Come noto, il legislatore, sin dall’inizio della pandemia da Covid-19, ha introdotto numerosi sostegni per le imprese maggiormente colpite dalla crisi economica che ne è scaturita. Il Decreto Legge 24 agosto 2021, n. 118, “Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia” si inserisce nel solco di tali interventi, fornendo alle imprese in difficoltà il nuovo strumento della Composizione Negoziata per la soluzione della Crisi d’impresa (di seguito anche solo la “c.n.c.”). Alla c.n.c. potrà accedere l’imprenditore commerciale e agricolo che si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza. Si tratta di un istituto stragiudiziale attivabile in maniera volontaria dall’imprenditore, rivolgendo una istanza al Segretario Generale della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa avente per oggetto la richiesta di nomina di un esperto indipendente.
All’esperto è affidato il compito di agevolare le trattative necessarie per il superamento delle condizioni in cui versa l’imprenditore (anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa), con un procedimento che si sviluppa nella completa riservatezza; si noti che per accedere alla composizione negoziata non vengono richiesti requisiti dimensionali, essendo concepito come strumento utilizzabile da tutte le realtà imprenditoriali iscritte nel Registro delle Imprese.
Di seguito, verranno sinteticamente richiamati gli aspetti della riforma che avranno maggiore incidenza sugli istituti di credito, in particolare sulle banche e i veicoli di cartolarizzazione, cessionari dei loro crediti.
1) La partecipazione delle banche alla composizione negoziata
Le banche, gli intermediari finanziari, i loro mandatari e cessionari sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato.
A differenza di quanto accade nelle negoziazioni informali, gli istituti di credito soggiaceranno ad un espresso obbligo di legge di partecipazione in modo attivo ed informato alle trattative di rinegoziazione del debito dell’impresa e tale obbligo si estende anche ai loro mandatari (ad esempio, servicer) e ai cessionari dei loro crediti.
Mentre il dovere di comportamento secondo buona fede e correttezza imposto alle parti durante le trattative non sembra aggiungere molto alla disciplina civilista di respiro generale, appare invece di un certo rilievo la previsione del dovere di dare riscontro alle proposte e alle richieste dell’imprenditore, formulate durante le trattative, con risposta tempestiva e motivata.
2) L’accesso alla composizione negoziata non comporta la revoca degli affidamenti
L’accesso alla c.n.c. non costituisce, di per sé, causa di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore.
La ratio di questa previsione risulta evidentemente quella di incentivare l’imprenditore ad utilizzare lo strumento in questione, neutralizzando, ab origine, l’eventuale e comprensibile scetticismo che potrebbe sussistere rispetto al rischio di incorrere nell’immediata revoca degli affidamenti bancari concessi, proprio in ragione della disclosure sulle effettive difficoltà dell’azienda, non sempre evincibili, da parte degli istituti di credito, dai meri dati bilancistici.
In caso di intervenuta – o anche solo paventata – sospensione degli affidamenti da parte del ceto bancario, l’imprenditore potrà rivolgere una istanza al Tribunale competente affinché adotti misure protettive nei suoi riguardi, condannando le banche al ripristino – o al mantenimento – degli affidamenti in essere.
I medesimi effetti in questione si verificheranno anche nei confronti degli altri creditori interessati dalle misure protettive che non potranno, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore in ragione del mancato pagamento dei loro crediti anteriori.
3) Collaborazione tra creditori, banche e imprenditore
I creditori coinvolti nelle trattative – tra i quali anche le banche – dovranno collaborare con l’imprenditore rispettando l’obbligo di riservatezza sulla situazione dell’impresa, le iniziative assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative.
La c.n.c. ha una palese matrice di natura fiduciaria e condivide molti dei principi ispiratori della disciplina della mediazione e della negoziazione. L’obbligo di riservatezza in questione, si inserisce in questo solco, risultando finalizzato alla massima tutela possibile dell’imprenditore nell’ambito delle trattative con particolare riguardo all’utilizzo abusivo dei dati e delle informazioni che quest’ultimo andrà a fornire al ceto creditorio; di fatto, il legislatore, con questa previsione, ha inteso reprimere ogni tentativo di utilizzo distorto e abusivo dell’istituto della c.n.c. da parte dei creditori. La divulgazione di questi dati, nonché il loro uso improprio, potrebbe infatti peggiorare la situazione dell’impresa, aggravando la crisi già in atto.
4) Misure protettive del patrimonio dell’imprenditore
L’imprenditore può chiedere al Tribunale competente l’applicazione di misure protettive del patrimonio, in forza delle quali i creditori non possono acquisire diritti di prelazione, se non concordati con l’imprenditore, e soprattutto non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari.
Le misure protettive possono avere una durata minima di 30 e massima di 120 giorni, fatte salve eventuali proroghe che potrebbero estenderla fino a non oltre 240 giorni. Rispetto alla disciplina concordataria – da cui il legislatore ha attinto nell’introdurre queste disposizioni – occorre dare atto di un notevole discostamento: ovverosia, nel caso in questione, viene espressamente dichiarato che non vige il divieto di effettuare pagamenti.
5) Possibili conclusioni della procedura di composizione negoziata
Evidenziate sinteticamente le norme di maggiore incidenza per gli istituti bancari e i loro servicers, di seguito, si elencano le possibili conclusioni della procedura di Composizione Negoziata per la soluzione della Crisi d’impresa.
Al termine della procedura di Composizione Negoziata per la soluzione della Crisi d’impresa, quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione, le parti possono concludere, alternativamente:
1. un contratto, con uno o più creditori, con effetti premiali se, secondo la relazione dell’esperto, l’assetto contrattuale risulta idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni;
2. una convenzione di moratoria ai sensi dell’articolo 182-octies del Regio Decreto 16 Marzo 1942 n. 267, Legge Fallimentare (di seguito solo “L.F.”);
3. un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto che produce gli effetti di un piano attestato ex art. 67, co. 3, lettera d), L.F., ma senza ottenere l’attestazione ivi prevista.
In ogni caso, terminate le trattative, l’imprenditore può:
1. domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 182-bis, 182-septies e 182-novies, L.F.; la percentuale di cui all’art. 182-septies, secondo comma, lettera c), è ridotta al 60 % se il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto;
2. utilizzare il nuovo strumento del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, di cui all’art. 18, D.L. 118/2021.
Restano comunque a disposizione dell’imprenditore anche tutte le altre procedure concorsuali previste dalla L.F., dal D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270 o dal D.L. 23 dicembre 2003, n. 347.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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