Quando Bruxelles chiama, Roma è obbligata a rispondere. Anche se talvolta si fa davvero fatica a comprendere le ragioni di talune richieste. La notizia è questa: sale da 5mila a 35mila euro la soglia oltre la quale scatta la preclusione dalle imprese dagli appalti per irregolarità fiscali e contributive no definitive. Il soldoni: un operatore economico può essere escluso dalla partecipazione ad una procedura di appalto se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che l’impresa non ha ottemperato al pagamento di imposte, tasse e contributi, anche se non definitivamente accertati.
Può sembrare una notizia che va in direzione delle richieste delle imprese. Non è così. Le imprese pretendevano che fosse del tutto abolita questa normativa. Ossia fino ad un accertamento definitivo non sarebbe stato possibile escludere nessuno. L’Europa però ha fatto blocco, specificando che se il Parlamento italiano non avesse recepito questa normativa sarebbe stato avviata la procedura di infrazione.
Il passaggio da 5mila a 35mila euro è avvenuto in virtù di un emendamento presentato da un senatore del PD. In verità l’emendamento prevedeva l’innalzamento fino a 50mila euro, ma poi la cifra è stata abbassata.
Resta però il dubbio di costituzionalità di una normativa che interviene in pendenza di giudizio, prima di un definitivo accertamento. La Costituzione parla di innocenza fino all’ultimo grado di giudizio. Qui non siamo in costanza di un processo, ma il concetto è simile. Si condanna all’esclusione dalla possibilità di partecipare ad una gara di appalto un’impresa prima di una “sentenza definitiva”.
Siamo in attesa di un decreto del MEF che indicherà il perimetro delle infrazioni non definitivamente accertate. In ogni caso, specie in un momento difficilissimo dopo la pandemia, con tutte le imprese in difficoltà economiche indipendenti dalla propria volontà e/o capacità imprenditoriale, si tratta di una normativa che penalizza, quasi quasi castra, il mercato.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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