L’obiettivo è frenare l’inflazione senza causare una recessione. Oggi la Fed rialzerà i tassi d’interesse statunitensi per la quarta volta quest’anno, probabilmente dello 0,75%, e trovare il giusto equilibrio sarà un’impresa ardua.
“L’intenzione è ottenere quello che chiamano un ‘atterraggio morbido’, cercando di evitare una recessione. La domanda è: possono farlo? A questo punto è difficile rispondere”, rileva Julie Smith, docente di economia presso la Lafayette University di Eaton, in Pennsylvania.
Il comitato monetario della Fed aumenterà ancora il costo del denaro, attualmente fissato all’interno di una forchetta compresa tra l’1,50 e l’1,75%.
Tuttavia, l’istituto centrale a stelle e strisce deve fare in modo che questo rallentamento volontario dell’attività economica non sia troppo forte, per non danneggiare soprattutto il mercato del lavoro.
“Penso che una leggera recessione”, con un tasso di disoccupazione superiore al 3,7% previsto dalla Fed per il 2022, “sarà necessaria per interrompere questa spirale inflazionistica, Ma l’incertezza è enorme”, osserva l’ex vicepresidente della Fed, Donald Kohn, in un’intervista all’AFP.
Quale aumento
L’ipotesi di un aumento di tre quarti di punto, come nell’ultima riunione di metà giugno, sembra essere unanimemente sostenuta. “Penso che aumenteranno i tassi di 75 punti base. Ma la Fed può sempre sorprendere”, afferma Smith. Uno dei governatori della Fed, Christopher Waller, ha recentemente aperto la porta a un rialzo di un punto (100 punti base), che sarebbe senza precedenti dagli anni ’80, quando l’ex presidente della Fed Paul Volcker lottava contro un’inflazione a due cifre. Secondo Smith, i membri del comitato monetario “probabilmente ne discuteranno, semplicemente perché i numeri dell’inflazione negli Stati Uniti rimangono così negativi”.
Tuttavia, aggiunge, “gli altri segnali indicano che i precedenti aumenti dei tassi hanno molto probabilmente iniziato a funzionare, almeno in termini di rallentamento della domanda nel mercato immobiliare”. Il mercato del lavoro resta però brillante, con migliaia di posti che restano vacanti, e i consumi tengono, nonostante il dato sulle vendite sia gonfiato dall’inflazione.
Spazio di manovra
“I recenti dati economici sono a favore di un aumento dei tassi di 75 punti base, anche se potrebbe essere preso in considerazione un rialzo di 100”, osserva Kathy Bostjancic, capo economista di Oxford Economics. Lo stato di salute del mercato del lavoro e dei consumi offre alla Fed “il margine di manovra per continuare ad alzare rapidamente il tasso di riferimento”, ma le possibilità di un “atterraggio morbido” stanno diminuendo “con l’aumentare della probabilità di una recessione”, aggiunge.
Per raggiungere questo obiettivo ci vorranno “abilità e fortuna”, sostiene la segretaria del Tesoro ed ex presidente della Fed, Janet Yellen, che però ritiene anche che l’economia statunitense sia sufficientemente sana per sfuggire alla recessione. “Non è inevitabile”, è il suo mantra.
L’inflazione corre
Di fronte al continuo aumento dei prezzi dei generi alimentari, delle abitazioni e delle automobili negli Stati Uniti, la Fed ha aumentato gradualmente i tassi di riferimento da marzo, con l’obiettivo di rendere il credito più costoso per le famiglie e le imprese, al fine di rallentare i consumi e, in ultima analisi, allentare la pressione sui prezzi. L’inflazione ha subito una nuova accelerazione a giugno, raggiungendo il 9,1% su base annua.
Anche in Europa, la corsa del costo della vita ha spinto la Banca centrale europea ad alzare i tassi d’interesse giovedì per la prima volta in più di dieci anni, sorprendendo anche per la rapidità con cui si è mossa, con un aumento di mezzo punto che ha posto fine all’era dei tassi negativi.
“Sebbene il contesto rimanga molto complesso e incerto, stiamo iniziando a vedere l’impatto degli aumenti dei prezzi sui consumi, sia effettivi che impliciti. Nonostante i bilanci dei consumatori siano solidi dopo due anni di pandemia e i livelli di occupazione rimangano elevati, ci sono chiari segnali che indicano che i consumatori stanno modificando le abitudini di spesa man mano che l’inflazione cresce. Questa riduzione della domanda fa parte del meccanismo per cui l’inflazione raggiungerà il suo picco e si attenuerà con il rallentamento dell’economia. Per quanto spiacevole, il picco e l’affievolimento dell’inflazione contribuiscono a ristabilire la fiducia degli investitori, soprattutto negli asset di crescita a più lunga durata che hanno attraversato un periodo di surriscaldamento”, conclude Laurence Taylor, Portfolio Specialist Equity Division di T. Rowe Price.
fonte agi.it