Con la risposta n. 397 del 1° agosto 2022, l’Agenzia delle entrate chiarisce che i redditi realizzati in virtù della cessione di valute virtuali, detenute in un cold storage wallet localizzato nel Regno Unito e in un conto giacente su una piattaforma gestita da una società di diritto statunitense, sono qualificabili come redditi diversi prodotti all’estero, e, in linea di principio, gli stessi possono essere ricompresi nell’ambito applicativo dell’imposta sostitutiva sui redditi esteri.
L’istante, nell’anno 2020, ha trasferito la propria residenza dalla Gran Bretagna all’Italia, e, alla data del trasferimento, era titolare di un portafoglio di valute virtuali, in parte depositate sulla piattaforma exchange Coinbase, gestita da una società di diritto statunitense, ed in parte depositate in un cold storage wallet, localizzato nel Regno Unito.
Nel 2021, detto soggetto ha ceduto parte del proprio portafoglio di valute virtuali.
Ciò posto, l’istante sta valutando la possibilità di aderire al regime di imposizione sostitutiva per i nuovi residenti di cui all’articolo 24-bis Tuir (regime dei soggetti neo residenti): pertanto, domanda se le plusvalenze generate da una persona fisica residente, in sede di cessione di valute virtuali, nel caso in cui il wallet sia detenuto presso una piattaforma exchange online, gestita da un intermediario non residente, costituisca un reddito di fonte estera, ai sensi dell’articolo 165 Tuir e, dunque, rientri fra i redditi di fonte estera soggetti a tassazione sostitutiva per i soggetti che optino per l’applicazione del regime dei “neo residenti”.
L’Agenzia premette che l’articolo 24-bis Tuir, introdotto dalla legge di bilancio 2017, stabilisce, in deroga al principio della “tassazione mondiale”, che le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia possano optare per l’assoggettamento ad imposta sostitutiva dei redditi prodotti all’estero, individuati secondo i criteri di cui all’articolo 165, comma 2, del citato Tuir, sempreché non siano state residenti in Italia, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del Tuir, in almeno nove dei dieci periodi d’imposta che precedono l’inizio del periodo di validità dell’opzione.
Ai sensi del comma 2 del citato articolo 24-bis Tuir, per i redditi di fonte estera, è dovuto il versamento dell’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi delle persone fisiche calcolata in via forfettaria nella misura di euro centomila, per ciascun periodo di imposta di validità dell’opzione. Tale pagamento deve essere effettuato entro la data di scadenza del pagamento del saldo delle imposte sui redditi, pena la decadenza dal regime.
L’articolo 24-bis, comma 1 Tuir stabilisce, come premesso, che, ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva, i redditi prodotti all’estero devono essere individuati secondo i criteri di cui all’articolo 165 dello stesso Testo Unico, che dispone che “i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato”. Per quanto riguarda i redditi diversi, l’articolo 23 Tuir prevede che si considerano prodotti nel territorio dello Stato quelli “derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti”, con esclusione di talune fattispecie espressamente individuate dal legislatore (cfr. anche circolare Mef n. 207/1999).
Ciò posto, prosegue l’Agenzia, i redditi diversi realizzati dai soggetti neo residenti, per effetto della cessione di attività finanziarie detenute nel territorio dello Stato, sono imponibili in Italia: pertanto, affinché le plusvalenze derivanti dalla cessione o dal prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti da parte di neo residenti rientrino nell’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 24-bis Tuir, è necessario che tali attività non siano detenute in un conto di deposito presso un intermediario italiano (cfr. risoluzione n. 12/2021).
L’articolo 1, comma 153, legge di bilancio 2017 stabilisce, poi, che l’esercizio dell’opzione per il regime agevolativo in esame produce l’ulteriore effetto di esonerare il contribuente dall’obbligo di monitoraggio fiscale in relazione alle attività e gli investimenti esteri, i cui redditi rientrano nell’ambito applicativo dell’imposta sostitutiva in esame, e dal pagamento dell’Ivafe (cfr. circolare n. 17/2017).
Con riferimento alle criptovalute, l’Agenzia ha già chiarito che, ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche che detengono valute virtuali al di fuori dell’attività d’impresa, alle operazioni in valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali (cfr. risposta n. 788/2021).
Pertanto, le cessioni a termine di valute virtuali rilevano sempre fiscalmente, mentre le cessioni a pronti generalmente non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa, salva l’ipotesi in cui la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 67, comma 1, lettera c-ter), e comma 1-ter Tuir. Agli effetti di quest’ultima disposizione, il prelievo dai wallet è equiparato ad una cessione a titolo oneroso. Detta giacenza media va verificata rispetto all’insieme dei wallet detenuti dal contribuente, indipendentemente dalla tipologia dei wallet (paper, hardware, desktop, mobile, web). Le relative plusvalenze realizzate, se percepite da una persona fisica al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, sono soggette ad imposta sostitutiva ai sensi dell’articolo 5 Dlgs n. 461/1997, attualmente prevista nella misura del 26%.
Con riferimento agli obblighi di monitoraggio fiscale, nella citata risposta ad interpello, è stato evidenziato che l’articolo 4 Dlgs n. 167/1990 prevede che le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi ed il medesimo obbligo sussiste anche per le attività finanziarie estere detenute in Italia al di fuori del circuito degli intermediari residenti (cfr. circolare n. 38/2013).
Pertanto, con riferimento alla detenzione di valute virtuali da parte dei predetti soggetti, si ritiene che tale obbligo sussista in quanto le stesse costituiscono attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia.
In definitiva, tenuto conto che, nel caso di specie, l’istante dichiara di aver personalmente detenuto le valute virtuali oggetto di cessione nel cold storage wallet “localizzato nel Regno Unito” ed in un conto ad esso intestato sulla piattaforma exchange Coinbase, gestita dall’intermediario non residente Coinbase Inc., società di diritto statunitense, l’Agenzia ritiene che i redditi realizzati dall’istante in virtù della cessione di tali valute virtuali, durante il periodo in cui era già fiscalmente residente in Italia, siano qualificabili come redditi diversi prodotti all’estero, e che, in linea di principio, gli stessi possano essere ricompresi nell’ambito applicativo dell’imposta sostitutiva sui redditi esteri ai sensi dell’articolo 24-bis Tuir.
fonte fiscooggi.it