Per verificare se una somministrazione di alimenti e bevande ai dipendenti sia riconducibile o meno alla categoria dei servizi sostitutivi di mensa aziendale o della mensa diffusa, occorre aver riguardo non solo alle modalità attraverso le quali la prestazione viene resa ma anche alla presenza di eventuali convenzioni tra i partecipanti al contratto di somministrazione di alimenti e bevande.
Questo il chiarimento dell’Agenzia fornito con la risposta n. 430 del 22 agosto 2022.
Una Srl con cinque dipendenti intende attivare un servizio sostitutivo di mensa aziendale a favore dei propri collaboratori, sottoscrivendo contratti di appalto con strutture quali ristoranti, supermercati ed esercizi pubblici di commercio al dettaglio di generi alimentari, che forniranno esclusivamente pasti o generi alimentari pronti al consumo. La Srl ha intenzione di gestire questo servizio tramite un determinato circuito, che comporta la sottoscrizione o di un mandato senza rappresentanza, mediante il quale la srl incarica un circuito di eseguire, in nome proprio ma per conto del contribuente, i pagamenti dei pasti somministrati dai ristoranti convenzionati ai dipendenti, tracciati mediante un’app, oppure tramite apposite convenzioni con le singole strutture, aderenti al circuito.
Quanto a quest’ultima modalità, la Srl e il singolo ristorante vorrebbero disciplinare la gestione del servizio mensa sostitutivo, con l’esercente che si impegna a somministrare i pasti ai dipendenti della srl nei normali orari di apertura dell’esercizio, utilizzando l’app ed il circuito.
I ristoranti accettano che i pagamenti dei pasti siano effettuati dal circuito, in nome proprio e per conto della srl, nonchè di somministrare i pasti ai dipendenti di quest’ultima previa esibizione da parte loro dell’app, mediante la quale verrà registrato il costo del pasto. La società, da parte sua, si impegna ad assegnare ai propri dipendenti una somma disponibile sull’app che potrà essere utilizzata per pagare i pasti somministrati dal ristorante.
I ristoranti sono, a loro volta, legati al circuito da convenzioni a fronte delle quali quest’ultimo, per tutte le transazioni tracciate mediante l’app, relative alla somministrazione dei pasti effettuate dal ristorante alle aziende convenzionate, eseguirà i relativi pagamenti a favore del ristorante.
In particolare, il circuito, nella sua qualità di mandatario di azienda, effettuerà i pagamenti in favore del ristorante, pari al valore dei pasti somministrati ai dipendenti dell’azienda e registrati mediante la relativa app. I ristoranti pagano al circuito una fee. Da parte sua, quest’ultimo, si impegna anche ad emettere fattura in nome e per conto del ristorante in favore delle aziende convenzionate.
La Srl chiede, quindi, di conoscere l’aliquota Iva da applicare al servizio sostitutivo di mensa aziendale fornito dai ristoranti ai suoi dipendenti, in base alla tipologia contrattuale da ultimo descritta.
L’Agenzia premette che la società stessa afferma di voler offrire ai suoi dipendenti un servizio sostitutivo di mensa aziendale.
Nel sito internet del circuito, quest’ultimo informa di mettere a disposizione un’app e una piattaforma web, sulla quale l’azienda acquista un credito, che il singolo lavoratore può spendere in bar e ristoranti convenzionati. Alla fine del pasto, il lavoratore paga direttamente dal proprio smartphone. La fatturazione è automatica ed immediata, gestita totalmente dal circuito, per cui non serve chiedere fattura o raccogliere scontrini. Il meccanismo attraverso il quale funziona – spiega il circuito – è quello della mensa diffusa, per cui il ristorante o il bar forniscono all’azienda un servizio sostitutivo alla mensa interna, quindi con un’Iva agevolata al 4 per cento.
A parere dell’Agenzia, tuttavia, nel caso in esame, non ricorrono i presupposti per classificare il servizio né nella categoria del servizio sostitutivo di mensa aziendale né in quello della mensa diffusa, in quanto non se ne ravvisano i relativi presupposti.
Infatti, per verificare se una somministrazione di alimenti e bevande ai dipendenti sia riconducibile alla categoria dei servizi sostitutivi di mensa aziendale piuttosto che alle altre tipologie in cui può essere resa (ad esempio, ticket restaurant o mensa diffusa), spiega la prassi, occorre aver riguardo non solo alle modalità attraverso le quali la prestazione viene resa, ma anche alla presenza di eventuali convenzioni tra i partecipanti al contratto di somministrazione di alimenti e bevande.
Ebbene, nel caso di specie, caratterizzato dalla presenza di due convenzioni sottoscritte dall’istante (una con il circuito e l’altra con i singoli ristoranti), non sono ravvisabili le altre peculiari modalità che caratterizzano il servizio sostitutivo di mensa aziendale e quello di mensa diffusa.
Il circuito non eroga, infatti, alcun servizio sostitutivo di mensa aziendale nei termini chiariti dalla prassi (cfr. circolare n. 326/1997), limitandosi a pagare il ristoratore per conto del datore di lavoro con il credito che quest’ultimo gli ha previamente messo a disposizione.
Non si riscontano nemmeno le altre caratteristiche tipiche della mensa diffusa, spiegate, in particolare, dalla risoluzione n. 65/2005. Infatti, con riferimento ad una card elettronica (di cui l’app potrebbe essere considerata un’evoluzione), oltre alla condizione di una preventiva convenzione con il datore di lavoro, sono evidenziate ulteriori condizioni, tra cui la presenza – nella convenzione -di clausole finalizzate ad evitare un impiego improprio o fraudolento dell’app, come il suo utilizzo da parte del dipendente limitatamente a una sola prestazione giornaliera, nei giorni di effettiva presenza in servizio e nell’orario stabilito per la pausa pranzo.
Tali clausole sono del tutto assenti sia nella convenzione tra la srl ed il singolo ristoratore, sia in quella tra la srl ed il circuito.
La prassi di riferimento precisa, inoltre, che “le card, operando in tempo reale, non rappresentano titoli di credito, ma consentono unicamente di individuare il dipendente che quel giorno ha diritto a ricevere la somministrazione del pasto”. Quindi, “nei confronti del dipendente la carta assume la funzione di rappresentare esclusivamente il pasto cui il soggetto interessato ha diritto (nei termini concordati tra datore di lavoro e XZ) e non il corrispondente valore monetario utilizzabile eventualmente per l’acquisto di beni diversi presso l’esercizio convenzionato“.
Nel caso in esame, invece, l’app incorpora un credito, utilizzato dal dipendente per pagare la “consumazione” presso il ristorante convenzionato, nel giorno e ora, preferiti, nei limiti ovviamente del credito precostituito dal datore di lavoro.
In tutto ciò, l’intervento del circuito è limitato al pagamento che esegue in nome proprio ma per conto della srl, cui è intestata la fattura del ristoratore, emessa materialmente dal circuito.
In sostanza, l’app del circuito funge da strumento di pagamento e non dà, come peraltro espressamente dichiarato dalla srl, alcun diritto autonomo ad ottenere la somministrazione di alimenti o bevande.
In definitiva, conclude l’Agenzia, non potendo ricondurre l’operazione nell’ambito delle discipline della mensa diffusa e dei servizi sostitutivi di mensa aziendale, non sussistono i presupposti per l’applicazione dell’aliquota Iva agevolata al 4% prevista dal n. 37) della Tabella A, parte II Dpr n. 633/1972, bensì quelli per l’applicazione dell’aliquota Iva del 10% di cui al n. 121) della Parte III della medesima Tabella.
I ristoranti, quindi, fattureranno alla Srl le consumazioni dei dipendenti con Iva al 10 per cento.
fonte fiscooggi.it