La nuova norma, pone limiti al diritto di impugnazione del contribuente: non è possibile impugnare l’estratto di ruolo mentre ruolo e cartella di pagamento, che si assumono invalidamente notificati, sono suscettibili di diretta impugnazione solamente in tre tassative ipotesi.
Questo è il contenuto dell’articolo 3-bis dell’Atto Camera 3395, recante la conversione in legge, con modificazioni, del Dl n. 147/2021, che ha introdotto il nuovo articolo 4-bis dell’articolo 12 Dpr n. 602/1973.
L’estratto di ruolo era impugnabile?
L’estratto di ruolo – lo spiega la stessa giurisprudenza di legittimità, cfr. Cass. 22507/2019 – non è altro che un elaborato informatico, creato dal concessionario della riscossione a richiesta dell’interessato, contenente unicamente gli “elementi” di un atto impositivo e non una pretesa impositiva, diretta o indiretta (essendo l’esattore carente del relativo potere).
Sovente, il contribuente impugnava l’estratto di ruolo, spiegando di essere venuto a conoscenza della pretesa tributaria solo incidentalmente, asserendo il più delle volte la sussistenza di vizi della notifica delle cartelle di pagamento emesse a suo carico.
Ebbene, prima dell’introduzione del nuovo articolo 3-bis citato, per vero, una parte della giurisprudenza, anche nella sua composizione più autorevole, si era espressa per impugnabilità dell’estratto di ruolo.
Le stesse sezioni Unite della Cassazione, infatti, avevano statuito che “è ammissibile l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell’ultima parte del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione” (cfr. Cass., sezioni Unite, n. 19704/2015; Cass. 1302/2018; 7228/2020).
Detta posizione rappresenta un corollario di quella tesi che ritiene che il D.Lgs. 546/1992, all’art. 19, non contenga un elenco tassativo degli atti impugnabili: ma si tratta di una tesi non da tutti condivisa.
Diversamente, infatti, un’ulteriore opinione, espressa autorevolmente in seno alla giurisprudenza di legittimità, ha chiarito che “l’estratto di ruolo …” è un atto “non impugnabile sia perché trattasi di atto non rientrante nel novero degli atti impugnabili ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, sia perché trattasi di atto per il cui annullamento il debitore manca di interesse (ex art. 100 c.p.c.), non avendo alcun senso l’eliminazione di esso dal mondo giuridico, senza incidere su quanto in esso rappresentato” (Cass. 22507/2019 cit.)
La carenza di interesse come filo conduttore
La novità normativa, in definitiva, dirime il contrasto interpretativo esposto, sancendo, anzitutto, la non impugnabilità dell’estratto di ruolo.
In sede di prima analisi, la norma pare costruita su uno scrutinio del principio dell’ “interesse ad agire”, ex articolo 100 c.p.c., di cui il legislatore, con presunzione iuris et de jure, presume l’inesistenza in caso di impugnazione dell’estratto di ruolo.
In questo senso, vengono limitate anche le ipotesi di eccezioni nei confronti dei ruoli e delle cartelle di pagamento, che si assumono invalidamente notificati.
In proposito, il contribuente deve dimostrare che, dall’iscrizione a ruolo, possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione ad una procedura di appalto, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici, in talune circostanze, nonché per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione.
In sostanza, si tratta di casi in cui l’iscrizione a ruolo potrebbe pregiudicare ex se una procedura di evidenza pubblica a cui vuole partecipare un privato oppure i rapporti del contribuente stesso con la Pa.
Ma non si tratta, giova osservarlo, a parere di chi scrive, di uno svuotamento del diritto di difesa del contribuente, seppur vi sia un limite al diritto di impugnazione: niente preclude, infatti, a che eventuali vizi di notifica del ruolo e della cartella di pagamento possano essere fatti valere nei successivi atti, precedenti all’inizio dell’esecuzione forzata, come gli avvisi di intimazione, in cui, invece, l’interesse ad agire ex articolo 100 c.p.c. appare evidente.
La cartella di pagamento, infatti, è l’atto inviato ai contribuenti per recuperare i crediti vantati dagli enti creditori e contiene l’invito a provvedere al pagamento entro sessanta giorni dalla notifica, a pena di avvio dell’esecuzione forzata: pertanto, fintanto che quest’ultima non inizi, l’interesse del debitore ad impugnare il ruolo per vizi della notifica sussiste, a parere del legislatore, non genericamente ma solo, e ragionevolmente, in ipotesi determinate.
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