Lo scorso 4 ottobre il Sole 24 ore, a firma Dario Aquaro e Cristiano Dell’Oste, ha pubblicato un interessantissimo articolo sul regime forfettario per le partite Iva con un reddito inferiore ai 65mila euro. Si tratta di anticipazioni su quelle che saranno i correttivi in materia che verranno apportati dal Governo. Si tratta di argomenti che interessano in grande numero di contribuenti. Lo pubblichiamo integralmente
I 153mila italiani che hanno aperto una partita Iva scegliendo il regime forfettario nel 2021 possono stare tranquilli: la riforma fiscale non cancellerà l’agevolazione. Sono in arrivo, però, diversi correttivi. Che potrebbero riguardare i coefficienti di redditività e i casi di superamento del limite di 65mila euro di ricavi o compensi. Si allontana, invece, l’ipotesi di estendere a tutti i forfettari l’obbligo di fatturazione elettronica dal 1° gennaio 2022.
Il disegno di legge delega è atteso in settimana in Consiglio dei ministri, come annunciato dal premier Mario Draghi. Ma la Nota di aggiornamento al Def (Nadef) anticipa già che la base della riforma sarà la relazione votata dalle commissioni parlamentari lo scorso 30 giugno. Un documento che riporta alcune indicazioni: O il regime forfettario fino a 65mila euro di ricavi e compensi sopravvivrà al riordino delle imposte sostitutive, con le aliquote al 15% e al 5% (per le nuove attività); O si raccomanda di introdurre un regime biennale di favore che accompagni verso la tassazione ordinaria chi supera i 65mila euro (al momento, invece, c’è un salto all’Irpef a partire dall’anno successivo); O in relazione al complesso delle sostitutive, si ipotizza una revisione della base imponibile; il che – tradotto per il forfettario – significherebbe ritoccare i coefficienti di redditività (la percentuale che, applicata ai ricavi, determina il reddito da tassare).
Si può stimare che oggi i contribuenti nel forfait siano circa 1,9 milioni, contando chi ha applicato i regimi agevolati nelle dichiarazioni dell’anno scorso (compresa una “coda” di vecchi minimi) e chi ha optato aprendo una partita Iva tra il 2020 e il 30 giugno di quest’anno, al netto delle chiusure. Ognuno di loro paga in media 1.730 euro di sostitutiva. Dopo il balzo di adesioni del 2019 – quando fu innalzata la soglia di ricavi – l’appeal del regime resta elevato.
Ancora nei primi sei mesi del 2021, il 46% delle nuove partite Iva ha scelto la flat tax. Ma l’attuale assetto dell’agevolazione «finisce con l’inibire la crescita dimensionale» di molte partite Iva individuali, per dirla con le parole delle commissioni Finanze. Da qui la proposta di un’uscita morbida dal regime per chi supera i 65mila euro (restando entro una soglia ancora da definire): due anni supplementari di forfait con aliquota al 20%, a patto di incrementare il volume d’affari di almeno il 10% all’anno.
Nulla si dice, invece, circa gli altri vincoli: ad esempio per chi si trova a superare il limite dei 30mila euro di reddito da lavoro dipendente, magari a causa di un aumento di stipendio.
In questo caso, scatta l’esclusione dal forfait senza uscita morbida. Mentre chi incassa altri tipi di reddito (immobiliari o di capitali) non ha divieti. Insomma, sono diversi gli aspetti che – volendo – potrebbero essere razionalizzati.
A proposito della base imponibile, la revisione dei coefficienti di redditività è stata suggerita – tra gli altri – dal direttore generale delle Finanze, Fabrizia Lapecorella, al Parlamento (il 16 marzo scorso). I coefficienti, infatti, non sono stati modificati quando è stata elevata la soglia di ricavi e oggi «non sono coerenti con la struttura dei costi di imprese di dimensioni meno contenute».
Secondo un’analisi preliminare delle Finanze, un adeguamento dei coefficienti comporterebbe una riduzione della base imponibile – e quindi del prelievo – per i settori del commercio ambulante (oggi al 40% per gli alimentari e al 54% per gli altri prodotti)e delle costruzioni (86%), e un aumento per gli intermediari del commercio (oggi a 62%). Invariati gli altri coefficienti, compreso quello dei professionisti che sono il secondo settore d’attività più numeroso, proprio dopo il commercio.
Altro tema: gli adempimenti. Che la fattura elettronica sia utile a combattere l’evasione fiscale Iva lo dice chiaramente la Relazione sull’economia non osservata, allegata alla Nadef. E infatti nei mesi scorsi l’Italia ha chiesto l’ok di Bruxelles per estendere la e-fattura ai forfettari, che sono esclusi dall’obbligo. Sul punto, però, la stessa Relazione è netta: «Al di sotto di una determinata soglia di ricavi e compensi, l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica non è compatibile con la disciplina dell’Unione europea».
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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