La disposizione di cui all’articolo 180, comma 3, Dl n. 34/2020, secondo cui l’albergatore è responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, è applicabile anche ai casi verificatisi prima della data di entrata in vigore del decreto “Rilancio”, ossia il 19 maggio 2020. Così provvede l’articolo 5-quinquies del disegno di legge di conversione del Dl n. 146/2021, che ha provveduto a chiarire i limiti temporali del comma 1-ter dell’articolo 4 del Dlgs 23/2011.
Quest’ultima norma, nella sua versione originaria, consentiva ai Comuni capoluogo di provincia, alle unioni di Comuni, nonché alle località turistiche e alle città d’arte, di istituire un’imposta di soggiorno, a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità, in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno.
La ratio del tributo comunale era, in sintesi, quella di far percepire al Comune un capitale necessario per incrementare gli investimenti legati al turismo, non gravando sui residenti ma, appunto, sui turisti stessi.
La medesima versione originaria della norma, all’articolo 4, comma 3 – se chiariva il ruolo della compagnia di navigazione in una eventuale “imposta di sbarco”, che determinati Comuni potevano adottare, stabilendo che “la compagnia di navigazione è responsabile del pagamento dell’imposta, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione e degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale” – non definiva parimenti la natura degli albergatori, nell’ambito del rapporto trilaterale turista-albergatore-ente pubblico.
Con l’inserimento del comma 1-ter all’articolo 4 del citato Dlgs n. 23/2011, quindi, è stata attribuita anche al gestore della struttura ricettiva la qualifica di “responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi” del tributo ed è stata disposta, contestualmente, una nuova disciplina sanzionatoria di natura tributaria, in luogo di quella penale (il gestore che non versava l’imposta poteva incorrere nel reato di peculato), valida sia per le strutture turistiche ricettive, sia per le “locazioni brevi”.
L’articolo 64, comma 3, del Dpr n. 600/1973 chiarisce che il responsabile d’imposta è chi è obbligato al pagamento dell’imposta “insieme con altri, per fatti o situazioni esclusivamente riferibili a questi”; al responsabile di imposta è, poi, attribuito il diritto di rivalsa.
Si tratta, quindi, di un soggetto che garantisce in misura maggiore che l’obbligazione tributaria venga adempiuta, perché risponde del pagamento solidalmente con il soggetto passivo del tributo, ossia del pernottante.
La giurisprudenza della Corte dei conti ha avuto occasione di scrutinare molte fattispecie di omesso versamento dell’imposta di soggiorno, da parte degli albergatori.
Ebbene, in disparte molti dei profili applicativi, che in questa sede non possono essere approfonditi, parte della giurisprudenza riteneva, prima del decreto “Rilancio”, che il gestore della struttura fosse un agente contabile – ossia il soggetto, anche privato, che riscuote danaro che è obbligato, poi, a riversare a un ente pubblico – con la conseguente costituzione di un rapporto di servizio con l’amministrazione pubblica (cfr Corte dei conti, pronuncia n. 410/2010). Da quanto precede, derivava la consequenziale giurisdizione della Corte dei conti e non della Commissione tributaria, sull’omesso versamento dell’imposta. Infatti, il maneggio di denaro riscosso per conto dell’erario e a esso destinato, faceva acquisire all’introito natura di pecunia pubblica.
Altra parte della giurisprudenza (cfr Corte dei conti Emilia Romagna, n. 325/2021; Corte dei conti Veneto, n. 50/2021), invece, ha sottolineato che, nonostante la modifica normativa attuata dal decreto “Rilancio”, permanesse la giurisdizione della Corte dei conti, in quanto l’imposta di soggiorno è un’imposta di scopo con finalità pubbliche, volta a sostenere e migliorare i servizi offerti ai villeggianti dai Comuni con vocazione turistica: il novum normativo del 2020 avrebbe, quindi, solamente depenalizzato la condotta di omesso versamento, non più integrante, come richiamato, il delitto di peculato (articolo 314 cp), ma non avrebbe mutato il plesso giurisdizionale di riferimento, che rimaneva quello contabile.
Un diverso orientamento (cfr Corte dei conti Lombardia, n. 159/2021) riteneva, invece, che il decreto “Rilancio” delimitasse il limite temporale, dopo il quale qualificare i gestori delle strutture ricettive come responsabili d’imposta, con diritto di rivalsa dell’imposta di soggiorno nei confronti del turista. Prima del 19 maggio 2020, in sintesi, il responsabile della struttura ricettiva era un agente contabile, soggetto alla giurisdizione contabile, mentre, dopo l’entrata in vigore del Dl “Rilancio” egli assumeva la qualifica di responsabile d’imposta e, pertanto, la giurisdizione sulle sue violazioni non apparteneva più alla Corte dei conti ma al giudice tributario.
Delineati, in generale, i profili problematici della disciplina dell’imposta di soggiorno, le modifiche apportate dal decreto “Rilancio” sono state talvolta inquadrate dalla giurisprudenza come di “pacifica portata innovativa e non già interpretativa” (cfr sentenza della Corte dei conti Lombardia, da ultimo citata), con conferma della giurisdizione contabile sulle condotte dannose (nella specie omissive) poste in essere prima dell’entrata in vigore del Dl n. 34/2020.
Il collegato fiscale, invece, con l’articolo 5-quinquies sconfessa alcuni degli arresti giurisprudenziali dei giudici contabili, come quello da ultimo citato, chiarendo definitivamente che la disposizione ha carattere di interpretazione autentica: la natura del gestore di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno e il relativo trattamento sanzionatorio è applicabile, quindi, anche prima del 19 maggio 2020.
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