L’economia Usa nel secondo trimestre si è contratta a un ritmo più moderato di quanto si pensasse inizialmente, ma gli Stati Uniti sono di fatto in recessione tecnica. Tuttavia, sebbene i due cali trimestrali consecutivi del Pil soddisfino la definizione standard di recessione tecnica, i segnali in arrivo dall’attività economica suggeriscono un lento ritmo di espansione piuttosto che una recessione.
Il prodotto interno lordo, secondo i dati diffusi dal Dipartimento del Commercio nella sua seconda stima, si è ridotto a un tasso annualizzato dello 0,6% lo scorso trimestre. Si tratta di una revisione al rialzo rispetto al calo dello 0,9% stimato in precedenza e il dato è comunque migliore delle attese degli economisti che si aspettavano un calo dello 0,8%. Il dato Pce sull’inflazione è rimasto stabile al 7,1% rispetto alla prima lettura, mentre il dato ‘core’ è sceso al 4,4%.
Il National Bureau of Economic Research, l’arbitro ufficiale delle recessioni negli Stati Uniti, definisce una recessione come “un calo significativo dell’attività economica diffuso in tutta l’economia, che dura più di qualche mese, normalmente visibile nella produzione, nell’occupazione, nel reddito reale e in altri indicatori”.
Ma sia le vendite al dettaglio che la produzione industriale hanno mostrato segnali di forza. Tuttavia, l’aumento aggressivo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve per contenere l’inflazione, sta facendo peggiorare la fiducia delle imprese e dei consumatori, e alimenta il rischio di recessione.
Ecco perché si guarda con attenzione all’inizio, oggi, del simposio dei banchieri centrali di Jackson Hole e, in particolare, all’intervento del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, in programma domani.
Il numero uno della Fed potrebbe chiarire meglio se la banca centrale americana sia in grado o meno di combattere l’inflazione senza innescare una recessione vera e propria. Sebbene i settori sensibili ai tassi d’interesse, come l’edilizia e la tecnologia, stiano licenziando lavoratori, i tagli di posti di lavoro su larga scala non si sono ancora materializzati.
E anche i dati in arrivo dal Dipartimento del Lavoro segnalano che le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione settimanali sono scese di 2.000 unità, raggiungendo quota 243.000 nella settimana conclusasi il 20 agosto.
Il numero di persone che ricevono sussidi dopo una prima settimana di aiuti è sceso di 19.000 unità a 1,415 milioni nella settimana conclusasi il 13 agosto. Il tasso di disoccupazione è sceso al minimo pre-pandemico del 3,5% a luglio, dal 3,6% di giugno. E alla fine di giugno c’erano 10,7 milioni di posti di lavoro vacanti.
fonte agi.it