Il Dl n. 146/2021 (“decreto fiscale 2022”) ha introdotto importanti modifiche al Dpr n. 633/1972 (decreto Iva), con l’obiettivo di rendere la disciplina Iva conforme agli orientamenti forniti dalla Commissione europea e dalla Corte di giustizia unionale.
Con la circolare n. 5/E del 25 febbraio 2022, siglata oggi dal direttore Ruffini, l’Agenzia delle entrate ha fornito i primi chiarimenti su tali modifiche normative, illustrando in particolare:
– il trattamento Iva sulle operazioni effettuate nei confronti di organismi dell’Unione europea finalizzate a fronteggiare la pandemia Covid-19;
– la rilevanza Iva delle operazioni effettuate dagli enti associativi:
– l’imponibilità dei servizi di trasporto internazionale effettuati da subvettori.
Tali novità, sebbene previste da un unico decreto legge, da un lato interessano soggetti passivi d’imposta molto diversi tra loro e, dall’altro, hanno una decorrenza temporale non univoca. Si passa infatti:
– dalla “retroattività” della disciplina sulle operazioni finalizzate a fronteggiare la pandemia, che decorre dal 1° gennaio 2021;
– alla “posticipazione” delle disposizioni riguardanti le operazioni effettuate da enti associativi, che in virtù di quanto previsto dalla legge bilancio 2022 entreranno in vigore solo dal 1° gennaio 2024;
– all’entrata in vigore nell’anno in corso delle nuove disposizioni in materia di trasporto internazionale, rendendo però salvi i contribuenti che prima del 1° gennaio 2022 si erano già comportati in maniera conforme a tali previsioni.
Recependo le indicazioni fornite dalla direttiva Ue n. 2021/1159 – la quale ha comportato a sua volta alcune modifiche alla direttiva n. 2006/112/Ce (“direttiva Iva”) – il legislatore, con l’articolo 5, commi 15-bis e 15-ter, del decreto fiscale, ha aggiunto alcune previsioni alla disciplina Iva finalizzate a fornire un più ampio supporto fiscale alle attività istituzionali di prevenzione e contrasto della pandemia Covid-19.
In base alle citate disposizioni sono da includere, tra le operazioni non imponibili richiamate all’articolo 72, comma 1, del Dpr n. 633/1972, anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate “nei confronti della Commissione europea o di un’agenzia o di un organismo istituito a norma del diritto dell’Unione europea, qualora la Commissione o tale agenzia od organismo acquisti tali beni o servizi nell’ambito dell’esecuzione dei compiti conferiti dal diritto dell’Unione europea al fine di rispondere alla pandemia di COVID-19”.
Tale nuova ipotesi di “non imponibilità”, in base a quanto previsto dalla norma:
– si applica a partire dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2021, avendo quindi anche efficacia retroattiva rispetto alla data di emanazione della norma;
– viene meno – e, conseguentemente, le citate operazioni diventano imponibili ai fini dell’Iva – laddove i beni o servizi siano utilizzati, immediatamente o in seguito, dalla Commissione o dagli altri organismi Ue per ulteriori cessioni o prestazioni a titolo oneroso.
La norma, inoltre, esplicita anche gli adempimenti da porre in essere a seguito del verificarsi dei due casi sopra citati. Nel primo caso, al fine di rendere non imponibili le operazioni assoggettate a Iva effettuate prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto fiscale, il cedente o prestatore dovrà emettere delle note di variazione in diminuzione dell’imposta ai sensi dell’articolo 26 del decreto Iva. Nel secondo caso, nel momento in cui vengano meno le condizioni di non imponibilità previste dalla norma, la Commissione, l’agenzia interessata o l’organismo interessato dovrà informare l’amministrazione finanziaria e l’operazione diventerà soggetta all’Iva alle condizioni applicabili alla data in cui è stata effettuata l’operazione.
In merito ai principali aspetti di tale previsione seguirà un approfondimento dedicato.
Sempre all’articolo 5 del decreto fiscale, i commi 15-quater, 15-quinquies e 15-sexies introducono importanti novità anche in merito alla rilevanza ai fini dell’imposta sul valore aggiunto delle operazioni effettuate dagli enti non commerciali di tipo associativo nei confronti di soci e associati.
Il primo dei tre commi va a modificare strutturalmente le disposizioni del decreto Iva riportate all’articolo 4, riguardante le operazioni che si considerano effettuate nell’esercizio d’impresa rilevanti ai fini Iva, e all’articolo 10, avente ad oggetto, invece, le operazioni esenti dall’imposta.
In virtù di tali modifiche, alcune operazioni effettuate dagli enti di tipo associativo – in particolare quelle rese da tali enti ai propri associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto – da non rilevanti ai fini dell’Iva (“fuori campo Iva”) diventano operazioni esenti dall’imposta. Così facendo il legislatore ha reso la disciplina nazionale conforme a quanto previsto dalla direttiva 2006/112/Ce in caso di operazioni effettuate dagli enti associativi verso soci e associati, con il chiaro intento di rimediare alla procedura di infrazione con la quale la Commissione europea ha eccepito allo Stato italiano l’impossibilità di considerare tali operazioni escluse dal campo di applicazione dell’Iva.
Per organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale con ricavi annui inferiori a 65mila euro, tuttavia, viene prevista una misura di deroga temporanea a tale disciplina: sino alla piena operatività della normativa fiscale prevista dal codice del terzo settore queste applicheranno, ai soli fini dell’imposta sul valore aggiunto, le semplificazioni attualmente previste per i contribuenti in regime forfettario.
L’entrata in vigore di tali disposizioni, originariamente prevista per il 1° gennaio 2022, è stata posticipata – in virtù di quanto previsto dall’articolo 1, comma 683, della legge di bilancio 2022 – al 1° gennaio 2024.
Con l’articolo 5-septies il legislatore è intervenuto per delimitare la portata di “non imponibilità” relativa alle operazioni di trasporto internazionale previste dal decreto Iva. Tale intervento normativo recepisce in gran parte l’orientamento fornito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 29 giugno 2017, causa C-288/16, secondo cui l’esenzione per i trasporti internazionali, prevista dagli articoli 144 e 146 della direttiva n. 2006/112/Ce, non si applica a una prestazione di trasporto di beni esportati verso (o importati da) un Paese extra-Ue, laddove tali servizi non siano forniti direttamente al mittente o al destinatario di detti beni.
Considerato anche il diverso orientamento (consolidato e risalente) rappresentato in precedenti documenti prassi dell’amministrazione finanziaria, che annoverava tra i servizi non imponibili anche le prestazioni fornite da subvettori, il legislatore è dunque intervenuto per limitare la “non imponibilità” in modo conforme alle indicazioni dei giudici unionali.
Con l’introduzione del terzo comma dell’articolo 9 del Dpr n. 633/1972 sono da ritenersi esclusi dalla previsione di non imponibilità – e sono quindi generalmente soggetti a Iva – i servizi di trasporto che riguardino beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonché beni in importazione i cui corrispettivi sono inclusi nella base imponibile, qualora i servizi stessi siano prestati a soggetti diversi:
– dall’esportatore;
– dal titolare del regime di transito;
– dall’importatore;
– dal destinatario dei beni;
– dal prestatore di servizi di spedizione internazionale;
– dal prestatore di servizi relativi a operazioni doganali.
Per espressa previsione normativa tali regole si applicano ai servizi di trasporto effettuati a partire dal 1° gennaio 2022, facendo però salvi i comportamenti adottati dai soggetti che, prima del 1° gennaio 2022, si siano adeguati alle indicazioni fornite dalla sentenza sopra richiamata, ovverosia abbiano già applicato l’Iva alle prestazioni di subvezione nei trasporti internazionali territorialmente rilevanti in Italia.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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