L’esame del disegno di legge sull’equo compenso per le prestazioni professionali, approvato in prima lettura alla Camera, nell’ottobre scorso, riparte, in Commissione Giustizia, al Senato, dopo settimane di ‘blocco’: il calendario dei lavori, infatti, vede il testo all’ordine del giorno nel pomeriggio di mercoledì 11 maggio.
La Commissione Bilancio non ha ancora terminato (e fornito) i pareri sulla copertura finanziaria degli emendamenti presentati (poco meno di 150), tuttavia, anche in virtù delle recenti sollecitazioni del mondo del lavoro autonomo (Ordini e associazioni di varie categorie, ma anche della Cgil), esponenti di diversi schieramenti politici useranno la seduta di dopodomani per manifestare l’orientamento sul testo.
Se, cioè, appoggiare la richiesta del mondo ordinistico (come sostenuto da presidente e vicepresidente di ProfessionItaliane Armando Zambrano e Marina Calderone) di provare a far approvare, a palazzo Madama, il ddl così com’è, senza modifiche, per evitare che la fine imminente della Legislatura, nel 2023, “vanifichi il buono ottenuto finora”, oppure tentare il restyling, allargando, tra l’altro, il principio della giusta remunerazione del professionista alle Piccole e medie imprese, con l’incognita che non vi siano i tempi per il terzo passaggio del testo, a Montecitorio. È stato il relatore del provvedimento, il senatore della Lega Emanuele Pellegrini, a volere la ripartenza dell’esame, riferisce, anche senza i pareri della Bilancio sulle proposte di modifica, per comprendere quali sono le intenzioni dei partiti. Il ddl è a prima firma della leader di FdI Giorgia Meloni (partito, riferisce il suo senatore Andrea de Bertoldi, che ha già condotto in porto il varo della legge sullo slittamento degli adempimenti tributari per i professionisti malati, o infortunati, “compatto nel voler licenziare il testo senza correzioni, per non rischiare di comprometterne il via libera finale”) e vi sono confluite iniziative legislative della Lega e di Fi.
fonte ansa.it