Il termine decadenziale biennale, stabilito per il recupero dei crediti d’imposta provenienti dalle eccedenze dei versamenti in acconto delle accise sul gas naturale e sull’energia elettrica (ex articolo 14, commi 2 e 3, Dlgs n. 504/1995), non trova applicazione se i crediti in argomento vengono “riproposti” nella dichiarazione annuale.
Con una informativa dello scorso 17 agosto della direzione Accise, l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli si allinea all’orientamento giurisprudenziale della Cassazione.
Sul tema, infatti, la Corte suprema, ha consolidato, negli ultimi anni, un indirizzo interpretativo secondo il quale, alla chiusura di ciascun periodo d’imposta, si determina un nuovo saldo creditorio, che va a costituire un nuovo credito rispetto a quelli precedentemente maturati e che si protrae fino all’esaurimento dello stesso o fino alla definizione del rapporto tributario.
Per aderire a tali indicazioni, l’Adm scardina la rigidità del suddetto termine quando:
– il rapporto tributario è in corso
– il credito è riportato nelle successive dichiarazioni regolarmente presentate
– il credito viene detratto dai successivi versamenti di acconto.
Nella stessa informativa, l’Adm rileva, quindi, che l’utilizzo del credito in detrazione dai successivi versamenti in acconto costituisce la via prioritaria e che il rimborso, vale a dire la monetizzazione delle eccedenze, può avvenire solo quando l’operatore cessa l’attività e il rapporto tributario si esaurisce. O, ancora, quando il venditore cessa la propria attività di fornitura al consumo nel territorio di uno degli autonomi ambiti territoriali individuati all’articolo 2, comma 2, della determinazione direttoriale del 23 luglio 2021. Tale situazione, infatti, comporta di fatto l’impossibilità di
recuperare pro quota il credito maturato mediante detrazione delle eccedenze dalle rate successive.
In sostanza, il termine decadenziale di due anni scatta esclusivamente in caso di richiesta di rimborso in denaro delle accise in acconto versate in eccesso.
fonte fiscooggi.it