L’integrale pagamento del debito tributario, effettuato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, ha la finalità di ridurre il disvalore penale della condotta, anche se non ne esclude la punibilità. La preclusione al patteggiamento, per mancata estinzione del debito tributario prima dell’apertura del dibattimento, si riferisce anche al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti secondo quanto chiarito dalla suprema Corte di cassazione con la sentenza 25656 depositata il 5 luglio 2022.
La vicenda processuale
La vicenda processuale in esame trae origine dal ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Perugia avverso la sentenza ex articolo 444 codice di procedura penale del 26 maggio 2021, con la quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia aveva accettato il patteggiamento in relazione al reato di emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.
La normativa di riferimento
L’articolo 13-bis del Dlgs n. 74/2000 prevede che le pene per i delitti tributari possano essere diminuite fino alla metà, oltre all’inapplicabilità delle pene accessorie, nel caso in cui i debiti tributari siano stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
Per debito tributario si intende sia imposte che sanzioni ed interessi, che può essere stato pagato anche a seguito di accertamento con adesione, conciliazione o ravvedimento operoso.
Nel caso di reati di omesso versamento l’estinzione della pretesa erariale ne determina invece la non punibilità, come previsto dall’articolo 13 del Dlgs n. 74/2000, con la conseguente ovvia impossibilità di procedere al patteggiamento.
La pronuncia della Corte
La suprema Corte di cassazione – Terza sezione penale – con la sentenza in esame ha chiarito che per il patteggiamento, in caso di reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, è richiesto l’integrale pagamento del debito tributario, effettuato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
Nella sentenza viene citata la giurisprudenza della Corte europea, la quale ha evidenziato che gli Stati membri possono ritenere le fatture per operazioni inesistenti come un tentativo di frode fiscale, costituendo sempre una condotta penalmente rilevante.
I giudici hanno sottolineato che per la non punibilità della condotta relativa all’emissione della fattura per operazioni inesistenti non è sufficiente né che la stessa non sia stata utilizzata dal destinatario né che venga emessa una nota credito, in quanto non è prevista la procedura di variazione (di cui all’articolo 26 del Dpr n. 633/1972) se l’operazione oggetto di fatturazione non è vera e reale.
Infatti, viene evidenziato che l’articolo 21, comma 7, del Dpr n. 633/1972 incide direttamente sul soggetto emittente la fattura, il quale è debitore dell’imposta sulla base dell’applicazione del principio di cartolarità, ed incide indirettamente anche sul destinatario della medesima fattura, il quale non può esercitare il diritto alla detrazione o alla variazione dell’imposta essendo carente del presupposto essenziale, ovvero l’esistenza dell’operazione alla base della fatturazione.
In conclusione, poiché l’emissione delle fatture per operazioni inesistenti genera l’obbligo del pagamento dell’imposta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura, secondo la sentenza della Cassazione vi è la preclusione al patteggiamento, per mancata estinzione del debito tributario prima dell’apertura del dibattimento, anche in relazione al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
fonte fiscooggi.it