L’imminente scadenza del termine decadenziale per l’esercizio del potere di accertamento giustifica la mancata osservanza del termine dilatorio, allorquando l’ufficio provi che tale situazione sia dipesa da condotte dolose o pretestuose o volutamente dilatorie del contribuente sottoposto a verifica.
Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza 16948 del 25 maggio 2022, con cui ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
La vicenda processuale e la pronuncia della Cassazione
La vicenda riguarda un avviso di accertamento emesso, ai fini Ires, Irap e Iva, il 12 dicembre 2014. Nei gradi di merito l’atto veniva annullato per violazione del termine di 60 giorni (articolo 12, comma 7, legge 212/2000). In particolare, secondo la Ctr, l’Agenzia delle entrate non aveva rispettato il predetto termine dilatorio, non ritenendo giustificabili i motivi di urgenza addotti dall’ufficio.
Con il proprio ricorso in Cassazione, l’Agenzia delle entrate denunciava la violazione e falsa applicazione del richiamato comma 7 dell’articolo 12, per non aver la Ctr riconosciuto la rilevanza, ai fini della deroga della disciplina sul termine per l’emissione dell’avviso di accertamento preceduto da pvc, degli elementi forniti dall’ufficio.
La Cassazione ha accolto il ricorso.
Secondo i giudici di legittimità, l’imminente scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento giustifica la mancata osservanza del termine dilatorio, allorquando l’ufficio provi che tale situazione sia dipesa da condotte dolose o pretestuose o volutamente dilatorie del contribuente sottoposto a verifica (cfr Cassazione nn. 25759/2014 e 1228/2018).
In altri termini, la scadenza del termine di decadenza dell’azione accertativa non rappresenta da sé sola una ragione di urgenza tutelabile ai fini dell’inosservanza del termine dilatorio; tuttavia, ben può l’amministrazione offrire, quale giustificazione dell’urgenza, la prova che l’esercizio nell’imminenza della scadenza del termine sia dipeso da fattori imputabili al contribuente che hanno inciso sull’attività accertativa fino al punto da rendere comunque necessaria l’attivazione dell’accertamento, a pena di vedere dissolta la finalità di recupero delle imposte ritenute non versate dal contribuente (cfr Cassazione n. 2917/2019).
Nel caso in esame è pacifico che la notifica dell’avviso di accertamento è avvenuta dopo 34 giorni dalla consegna del pvc al legale rappresentante della società contribuente e, quindi, prima del decorso del termine dilatorio di 60 giorni previsto dall’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000. Nell’avviso di accertamento le ragioni di urgenza dell’emissione dell’atto impositivo ante tempus sono state specificamente individuate nell’imminente scadenza del termine di decadenza per l’esercizio dell’azione accertativa, determinata dalla condotta dilatoria dell’amministratore della società che, solo dopo numerosi rinvii, ha trasmesso la delega al fratello alla sottoscrizione del pvc.
La Ctr, pertanto, si è limitata ad affermare il principio secondo il quale “l’urgenza non va assestata sulla eventualità di evitare la decadenza del potere impositivo atteso che tale interesse va parametrato all’interesse del contribuente al contraddittorio procedimentale”, senza tuttavia esaminare le prospettate condotte dilatorie poste in essere dal contribuente.
Ulteriori osservazioni.
Secondo consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la scadenza del termine di decadenza dell’azione accertativa non rappresenta una ragione di urgenza tutelabile ai fini dell’inosservanza del termine dilatorio di cui alla legge 212/2000. Le ragioni di urgenza che, se sussistenti e provate dall’amministrazione finanziaria, consentono l’inosservanza del termine dilatorio, devono consistere in elementi di fatto, che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, non potendo identificarsi con l’imminente spirare del termine di decadenza per l’accertamento (cfr Cassazione nn. 5149/2016, 7290/2017, 19789/2018 e 22750/2021).
L’articolo 12, comma 7 della legge 212/2000 ha come destinataria l’amministrazione finanziaria nel suo complesso, intesa come ente impositore, sicché comunque l’agenzia fiscale è responsabile anche dei ritardi imputabili alla Guardia di finanza quale organo ispettivo collaterale. A tal fine la Cassazione, con la recente ordinanza 11110/2022, ha specificato che è nullo l’avviso di accertamento del fisco che non rispetta il termine dilatorio a causa dei ritardi della Guardia di finanza nell’effettuare l’ispezione: l’Agenzia delle entrate è responsabile anche dei ritardi imputabili all’organo ispettivo in quanto il termine di garanzia di cui all’articolo 12 della legge 212 del 2000 è riferito all’amministrazione finanziaria nel suo complesso.
Neppure la rilevanza degli imponibili accertati ha rilievo al fine di dimostrare l’urgenza del provvedere, limitando le garanzie predisposte in favore del contribuente dall’ordinamento tributario (cfr Cassazione n. 12713/2022).
Nel caso relativo alla pronuncia in esame era stato, invece, il comportamento pretestuoso e dilatorio del contribuente ad aver determinato l’urgenza di provvedere, pena la decadenza dal potere accertativo.
fonte fiscooggi.it