L’esenzione Iva in tema di trasporto marittimo e fluviale (oggi imponibili con aliquota del 5%) non può includere il trasporto di passeggeri per brevi crociere a bordo di motonavi, nelle quali il trasporto di persone non rileva in sé e per sé, ma è il mezzo per assicurare il raggiungimento della finalità principale, di tipo turistico-ricreativa. A queste conclusioni è giunta la sentenza n. 19792 del 20 giugno 2022, che conferma la correttezza di alcune recenti indicazioni di prassi.
L’esenzione Iva per le prestazioni di trasporto
Nel periodo 30 settembre 1997 – 31 dicembre 2006, l’articolo 10 del Dpr n. 633/1972 esentava, al n. 14), le “prestazioni di trasporto urbano di persone effettuate mediante veicoli da piazza o altri mezzi di trasporto abilitati ad eseguire servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare”, precisando – e tale precisazione è rimasta invariata – che “si considerano urbani i trasporti effettuati nel territorio di un comune o tra comuni non distanti tra loro oltre cinquanta chilometri”. Invece, le “prestazioni di trasporto di persone e dei rispettivi bagagli al seguito”, erano incluse (al n. 127-nonies) tra quelle che sono soggette all’aliquota del 10% (tabella A, parte III, allegata al Dpr).
La legge di bilancio 2017 (legge n. 232/2016) ha riformulato il n. 14), che ha ristretto il suo ambito alle “prestazioni di trasporto urbano di persone effettuate mediante veicoli da piazza”, intendendosi per tali quelli adibiti al servizio taxi, quali gondole o motoscafi (così la risposta a interpello n. 225/2019, che cita tra le altre la risoluzione ministeriale n. 650613/1988, relativa ai natanti nell’ambito del comune di Venezia).
Le prestazioni “via acqua”, ora divenute imponibili, sono state incluse dalla legge 232/2016 nella parte II-bis (operazioni con aliquota del 5%) della tabella A: al nuovo n. 1-ter, infatti, compaiono le “prestazioni di trasporto urbano di persone effettuate mediante mezzi di trasporto abilitati ad eseguire servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare”. Sono soggette all’aliquota del 10% le prestazioni di trasporto di persone e bagagli che non siano né esenti, né soggette all’aliquota del 5 per cento.
Se questa è la disciplina attuale, il tema affrontato dalla sentenza in commento, e anche da alcune risoluzioni dell’Agenzia delle entrate di cui si dirà nel prosieguo, è relativo più specificamente al rapporto che intercorre tra il trasporto, in sé considerato, e la finalità turistico-ricreativa.
I fatti di causa e la decisione della Cassazione
Come si apprende dal “fatto”, l’Agenzia aveva emesso avvisi di accertamento per gli anni 2003, 2004 e 2005 (anni nei quali, come visto, vigeva il regime di esenzione anche per il trasporto “via acqua”) nei confronti di una ditta individuale esercente l’attività di trasporto marittimo e costiero. In particolare, quanto all’Iva, si contestava al contribuente di aver indebitamente trattato come esenti le proprie attività, che non rispondevano al trasporto marittimo di passeggeri, ma costituivano delle minicrociere.
Accogliendo l’appello dell’Agenzia, la Ctr Sicilia aveva escluso l’applicabilità dell’esenzione, che riguarda – appunto – il trasporto, ma non le “gite in barca”.
Dopo aver rigettato due motivi di ricorso meno “interessanti” ai fini del presente commento, l’uno relativo al vizio di contraddittorio e l’altro alla violazione dell’articolo 115 cpc (ma in realtà, teso alla rivalutazione del merito), la Corte ha confermato la sentenza di appello.
Richiamata la sentenza n. 419/2020, commentata anche in questa rivista (cfr articolo Niente esenzione Iva se il bus è più “turistico” che di linea), concernente l’organizzazione di gite turistiche con l’ausilio di bus, la Corte ha ritenuto di dover valutare la complessiva attività svolta dal contribuente, lo scopo e l’interesse economico sottostante al contratto stipulato (si potrebbe dire: la “causa in concreto” del trasporto).
La Cassazione afferma in primis la necessità di interpretare l’esenzione in maniera strettamente letterale e, a tal fine, ricorda che l’articolo 1678 del codice civile definisce il contratto di trasporto come quel contratto con cui “il vettore si obbliga, verso corrispettivo, a trasferire persone o cose da un luogo a un altro”.
Richiama poi le sentenze della Corte di giustizia che, occupandosi della nozione di “accessorietà”, hanno precisato che si è al cospetto di un’unica prestazione, con conseguente “prevalenza” del trattamento previsto per la prestazione principale, quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo al cliente sono a tal punto strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile, la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale. Una prestazione è accessoria a una principale quando costituisce per la clientela non già un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore. Ad esempio, tale nesso non sussiste, per la Cassazione n. 40725/2021, tra le attività “proprie” dei servizi di pompe funebri (esente, articolo 10, n. 27) e quella di allestimento delle epigrafi sulle lapidi e di fornitura dei “ricordini dei defunti”, pertanto soggette ad Iva con aliquota ordinaria.
La Corte, quindi, ha ritenuto immune da vizi la sentenza di appello, che ha assegnato prevalenza alla finalità turistico-ricreativa del servizio prestato, rispetto alla quale il trasporto è il mezzo per assicurare il perseguimento della finalità che il cliente, mediante la stipula del contratto, intendeva perseguire. Si potrebbe insomma affermare che, nel caso di specie, il trasporto non è la prestazione principale, ma, a ben vedere, quella accessoria.
Un ulteriore precedente e la prassi dell’Agenzia
La sentenza si pone in continuità con un precedente della Cassazione penale, sentenza n. 46715/2018, con il quale è stato confermato un decreto di sequestro preventivo, per il reato di omessa dichiarazione, nei confronti del legale rappresentante di una società che organizzava gite in motonave comprensive di servizi quali animazione a bordo, somministrazione di alimenti e bevande, fornitura dei biglietti delle strutture da visitare e guida turistica. In tal caso, affermava la Corte, “la prestazione non costituisce più un mero servizio di trasporto, atteso che soltanto in tale ambito si risolve la ratio dell’esenzione, ma dà luogo ad una fattispecie complessa nella quale il trasferimento del cliente nei luoghi previsti nel programma è solo strumentale all’offerta di servizi con finalità turistico-ricreativa”.
La sentenza in commento adotta il criterio (l’accessorietà) che l’Agenzia delle entrate ha impiegato, in alcune recenti risposte a interpello, per (rispettivamente) negare e confermare l’applicazione dell’aliquota Iva richiesta dai contribuenti istanti.
La risposta n. 225/2019 riguarda una società, che, nell’istanza di interpello, aveva manifestato l’intenzione di ampliare la propria gamma di servizi, offrendo collegamenti giornalieri con somministrazione di bevande e descrizione dei luoghi oggetto di vista, mini-crociere senza attracco con descrizione dei luoghi, organizzazione di eventi con trasporto incluso nel biglietto unico, crociere con aperitivi. Richiamate le modifiche normative di cui si è dato atto in premessa, l’Agenzia ha escluso che tra le prestazioni possa esservi un nesso di accessorietà, intesa come inscindibilità, con il servizio di trasporto, e ha concluso per l’applicazione dell’aliquota ordinaria.
Diversamente, nella risposta n. 530/2021, resa a fronte di interpello di una società che intendeva limitarsi a fornire un servizio di audioguida plurilingue attivabile con QR code, a bordo di battelli privi di toilette, Tv e angolo bar e, quindi, adatti al mero trasporto, l’Agenzia ha confermato l’imponibilità del servizio con aliquota del 5 per cento. La prestazione può continuare a qualificarsi di “trasporto urbano” perché il servizio audioguida è attivabile facoltativamente, previa installazione di un’app, e non si prevede un’integrazione del prezzo per la sua fruizione.
Sempre sul tema, si vedano anche le indicazioni generali fornite dalla risoluzione n. 8/2021.
fonte fiscooggi.it