Con la risposta n. 328 del 9 giugno 2022, l’Agenzia delle entrate ribadisce che è possibile modificare la scelta di utilizzo del credito Iva, sempreché il rimborso non sia stato ancora eseguito, presentando una dichiarazione integrativa non oltre il 31 dicembre dell’anno in cui è stata presentata la dichiarazione e indicando il credito risultante dalla dichiarazione integrativa nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa stessa.
L’istante, nell’ambito della propria attività edilizia, si è occupato prevalentemente della ristrutturazione di un fabbricato di interesse storico/artistico, maturando un credito Iva nel 2013, chiesto a rimborso con la successiva dichiarazione annuale Iva nel 2014.
In relazione alla predetta domanda di rimborso, l’istante ha fornito riscontro, solo quattro anni dopo, ossia nel 2020, rispetto alla richiesta di documentazione integrativa dell’Agenzia delle entrate del 2016, ritardo dovuto alla presenza di carichi iscritti a ruolo confluiti in alcune cartelle di pagamento, che avrebbero precluso l’erogazione del rimborso, poi annullati parzialmente ed oggetto di c.d. “rottamazione” per la parte residua. Inoltre, il ritardo era dovuto, secondo l’istante, alla presenza di iscrizione ipotecaria a carico dell’immobile societario, all’avvio di una nuova attività di controllo a carico della società relativamente ad altra annualità d’imposta ed alla conclusione dell’iter di sanatoria degli abusi edilizi compiuti sull’immobile societario.
Ciò premesso, in ragione della possibilità di vendita dell’immobile e del pieno rilancio delle proprie attività, l’istante ha intenzione di variare la scelta originariamente formulata nella dichiarazione Iva 2014 circa l’utilizzo del credito Iva da rimborso a detrazione e/o compensazione, domandando se, ai sensi dell’articolo 8, comma 6-bis Dpr n. 322/1998 e dell’articolo 57, comma 1, secondo periodo Dpr n. 633/1972 – vigente pro tempore – e tenuto conto delle peculiarità della fattispecie, è o meno nei termini per presentare la dichiarazione integrativa della dichiarazione Iva 2014.
L’Agenzia premette che la possibilità di rettificare l’originaria richiesta di rimborso del credito Iva, optando invece per la compensazione, è stata già ammessa da alcuni documenti di prassi (cfr. circolari nn. 17/2011, 25/2012, 35/2015).
Successivamente, l’articolo 5, comma 1, lett. b), n. 2) Dl n. 193/2016 ha aggiunto il comma 6-bis all’articolo 8 Dpr n. 322/1998, attualmente in vigore, così introducendo una disciplina ad hoc della dichiarazione integrativa ai fini Iva, che stabilisce che ”le dichiarazioni dell’imposta sul valore aggiunto possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di una maggiore odi una minore eccedenza detraibile, mediante successiva dichiarazione da presentare[…] non oltre i termini stabiliti dall’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
La nuova disciplina della dichiarazione integrativa ai fini Iva, distinta e autonoma, ma modellata e tendenzialmente coincidente con quella propria delle imposte sui redditi e dell’Irap (anch’essa modificata dal medesimo articolo 5 Dl n. 193/2016), equipara i termini entro i quali è possibile presentare la dichiarazione integrativa, a prescindere dalla circostanza che gli errori e le omissioni da emendare siano a favore dell’Amministrazione finanziaria.
Sul punto, la risposta ad interpello n. 231/2020 consente di modificare la scelta dell’utilizzo del credito Iva (da rimborso a detrazione/compensazione):
- sempreché il rimborso non sia stato ancora eseguito
- presentando una dichiarazione integrativa non oltre i termini stabiliti dall’articolo 57 Dpr 633/1972
- indicando il credito risultante dalla dichiarazione integrativa nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa stessa.
Ebbene, l’articolo 57 citato stabilisce, al comma 1, che “gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti nell’articolo 54 e nel secondo comma dell’articolo 55 devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione”. Inoltre, detta norma prevede, al comma 3, che “nel caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale, se tra la data di notifica della richiesta di documenti da parte dell’ufficio e la data della loro consegna intercorre un periodo superiore a quindici giorni, il termine di decadenza, relativo agli anni in cui si è formata l’eccedenza detraibile chiesta a rimborso, è differito di un periodo di tempo pari a quello compreso tra il sedicesimo giorno e la data di consegna” (cfr. anche circolare n. 328/1997).
Pertanto, l’Agenzia ritiene che il rinvio ai termini stabiliti dall’articolo 57 citato ad opera del comma 6-bis dell’articolo 8 Dpr n. 322/1998 – con riferimento alle tempistiche di presentazione della dichiarazione integrativa ai fini Iva – non possa che far riferimento ai termini “ordinari” disciplinati dal comma 1 dell’articolo 57, anzitutto per ragioni di coerenza del sistema.
Difatti, sussiste l’esigenza di garantire continuità con il passato, laddove, l’originario rinvio – ai fini della presentazione della dichiarazione integrativa “a favore”, anche per l’Iva oltre che perle imposte sui redditi e dell’Irap – ai termini di cui all’articolo 2, comma 8-bis Dpr n. 322/1998, non contemplava alcuna forma di “differimento” ancorata alle tempistiche di presentazione della documentazione richiesta ai fini dell’erogazione dei rimborsi Iva.
L’allungamento dei tempi di presentazione della dichiarazione integrativa “a favore”, con l’introduzione altresì di una norma ad hoc ai fini Iva, non altera – secondo l’Agenzia – la natura dell’istituto, di natura premiale, finalizzato a consentire al contribuente di emendare gli errori compiuti all’atto della presentazione della dichiarazione originaria, prima di essere raggiunto dall’azione accertatrice dell’Ufficio impositore.
Ebbene, il “differimento” contemplato dal comma 3 del richiamato articolo 57, rappresenta uno “strumento di controllo”, volto ad evitare strumentalizzazioni che potrebbero ravvisarsi nell’ipotesi in cui, come detto, il contribuente pretestuosamente “temporeggi” nell’ottemperare alla richiesta dell’ufficio di presentazione della documentazione necessaria ai fini dell’erogazione dei rimborsi Iva, con l’obiettivo di far decorrere i termini per l’accertamento.
Si tratta, dunque, di una misura posta a presidio dei poteri dell’Ufficio, la cui applicazione discende dall’adozione di una condotta del contribuente scorretta o omissiva, da cui pertanto non può derivare un beneficio a suo favore, qual è l’allungamento dei termini di presentazione della dichiarazione integrativa.
fonte fiscooggi.it