La Ctp di Napoli, con la sentenza n. 7147 del 5 luglio 2022, ha chiarito che, in caso di accoglimento parziale del ricorso, esperito dopo il mancato accoglimento dell’istanza di accertamento con adesione, sanzioni e interessi devono essere calcolati e riscossi sulla base di quanto deliberato con la sentenza. Quindi, se l’accordo in sede di accertamento con adesione non risulta raggiunto e il ricorrente impugna l’atto impositivo, perde inderogabilmente il diritto alla riduzione delle sanzioni.
Al centro della controversia vi era un’intimazione di pagamento, notificata da un ufficio napoletano dell’Agenzia delle entrate, relativa all’Ires per un determinato anno d’imposta, a una società.
La compagine impugnava l’atto avanti alla Ctp di Napoli, sostenendo l’illegittimità delle sanzioni e degli interessi applicati, avendo la ricorrente presentato, avverso l’originario avviso di accertamento, una tempestiva istanza di accertamento con adesione (articolo 2, comma 2, Dl n. 119/2018)
Detto procedimento amministrativo, infatti, non si era concluso positivamente, per non avere accolto l’Agenzia i rilievi sollevati dalla ricorrente, costringendola, a suo dire, a impugnare l’atto con ricorso al giudice tributario, che lo aveva accolto parzialmente, con sentenza emessa dalla Ctr Campania, divenuta definitiva. A parere della contribuente, pertanto, le sanzioni e gli interessi sarebbero stati ingiustamente calcolati, non avendo ella potuto definire stragiudizialmente la controversia per causa a sé non imputabile.
La decisione
Secondo il primo Collegio napoletano, il ricorso è infondato.
La Ctp, in sostanza, si domanda se, a seguito di istanza di accertamento con adesione avanzata dal contribuente, nel caso in cui l’accordo con l’Agenzia non si perfezioni e il contribuente decida di agire giudizialmente, nell’ipotesi in cui il giudizio si concluda con una sentenza di parziale accoglimento, siano dovute anche le sanzioni e gli interessi nella misura originaria, ovvero nella misura ridotta di cui all’accertamento con adesione.
La risposta – osservano i giudici – deriva dalla considerazione che l’istituto dell’accertamento con adesione ha una chiara finalità deflattiva del contenzioso tributario, consentendo al contribuente che vi faccia ricorso di pagare il tributo con sanzioni ridotte, a fronte della rinuncia alla tutela giurisdizionale.
Per tali motivi, se l’accordo in sede di accertamento con adesione non risulta raggiunto e il ricorrente impugna l’atto impositivo davanti alla Commissione tributaria, questi perde il diritto alla riduzione delle sanzioni, non essendosi perfezionata la fattispecie giuridica, che consente al ricorrente di usufruire della riduzione. D’altra parte, ove le ragioni del ricorrente si rivelassero fondate, spiega il Collegio, il ricorso si concluderebbe con l’accoglimento integrale del ricorso e l’atto impugnato verrebbe annullato dal giudice tributario, con l’ovvia conseguenza che nulla sarebbe più dovuto né a titolo di imposta né a titolo di sanzioni o interessi. Ove, invece, il procedimento giurisdizionale si concludesse con il rigetto integrale del ricorso, nessun dubbio può essere avanzato sulla debenza delle sanzioni e degli interessi, così come originariamente applicati, risultando l’avviso di accertamento impugnato legittimamente emesso.
L’accoglimento parziale del ricorso
La situazione – rileva la Ctp di Napoli – si complica solo apparentemente in caso di accoglimento parziale del ricorso, dovendosi in tal caso scindere le due decisioni. In tali ipotesi, infatti, vi è una parte dell’avviso di accertamento che viene annullato e/o riformato in sede giurisdizionale e una parte che viene, invece, confermata.
Ebbene, con riferimento alla parte annullata o riformata – spiega il Collegio – le sanzioni e gli interessi verranno travolti dalla decisione di annullamento ovvero dovranno essere rideterminati, come logica conseguenza della rideterminazione del quantum dovuto, da parte della Commissione tributaria. Con riferimento al tributo confermato, per essere state ritenute infondate le ragioni addotte dal ricorrente, le sanzioni e gli interessi andranno, invece, regolarmente calcolati.
Né può affermarsi che, in tal modo, il contribuente, costretto ad agire in giudizio per il riconoscimento delle proprie ragioni, deve essere messo in condizioni di usufruire del beneficio della riduzione delle sanzioni di cui all’accertamento con adesione: le ragioni del ricorrente sono state, infatti, ritenute infondate in parte qua e, pertanto, avendo il contribuente scelto la strada giurisdizionale, dovrà pagare non solo il tributo, ma anche le sanzioni e gli interessi.
Il caso: la riscossione frazionata
Nel caso deciso dal Collegio napoletano, in particolare, l’esito del giudizio ha visto il ricorrente soccombente per uno solo dei rilievi che aveva eccepito in sede giurisdizionale.
Ebbene, secondo la Ctp, l’Agenzia ha provveduto correttamente a rettificare l’intimazione di pagamento impugnata, che originariamente era stata emessa anche per gli importi dovuti a titolo di imposta annullata in sede giurisdizionale, calcolando esclusivamente gli importi dovuti in forza della sentenza della Ctr definitiva e rideterminando le sanzioni e gli interessi in relazione alla sola parte per la quale l’atto originariamente impugnato era stato confermato.
L’intimazione di pagamento risulta, pertanto, legittima sia con riferimento al tributo che alle sanzioni e agli interessi, trattandosi di un tributo dovuto in forza dell’avviso di accertamento originario, confermato in parte qua in sede giurisdizionale.
In questo senso, infatti, depone il disposto dell’articolo 68 del Dlgs n. 546/1992, secondo il quale gli atti impositivi, per i quali è pendente il giudizio dinanzi alle Commissioni tributarie, sono oggetto, nei casi previsti, di una riscossione frazionata del quantum in essi definito, anche in deroga alle prescrizioni delle singole leggi di imposta.
Il tributo, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato:
- per i due terzi, dopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso
- per l’ammontare risultante dalla sentenza della Commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso
- per il residuo ammontare determinato nella sentenza della Commissione tributaria regionale
- per l’ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado dopo la sentenza della Corte di cassazione di annullamento con rinvio, e per l’intero importo indicato nell’atto in caso di mancata riassunzione.
Infine, conclude la Ctp, le disposizioni sulla riscossione in pendenza di giudizio, di cui al richiamato articolo 68, sono applicabili anche alla riscossione delle sanzioni e nessun vulnus al diritto alla tutela giurisdizionale costituzionalmente garantito è rinvenibile: invero, al contribuente viene data la facoltà di scelta tra l’impugnazione in sede giurisdizionale, il cui esito è però incerto, e l’accertamento con adesione, che gli consente di usufruire della riduzione delle sanzioni.
Pertanto, in caso di accoglimento parziale del ricorso, l’amministrazione finanziaria dovrà annullare il tributo che è stato oggetto di accoglimento in sede giurisdizionale (e di conseguenza anche gli interessi e le sanzioni originariamente calcolate su quel tributo) ed emettere un avviso di intimazione avente a oggetto le somme accertate, come dovute in sede giurisdizionale, alle quali andranno applicate sanzioni e interessi, essendo stato sul punto il ricorso rigettato, come legittimamente avvenuto nel caso concreto.
fonte fiscooggi.it