pagamento e, altresì, per mancata allegazione dell’atto presupposto, veniva confermato dalla Ctr della Lombardia, con sentenza n. 3267 del 18 giugno 2014.
Ricorrendo in sede di legittimità, la parte pubblica censurava il decisum di secondo grado, eccependo, per un verso, che l’intimazione era stata considerata erroneamente nulla per insufficienza della motivazione, non avendo il collegio regionale posto in relazione l’obbligo della motivazione con le peculiari finalità della notifica dell’intimazione; per l’altro, che la sentenza impugnata era da riformare nella parte in cui aveva ritenuto essenziale l’allegazione dell’atto prodromico.
La pronuncia della Corte
La suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la pronuncia del giudice tributario regionale e rinviando al medesimo organo giurisdizionale per l’eventuale prosieguo del giudizio.
La Cassazione, in particolare, ha ricordato che, in base alla legge, l’avviso che contiene l’intimazione di pagamento, e che l’agente della riscossione è tenuto a notificare quando ne ricorrano i presupposti, è redatto “in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze”.
Da ciò, consegue che tale atto non è annullabile per insufficienza della motivazione, “in quanto per la natura vincolata del provvedimento, è palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Una volta che il contenuto dell’avviso di intimazione non si differenzi da quanto indicato nel modello previsto dalla legge, ed essendo sufficiente il semplice riferimento alla cartella di pagamento in precedenza notificata, continua la Cassazione, non sussiste mancanza di motivazione, poiché l’interessato è comunque posto nelle condizioni di comprendere nell’an e nel quantum la pretesa tributaria e le ragioni dell’emissione dell’intimazione.
Osservazioni
L’articolo 50, comma 1, del Dpr n. 602/1973, stabilisce che l’agente della riscossione procede a espropriazione forzata “quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento…”, mentre in base al successivo comma 2, l’espropriazione non iniziata entro un anno dalla notifica della cartella deve essere preceduta dalla notifica “di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni”.
Detto avviso, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 50, è redatto in conformità al modello “approvato con decreto del Ministero delle finanze” (in concreto, il modello di avviso di intimazione, già a suo tempo approvato con decreto dirigenziale del direttore generale del ministero delle Finanze – dipartimento delle Entrate, è stato poi sostituito da quello allegato al provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 17 febbraio 2015, reperibile nel sito dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, in Home>Per saperne di più>Documenti della riscossione>Avvisi e solleciti).
Al riguardo, la Corte di legittimità, con orientamento consolidato ha sancito che, laddove il contenuto dell’intimazione non si differenzi da quanto indicato nel modello approvato e, pertanto, l’interessato sia messo in condizione di conoscere le ragioni giustificative e l’ammontare della pretesa tributaria, il generale requisito della motivazione si intende rispettato, essendo esaustivo il solo riferimento alla cartella di pagamento in precedenza notificata, senza che occorra l’allegazione della cartella stessa (cfr Cassazione, nn. 21333 e 6209 del 2022, 39058 e 28772 del 2021).
L’odierna pronuncia, nel ribadire dunque un approdo ermeneutico stratificato presso il giudice di legittimità, chiarisce inoltre che, consistendo la finalità dell’intimazione nel rendere edotto il contribuente che, per effetto della mancanza di pagamento della cartella già notificata, si darà inizio all’esecuzione forzata, assolve la funzione equivalente a quella del precetto, e pertanto il suo contenuto “in relazione alle finalità sue proprie, può dirsi esaustivo ove non solo si dia atto del mancato pagamento del debito tributario ma anche contenga l’intimazione al contribuente di effettuare il versamento dovuto entro un termine ristretto, con l’avvertenza che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata”.
Per doverosa completezza, ricordiamo, infine, l’insegnamento reso dalla pronuncia n. 9778/2017, con la quale la Cassazione ha ritenuto, che il difetto di motivazione di una cartella di pagamento, che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione senza indicarne i relativi estremi in modo esatto, “non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorché !a cartella sia stata impugnata dal contribuente, il quale abbia dimostrato, in tal modo, di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente contestati …non sussistendo un’effettiva limitazione del diritto di difesa, che ricorre unicamente qualora il contribuente non sia stato posto in grado di conoscere le ragioni dell’intimazione di pagamento ricevuta e alleghi il pregiudizio patito effettivamente” (Cass.2373/2013)”.
fonte fiscooggi.it