Disintermediazione: un termine che non si sente molto, ma che “rischia” di diventare, a stretto giro, di uso comune quando si parlerà di lavoro. Disintermediazione, come si intuisce, sta ad indicare la mancanza di mediazione. La pandemia, tra i suoi effetti collaterali, ha comportato, e comporterà sempre più in un futuro immediato, il cambiamento del lavoro. Fino al marzo 2020 il lavoro andava fatto in ufficio, in fabbrica. Esisteva, anche fiisicamente, il “posto di lavoro”. Con la pandemia è arrivato lo “smart working. Alla lettera “lavoro leggero”, in pratica un aumento di responsabilità per il lavoratore.
E’ chiaro che il riferimento è solo per il lavoro da ufficio. La fabbrica, il luogo dove si produce materialmente qualcosa di solido, di tangibile, rimarrà, al momento almeno, più o meno come era prima. Fermo restando che in un futuro più o meno prossimo affidandosi sempre più alle macchine, il lavoro dell’uomo, potrà anche in questo caso essere fatto da casa.
Quali sono i cambiamenti imposti dallo smart working? Lavorare per alcuni versi è comodo. Basti pensare al tempo, ed ai costi, risparmiati evitando la necessità di trasferirsi fisicamente da casa al posto di lavoro, e viceversa. Sempre più persone chiederanno di poter continuare a farlo anche alla fine dell’emergenza. Ciò comporta per altro un risparmio notevole anche per le imprese, che non avranno più la necessità di avere a disposizione immobili spesso di grandi dimensioni per permettere ai propri dipendenti di lavorare. Il tempo risparmiato evitando i trasferimenti potrà essere investito a favore della famiglia, o di altre attività più o meno ludiche.
Detto questo c’è da dire che bisognerà rendere l’abitazione pronta per permettere il lavoro a distanza. Il che significa non solo migliorare l’efficienza delle rete, renderla veloce, in modo da permettere fisicamente il lavoro. Ma potrebbero sorgere anche problemi di altri tipi. Durante il lockdown in una famiglia con due figli in età scolastica, c’era spesso il problema delle postazioni. Con le scuole in didattica a distanza, serviva una postazione per ciascuno dei due figli. Senza considerare che se anche padre e madre erano costretti e lavorare da casa, le postazioni diventavano 4. Quante sono le famiglie che hanno a disposizione 4 postazioni con computer. Questo per tacere il problema di sovraccarico della rete: un conto è gestire uno al massimo due collegamenti. Altro è gestirne 4, senza considerare i cellulari sempre connessi. La velocità crolla. La casa del futuro dovrà essere pensata come un ibrido: metà abitazione tradizione, metà come posto di lavoro. Serviranno più spazi.
C’è un altro aspetto però, forse anche più importante. E qui torniamo al concetto di disintermediazione. Le nuove forme di “autodeterminazione” del lavoro determinano più libertà nella gestione dei compiti ma impongono maggiori responsabilità da parte degli individui. Il “leitmotiv” rimane la produttività quale risultato di un’educazione al lavoro indipendente da luogo, tempo, spazio. Solo coscienza professionale. Manca chi controlla, manca anche chi fa da mediatore. In ufficio c’è un “capo” che si assume la responsabilità di prendere le decisioni più importanti. A lui si ricorre quando si hanno dubbi. Lavorando da casa tutto questo non c’è. O quanto meno non è semplice. Sta al lavoratore avere la capacità di prendere la decisione giusta su cosa e come fare. Manca la figura del mediatore. Appunto, la disintermediazione.
Lavorare da casa è certamente il sistema di lavoro del futuro. Ma servirà adeguare la propria abitazione, e preparare il personale alle nuove responsabilità. Soprattutto questa la vera scommessa del futuro.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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