L’accorpamento di due unità immobiliari commerciali, distintamente accatastate in categoria C3 e C1 e distintamente locate, nell’unica classifica C3, comporta inevitabilmente la decadenza dei due contratti originari e, di conseguenza, la necessità di stipularne uno nuovo “ordinario” per l’unico immobile risultante.
Con la risposta n. 28 del 17 gennaio 2022, l’Agenzia spiega perché il contribuente, proprietario dei due locali commerciali – il primo accatastato in C3 e affittato con contratto ordinario, il secondo, in C1, locato nel 2019 applicando il regime agevolato della “cedolare secca” – dopo la riunione dei due immobili e la riclassificazione catastale dell’unica unità risultante in C3, non può mantenere in vita due contratti che producono effetti fiscali diversi.
Per l’amministrazione, nessuna incertezza poiché, con l’accorpamento delle due unità immobiliari, oggetto ciascuno di separati contratti di locazione, gli immobili cessano la loro esistenza in condizioni di indipendenza e l’attribuzione di un’unica e diversa categoria comporta, sotto il profilo catastale, l’esistenza di nuova unità immobiliare, prima inesistente, con caratteristiche nuove e autonome.
Sotto il profilo fiscale, in particolare, l’amministrazione osserva che la nuova e unica categoria catastale C3, attribuita al risultato della “fusione” delle due unità immobiliari, è esclusa dal perimetro del regime di favore della “cedolare secca” (articolo 3, Dlgs n. 23/2011), la cui applicazione è stata estesa solo agli immobili di categoria C/1, ed esclusivamente per i contratti stipulati nel 2019.
Quindi, mantenere in vita i contratti stipulati prima dell’accorpamento comporterebbe l’applicazione, sia pure parziale, di un regime fiscale agevolato, a una categoria catastale che ne risulta esclusa (C/3).
Tanto detto, ne consegue che l’istante dovrà interrompere i contratti di locazione in corso e stipularne uno nuovo che rispecchi l’attualità della situazione esistente.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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