Oltre al tributo pesantissimo in termini di vite, l’invasione russa ai danni dell’Ucraina ha provocato al paese ingenti perdite in termini di occupazione e reddito, distruggendo quasi 5 milioni di posti di lavoro e minacciando la perdita di altri milioni, se il conflitto dovesse continuare.
Secondo The impact of the Ukraine crisis on the world of work: Initial assessments, rapporto (il primo focalizzato sul lavoro nel paese guidato da Zelensky) dell’International Labour Organization, agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di lavoro, lo sconvolgimento economico provocato dalla ”operazione speciale” di Putin, in quasi 80 giorni di conflitto, ha spazzato via 4,8 milioni di posti di lavoro. Se l’escalation militare dovesse continuare, secondo lo studio, potrebbero andare persi fino al 43% dei posti di lavoro (sette milioni nel totale). La metà della forza lavoro.
Di contro, una cessazione immediata delle ostilità potrebbe portare ad una rapida ripresa dell’occupazione con il ripristino del lavoro per 3,4 milioni di persone, riducendo la perdita occupazionale complessiva all’8,9%.
Secondo l’analisi dell’ILO, l’attività economica in Ucraina si è sostanzialmente fermata in gran parte del paese, costringendo alla chiusura circa il 50% delle attività commerciali del posto. La situazione è aggravata dalla distruzione di edifici, strade, ospedali e altri beni fisici essenziali. Solo nel primo mese del conflitto sono state danneggiate o distrutte infrastrutture critiche per un valore stimato tra i 60 miliardi e i 100 miliardi di dollari.
Dall’inizio del conflitto più di 5,23 milioni di rifugiati (principalmente donne, bambini e persone con più di 60 anni di età) sono scappati nei paesi vicini. Del totale dei rifugiati, circa 2,75 milioni sono in età lavorativa. Di questi, il 43,5% (1,2 milioni), ha lasciato il lavoro e la professione che svolgeva prima del conflitto.
Secondo lo studio, se l’invasione non dovesse concludersi tempi rapidi (e lo stato delle cose non sembra andare nella direzione di una soluzione pacifica), è a rischio povertà fino al 90% della popolazione ucraina. A questo proposito la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo ha previsto che l’economia ucraina si ridurrà del 30% quest’anno.
Anche i vicini dell’Ucraina non vengono risparmiati. Degli oltre 5,23 milioni di rifugiati fuggiti dalle ostilità, molti sono sbarcati in Ungheria, Polonia, Moldova, Romania e Slovacchia. Per i paesi poi impegnati nell’integrazione dei nuovi arrivati poi la prospettiva di un conflitto prolungato significa che i rifugiati potrebbero rimanere in esilio più a lungo del previsto, esercitando pressioni sui mercati del lavoro e aumentando la disoccupazione nei paesi che li ospitano.
La crisi economica della Russia, poi, innescata dalle sanzioni internazionali travalica i confini del paese stesso. Le economie di paesi come il Kazakistan, il Kirghizistan, il Tagikistan e l’Uzbekistan dipendono dalle rimesse di centinaia di migliaia di lavoratori migranti in Russia. Se dovessero perdere il lavoro ed essere costretti a tornare nei loro paesi di origine, secondo il rapporto, questo “provocherebbe gravi perdite economiche in tutta l’Asia centrale”.
L’ILO ha sottolineato, come già molti analisti, che un conflitto prolungato sconvolgerebbe l’economia globale a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime, in particolare di cibo e carburante. L’aggressione in Ucraina ha anche complicato ulteriormente la ripresa dalla crisi legata al Covid-19, con influenze sulla crescita dell’occupazione e dei salari reali, alzando la pressione sui sistemi di protezione sociale.
In molti dei paesi ad alto reddito che hanno recentemente visto dei segnali di ripresa del mercato del lavoro, le conseguenze legate alla crisi ucraina potrebbero peggiorare le condizioni del lavoro, invertendo alcuni dei risultati finora realizzati. La situazione è particolarmente difficile per i paesi a basso e medio reddito, molti dei quali non sono stati ancora in grado di riprendersi completamente dall’impatto della crisi del Covid-19.
agi.it