Una contribuente cui è stata contestata una violazione per indebita fruizione del regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile (articolo 27, Dl n. 98/2011), definita tramite adesione, e che ha chiuso la propria partita Iva, può riaprirne una nuova al solo scopo di esercitare la rivalsa dell’imposta corrisposta in sede di adesione. È in sintesi quanto chiarito dall’Agenzia con la risposta n. 41 del 21 gennaio 2022.
L’istante fa sapere, in particolare, che ha emesso nei confronti dello studio del marito delle fatture senza applicazione dell’Iva, motivo per cui le è stata contestata tale violazione, che nel 2017 ha chiuso la propria partita Iva e che nel 2019 ha chiuso la partita Iva anche il marito, il quale, tuttavia, ne ha aperta una nuova nel 2020 per svolgere la medesima attività. La contribuente chiede se può avvalersi dell’articolo 60 del Dpr n. 633/1972 in relazione all’Iva corrisposta in sede di adesione.
L’Agenzia rileva in primo luogo che l’articolo 60 ultimo comma del decreto Iva consente l’esercizio del diritto di rivalsa della maggiore imposta accertata, a condizione che il cedente/prestatore abbia saldato all’erario il suo debito, prevedendo, inoltre, il diritto a detrazione in capo al cessionario dell’Iva pagata a titolo di rivalsa, al verificarsi delle condizioni per il suo esercizio. In sostanza, la norma è volta a ripristinare, anche nelle ipotesi di accertamento, la neutralità garantita dal meccanismo della rivalsa e dal diritto di detrazione, consentendo il normale funzionamento dell’Iva, la quale deve, per sua natura, colpire i consumatori finali e non gli operatori economici.
L’Amministrazione, inoltre, ritenendo che il fatto che l’istante ha cessato la qualifica di soggetto Iva non osta al diritto di rivalsa, come chiarito anche dalla circolare n. 35/2013, ricorda che, con riferimento all’ipotesi di assenza della partita Iva al momento della commissione della violazione oggetto di accertamento, per esercitare il solo diritto di rivalsa è consentita l’apertura della partita Iva anche in un momento successivo all’attività di controllo, solo per esercitare la rivalsa.
Riguardo alla possibilità di esercitare la rivalsa nei confronti di una partita Iva diversa da quella indicata nell’originaria fattura, ormai chiusa, l’Agenzia evidenzia che la precedente prassi aveva negato tale diritto (interpelli n. 84/2018 e n. 176/2019) ma si trattava di persone giuridiche estinte, quindi cancellate dal registro delle imprese.
Nel caso in esame, la circostanza che il professionista/committente ha chiuso la propria partita Iva nel mese di dicembre 2019 per poi riaprirla a distanza di un anno per esercitare la stessa attività e che, persona fisica, non si sia “estinto”, come accade per le persone giuridiche ma al contrario abbia continuato a esercitare la propria attività, anche se con una nuova partita Iva, consente di riconoscere una continuità soggettiva e, quindi, di attribuire, da un punto di vista sostanziale, al professionista lo status di “committente originario”, anche se fiscalmente è ora individuato da una partita Iva formalmente diversa da quella utilizzata nell’operazione originaria. D’altronde, spiega l’Agenzia, una persona fisica, per sua natura, nonostante l’attribuzione di una diversa partita Iva, mantiene sempre lo stesso codice fiscale che costituisce, per la fatturazione dell’Iva di rivalsa, l’elemento di continuità con il passato.
Di conseguenza, l’Agenzia ritiene che l’istante potrà chiedere la riapertura della partita Iva ed emettere le note di variazione in aumento (articolo 26, comma 1, del decreto Iva) per esercitare la rivalsa dell’imposta versata in sede di adesione, intestando il documento alla nuova partita Iva del committente, avendo cura di indicare anche il suo codice fiscale, i riferimenti della fattura originaria e gli estremi identificativi dell’avviso di accertamento.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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