Il disegno di legge sull’equo compenso per le prestazioni dei liberi professionisti (approvato in prima lettura alla Camera, nell’ottobre del 2021) tornerà nel pomeriggio all’esame della Commissione Giustizia del Senato, dopo tre settimane di ‘stop’, complice anche l’interruzione dei lavori parlamentari per le elezioni amministrative del 12 giugno scorso.
Il provvedimento, frutto dell’unificazione di testi del centrodestra (FdI, Lega e Fi) e del M5s, mira ad irrobustire le tutele per i lavoratori autonomi (allargando, tra l’altro, la committenza che dovrà osservare la disciplina, giacché vengono inglobate tutte le imprese che impiegano più di 50 dipendenti, o fatturano più di 10 milioni di euro all’anno), rispetto alla norma del 2017 del Pd, che inserì nel nostro ordinamento il principio della giusta remunerazione per i servizi resi dai professionisti.
Le parti politiche si collocano su posizioni differenti: il centrodestra, infatti, è in ‘pressing’ per il varo senza correzioni (per evitare che la fine della Legislatura, nel 2023, conduca il ddl su un ‘binario morto’) il Pd invoca una parziale modifica, a partire dalla norma che dà agli Ordini la facoltà di sanzionare il professionista che accetta un compenso inferiore ai parametri ministeriali (capitolo che ha generato, nelle settimane passate, una ‘spaccatura’ tra le rappresentanze dei professionisti, ovvero Ordini, Casse di previdenza e sindacati delle varie categorie di autonomi).
fonte ansa.it