La legge di bilancio 2022 ha ridotto l’aliquota Iva, dal 22% al 10%, su prodotti assorbenti e tamponi, destinati alla protezione dell’igiene femminile, così assecondando, almeno in parte, non solo il movimento contrario alla “tampon tax” ma anche le istanze avanzate dal Parlamento europeo.
L’intervento segue la modifica normativa della legge di bilancio 2020, che aveva già ridotto l’Iva al 5% ma solo per i prodotti lavabili e compostabili nonché per le coppette mestruali.
L’articolo 1, comma 13, legge n. 234/2021 ha inserito, alla tabella A, parte III, allegata al Dpr n. 633/1972, dopo il numero 114), il numero “114-bis) prodotti assorbenti e tamponi, destinati alla protezione dell’igiene femminile, non compresi nel numero 1-quinquies) della tabella A, parte II-bis”, che adesso beneficiano della riduzione dell’Iva al 10%.
Il numero 1-quinquies) da ultimo menzionato, infatti, era stato aggiunto dall’articolo 32-ter, comma 1, Dl n. 124/2019, convertito in legge n. 157/2019 che, a decorrere dal primo giorno del 2020, aveva già ridotto al 5% l’aliquota Iva sui prodotti per la protezione dell’igiene femminile compostabili (secondo la norma UNI EN 13432: 2002) o lavabili e sulle coppette mestruali.
La normativa in vigore da un biennio, tuttavia, non ha soddisfatto una parte dell’opinione pubblica, da sempre contraria alla “tampon tax”, che sostiene che gli assorbenti siano un prodotto di prima necessità, da tassare come tale o da non tassare proprio.
Ebbene, secondo questa nota posizione, poiché il mercato degli assorbenti compostabili o lavabili e quello delle coppette mestruali coprirebbe una percentuale stimata dello 0,4% del totale, l’intervento adottato con la legge di bilancio 2020 non sarebbe stato sufficiente atteso che il legislatore aveva mantenuto la medesima tassazione del 22% sugli assorbenti di più comune utilizzo, ossia quelli “usa e getta”.
Tra l’altro, detta opinione sottolinea come l’aliquota Iva del 22% sugli assorbenti è stata nel tempo rialzata rispetto all’originaria aliquota del 12% vigente dal 1973, anno di istituzione dell’imposta sul valore aggiunto.
Ecco che l’intervento legislativo adottato di recente e la riduzione dell’aliquota Iva adottata rappresentano una risposta – per taluni bastevole, per altri meno – alle istanze contrarie all’imposizione sugli assorbenti.
Ma come si comportano gli altri Paesi d’Europa?
Con l’emanazione della direttiva Iva (direttiva n. 2006/112/Ce del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto), il Consiglio d’Europa ha autorizzato gli Stati membri a modificare al ribasso l’imposta sui dispositivi igienici femminili, che può essere portata al minimo.
Ebbene, di recente, con la risoluzione del 24 giugno 2021, il Parlamento europeo ha affermato il diritto alla salute, in particolare i diritti alla salute sessuale e riproduttiva (SRHR), come pilastro fondamentale dei diritti delle donne e della parità di genere, che non possono in alcun modo essere attenuati o ritirati.
In questo contesto, il Parlamento ha sottolineato che le violazioni dei diritti alla salute sessuale e riproduttiva delle donne sono una forma di violenza, che ostacola il progresso verso l’uguaglianza di genere ed ha invitato i paesi dell’Unione europea a garantire che alle donne vengano offerti diritti di alta qualità, completi ed accessibili nonché a rimuovere tutte le barriere che impediscano alle donne di utilizzare questi servizi.
Proprio in questo contesto, l’Istituzione europea ha sottolineato gli effetti negativi della “tampon tax” sulla parità di genere ed ha invitato gli Stati membri a sfruttare la menzionata flessibilità introdotta nella direttiva Iva e ad applicare esenzioni o aliquote Iva dello 0% a questi beni di base essenziali nonché a risolvere la cosiddetta “povertà mestruale”, fornendo prodotti gratuiti per il periodo a chi ne necessiti e non sia in grado di acquistarli.
Tuttavia, soli alcuni paesi hanno effettivamente diminuito o annullato l’aliquota Iva, che risulta, invece, elevata in molti Stati dell’Ue.
In particolare, negli ultimi anni, gli Stati “virtuosi” in questo senso sono stati:
– Francia (aliquota Iva ridotta al 5,5%);
– Spagna (aliquota Iva ridotta al 4%);
– Portogallo (aliquota Iva ridotta al 6%);
– Polonia (aliquota Iva ridotta al 5%);
– Repubblica Ceca (aliquota Iva ridotta al 5%);
– Lituania (aliquota Iva ridotta al 5%);
– Germania (aliquota Iva ridotta al 7%);
– Lussemburgo (aliquota Iva ridotta al 3%);
– Cipro (aliquota Iva ridotta al 5%);
– Belgio (aliquota Iva ridotta al 6%);
– Paesi Bassi (aliquota Iva ridotta al 6%).
Hanno operato ancora di più nella direzione da ultimo descritta, sia l’Irlanda, che è l’unico Stato dell’Ue in cui la tassa sui prodotti igienici mestruali è stata totalmente eliminata che, successivamente alla “Brexit”, il Regno Unito, che ha abolito l’imposta, nonché la Scozia, che si è spinta oltre, rendendo gratuiti i prodotti mestruali femminili.
Diversamente, altri Stati dell’Ue sono stati meno sensibili rispetto a questo tema, non abbassando la “tampon tax” o, addirittura, aumentandola. Si pensi ai casi di:
– Svizzera (aliquota Iva “normale” al 7,7%);
– Ungheria (aliquota Iva al 27%);
– maggior parte dei Paesi scandinavi (aliquota Iva al 25%);
– Croazia (aliquota Iva al 25%);
– Danimarca (aliquota Iva al 25%);
– Grecia (aliquota Iva aumentata di recente al 23%);
– Bulgaria (aliquota Iva al 20%);
– Albania (aliquota Iva al 20%);
– Moldavia (aliquota Iva al 20%).
L’Italia, quindi, fino a tutto il 2021, si poteva annoverare fra quei Paesi in cui l’imposizione per la maggior parte dei prodotti in questione era elevata, a parere delle Istituzioni europee.
Chiudiamo la nostra indagine, fornendo un panorama della “tampon tax” a livello mondiale.
In questo senso, se alcuni Stati applicano una tassazione elevata (aliquota tra il 15 ed il 20%), come l’Argentina, il Cile, la Nuova Zelanda e la Turchia, si riscontrano molti Paesi in cui non vi è alcuna tassazione dei prodotti sanitari destinati alle donne.
Si pensi allo Stato di New York ma anche a diversi Stati americani, quali Maryland, Massachusetts, Minnesota, New Jersey e Pennsylvania, che hanno abolito ogni imposizione su tali prodotti, così come il Canada.
Nella stessa direzione si sono mosse, di recente, sia Australia che India nonché Malesia, Tanzania, Nicaragua e Trinidad e Tobago.
Per dare uno sguardo, infine, al continente africano, se il Sud Africa applica una tassazione sui prodotti in questione del 15%, vi è anche il caso del Kenya che è stato il primo Paese a diminuire, nel 2004, la tassazione per questi prodotti femminili, producendosi, sin dal 2011, in un progetto per distribuire gratuitamente assorbenti nelle scuole.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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