Il dipartimento delle Finanze rende note con il comunicato odierno le statistiche riguardanti gli Isa, le dichiarazioni delle persone fisiche titolari di partita Iva e in base al reddito prevalente trasmesse dai contribuenti nel 2021, relative al periodo d’imposta 2020. Le dichiarazioni risentono del contesto macroeconomico influenzato dalla crisi dovuta alla pandemia da Covid-19 e delle misure di contenimento adottate.
Indici sintetici di affidabilità fiscale
Gli Isa sono stati introdotti dal 2018 ed hanno sostituito gli studi di settore quindi il periodo d’imposta 2020 risulta essere il terzo anno di applicazione dei nuovi indici ed in questo anno hanno subito fortemente l’influenza delle crisi dovuta alla pandemia da Covid 19. Gli Isa sono i nuovi indicatori statistici introdotti dall’Agenzia delle entrate per valutare l’affidabilità fiscale di imprese e lavoratori autonomie rappresentano uno strumento basato sull’adempimento spontaneo degli obblighi tributari di stimolo alla cooperazione tra Fisco e contribuenti.
In considerazione della particolare situazione economica derivante da pandemia e misure di contenimento del contagio è stata prevista una revisione degli indici e sono state introdotte nuove cause di esclusione
Nel 2020 i gli Isa hanno riguardato 2.071.051 contribuenti, in forte diminuzione rispetto a quelli relativi al 2019 (-24%), per l’introduzione delle cause di esclusione.
Come nell’anno precedente la platea è composta per il 54% da persone fisiche, per il 18% da società di persone e per il 28% da società di capitali ed enti non commerciali.
In base alla distribuzione territoriale il numero dei contribuenti è concentrato per il 53% nel Nord; nel Sud e Isole la percentuale sul totale è pari al 27%, mentre al Centro è al 21%.
Nel 2020 si registra un aumento dell’1% nei ricavi e compensi medi dichiarati che per quanto riguarda il settore del commercio sale all’11,4%, aumento probabilmente dovuto a diverse cause. Anche il valore aggiunto medio è aumentato dell’1,1% rispetto al periodo d’imposta precedente, mentre il reddito medio d’impresa o da lavoro autonomo è cresciuto dell’8,6%.
Si può quindi concludere che nel terzo anno di applicazione degli Indici sintetici di affidabilità fiscale, influenzato dalla crisi economica generata dalla pandemia, è stata fondamentale l’introduzione di correttivi ed esoneri nel sistema.
Al netto di tali modifiche, i dati dei contribuenti che hanno applicato gli Isa nel 2020 mostrano un incremento in tutti i valori medi delle variabili economiche e reddituali.
Irpef titolari partita Iva e società di persone
Sono circa 3,7 milioni le persone fisiche titolari di partita Iva che hanno presentato dichiarazione nel 2020. Il dato è composto da imprenditori (32,2%), lavoratori autonomi (14,2%), agricoltori (6,4%), mentre i contribuenti in “regime fiscale di vantaggio” e “regime forfetario” rappresentano ormai quasi la metà dei titolari di partita Iva (47,2%).
Gli aderenti al regime forfetario sono circa 1,6 milioni, in linea rispetto all’anno precedente. Il reddito imponibile è pari a circa 18,9 miliardi di euro per un valore medio di 12.961 euro mentre l’imposta sostitutiva del 15% o 5% (per i primi cinque anni di attività) è stata pari a 2,3 miliardi di euro per un valore medio di 1.556 euro.
I soggetti in regime fiscale di vantaggio, che vi hanno aderito entro il 2015, risultano essere ancora circa 98.000 (-37,5%); oltre l’81% degli utilizzatori dichiara un reddito imponibile positivo, per un ammontare complessivo di oltre 959 milioni di euro e un valore medio di 12.042 euro; l’imposta sostitutiva al 5% è pari a 48milioni di euro per un ammontare medio di 604 euro.
Le dichiarazioni delle società di persone relative all’anno d’imposta 2020 sono 723.337, in diminuzione rispetto all’anno precedente (-3,9%). Il reddito medio dichiarato dalle società di persone, pari a 47.140 euro, è in decremento del 2,1% rispetto all’anno precedente.
Irpef in base al reddito prevalente
I dati statistici delle dichiarazioni Irpef delle persone fisiche, già pubblicati dal dipartimento delle Finanze, sono incrementati dalla classificazione dei contribuenti in base al reddito prevalente.
Dal 2018 è stato rivisto il criterio di prevalenza, considerando nella scelta anche i redditi soggetti a tassazione sostitutiva dei contribuenti in regime forfetario e di vantaggio.
L’85% dei circa 41,2 milioni di contribuenti Irpef detiene prevalentemente reddito da lavoro dipendente o pensione e solo il 6,3% del totale ha un reddito prevalente derivante dall’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo, compreso anche quello in regime forfetario e di vantaggio.
La percentuale di coloro che detengono in prevalenza reddito da fabbricati è pari al 4,1%.
Dall’analisi delle dichiarazioni dei dipendenti con quelle dei propri datori di lavoro si osserva che oltre il 63% dei dipendenti ha prestato servizio presso lo stesso datore di lavoro nell’arco dell’anno, mentre il restante 37% ha prestato servizio presso più datori di lavoro.
Per quanto riguarda la natura giuridica del datore di lavoro, il 58% dei lavoratori dipendenti presta servizio presso società per azioni, società a responsabilità limitata e società cooperative, seguiti da coloro che sono occupati presso enti pubblici (15%), ditte individuali (8,2%), società di persone (oltre il 6%) ed enti ospedalieri e istituti di previdenza e assistenza sociale (oltre il 5%).
Il reddito medio da lavoro dipendente è estremamente variabile rispetto alla diversa natura del datore di lavoro: il reddito medio più basso, pari a 9.584 euro, risulta quello dei lavoratori dipendenti il cui datore di lavoro è una persona fisica; il valore sale a 13.468 euro per i dipendenti di società di persone, a 22.292 euro per i dipendenti della Pubblica Amministrazione, mentre si registra il reddito medio più elevato, pari a 23.246 euro, per i dipendenti delle società di capitali.
fonte fiscooggi.it