Portare l’imposta sui consumi dal 10% al 15% entro il 2030, ridurre le consistenti detrazioni sull’Irpef e aumentare l’aliquota sui redditi da capitale. Sono solo alcune delle proposte che il Fondo Monetario Internazionale ha indirizzato al Governo nipponico, nel Country Report targato aprile 2022, con l’obiettivo di favorire la crescita economica del Paese. Il documento è arrivato a Tokyo in un momento in cui il Giappone non è ancora uscito dalla fase di rallentamento economico causata dalla pandemia da Covid-19. In base alle ultime statistiche, nei primi tre mesi del 2022 il prodotto interno lordo ha infatti subito una flessione dell’1% su base annua e dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. Secondo l’Fmi l’applicazione integrale delle misure fiscali suggerite potrebbe portare, nel medio termine, a una crescita del Pil del 4% della terza economia del mondo. Il pacchetto di riforme fiscali introdotto dal Governo Kishida va però in una direzione alternativa, che lega lo sviluppo all’incremento dei salari stimolato da incentivi fiscali ad hoc per le imprese.
Imposta sui consumi al 15 % entro il 2030
Nonostante gli aumenti negli anni d’oro dell’Abenomics, all’8% nel 2014 e al 10% nel 2019, in Giappone l’imposta sui consumi rimane la più bassa fra i Paesi dei G7. Gli studi statistici del Fondo Monetario Internazionale suggeriscono di innalzare al 15% l’aliquota media entro l’inizio del prossimo decennio. Il Fondo monetario spinge anche per fare piazza pulita dell’aliquota ridotta dell’8% applicata ad alcuni consumi popolari: in particolare gli alimenti, le bevande analcoliche e i periodici con pubblicazione almeno bisettimanale. Per tutelare il potere d’acquisto dei nuclei familiari più vulnerabili, l’Fmi propone di applicare il “modello canadese” Gst/Hst, ossia Good And Services Tax/Harmonized Sales Tax Credit. Si tratta di un particolare credito di imposta, una sorta di “cashback” della Gst, sotto forma di bonifico trimestrale ad alcune categorie di contribuenti.
Lo sguardo su Income Tax e tassazione dei redditi da capitale
In Giappone l’aliquota massima dell’imposta sul reddito delle persone fisiche arriva al 55%, cifra che si raggiunge sommando il 45% fissato dal governo centrale al 10% della Resident Tax locale. È la percentuale più elevata fra le aliquote Irpef dei Paesi del G7, eppure l’elevato numero di agevolazioni fiscali sotto forma di detrazioni, che l’Fmi suggerisce di “snellire”, fa in modo che le entrate relative siano le più basse fra gli stessi G7. Dal punto di vista della tassazione dei redditi da capitale, Il Fondo constata che in Giappone questi redditi sono sottoposti a un’aliquota unica del 20% – con l’obiettivo di salvaguardare gli investimenti finanziari dei nuclei familiari – e sostiene che elevarla al 25% consentirebbe di ottenere una crescita del Pil dello 0,1%. Fra le altre osservazioni, il Fondo monetario internazionale lamenta il basso livello delle entrate nel settore della tassazione ambientale, che suggerisce di incrementare con una riforma della attuale imposta per la mitigazione del cambiamento climatico.
Le scelte del Giappone
Pochi giorni prima che il Fondo Monetario Internazionale diffondesse il Country Report, le istituzioni parlamentari nipponiche avevano approvato il pacchetto di riforme fiscali presentato dai partiti della maggioranza di governo lo scorso dicembre. L’agenda dell’esecutivo giapponese va in una direzione alternativa a quella messa nero su bianco dall’Fmi. Al momento la compagine governativa guidata da Fumio Kishida non prende in considerazione un ulteriore incremento dell’imposta sui consumi, dopo il duplice aumento dello scorso decennio, ma assegna la priorità alla difesa del potere d’acquisto attraverso l’incremento percentuale del credito di imposta a beneficio delle imprese che aumentano i salari e investono nella formazione e nell’addestramento dei lavoratori assunti stabilmente.
fonte fiscooggi.it