Il mutamento dell’orario di lavoro, se eseguito in osservanza dei principi generali di correttezza e buona fede, senza discriminazione o vessazione dei lavori coinvolti, è da ritenersi del tutto legittimo.
A specificarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31349 del 3 novembre 2021.
Il caso riguarda una lavoratrice, addetta al montaggio di piastre, che eseguiva un orario di lavoro spezzato (dalle 8:00 alle 12:25 e alle 14:00 alle 17:30) in ragione di una serie di patologie croniche di cui soffriva.
Successivamente, dal mese di settembre del 2004, la stessa veniva spostata dall’azienda a un reparto diverso, quello dello stampaggio. Ne era conseguita anche la modifica dell’orario di lavoro, consistente in un orario di lavoro continuato dalle 14:00 alle 22:00.
Alla luce di ciò, la lavoratrice spingeva di tornare all’orario di lavoro precedente. La Corte d’Appello accoglieva la domanda, evidenziando una violazione, da parte del datore di lavoro, dei principi di correttezza e di buona fede.
La Suprema Corte, però, ha ribaltato la decisione dei giudici di secondo grado. Gli ermellini, in particolare, hanno evidenziato che rientra nel potere organizzativo del datore di lavoro spostare il personale nei vari reparti aziendali in ragione delle diverse esigenze aziendali. Potere che, se esercitato in osservanza dei principi di correttezza e buona fede, senza alcuna discriminazione o vessazione ai danni dei lavoratori interessati dall’operazione, non è sindacabile.
In conclusione, è stata ritenuta corretta la modificazione dell’orario di lavoro operata dall’azienda, ciò in quanto la decisione di delocalizzare le lavorazioni cui la lavoratrice era addetta era effettiva e, inoltre, non era stata integrata alcuna discriminazione o lesione dei suoi diritti derivanti da specifici accordi contrattuali.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
Comments are closed.