di Liberato Ferrara*
Il mondo cambia. Stiamo vivendo un’epoca paragonabile alla rivoluzione industriale. Oggi non sono più le macchine a prendere il posto dell’uomo, ma è la tecnologia che sta rivoluzionando la nostra esistenza. E bisogna adeguarsi, sfruttare al meglio le nuove opportunità. Quando nella seconda metà del 18esimo secolo apparvero le prime macchine a vapore c’era il terrore che la cosa avrebbe comportato la perdita del lavoro umano. Non è stato così, le macchine hanno migliorato la vita.
Adesso siamo in piena rivoluzione digitale. Tutto quello che faceva parte della nostra vita di tutti i giorni fino a pochi anni fa adesso è superato.
La rete ad esempio ha messo in crisi in mondo dell’informazione. Una volta c’erano i giornali e basta. Poi è arrivata la radio, poi la televisione. Comportando un cambiamento notevole. Sui giornali stampati poco alla volta è sparita la cronaca, la notizia e basta. Si è passata all’analisi. La notizia ha cominciato a darla la radio, più o meno in tempo reale. Non c’era più bisogno di aspettare l’edizione del mattino del quotidiano per sapere cosa è successo. La televisione in un certo modo ha accentuato il fenomeno. Ma si trattava sempre di un’informazione mediata da giornalisti. Oggi internet, soprattutto i social hanno rivoluzionato questo mondo. Oggi l’informazione non solo è praticamente in tempo reale, ma non passa più, necessariamente, per le mani di un giornalista. Tutti possono fare informazione. Arma a doppio taglio, per tutta evidenza. Oggi le fake news sono frequentissime. Spesso neanche per cattiva volontà. A volte semplicemente per scarsa competenza specifica. Un giornalista sa bene che prima di passare una notizia va verificata. Un giornalista in genere sa come muoversi in questo ambito. Sa dove andare a verificare.
Poi può succedere sempre che venga fuori la bufala. Recentemente ha fatto in un battibaleno il giro del mondo la notizia della morte di Mino Raiola. Una notizia quanto meno affrettata. Il procuratore era ancora vivo, anche se non proprio vegeto, quando in rete è esplosa la notizia della sua scomparsa. Notizia data anche dall’Ansa, per intenderci. Notizia riportata da tutti i siti, anche da quelli di quotidiani sportivi nazionali. Il giorno dopo le scuse del direttore di Tuttosport, che ha spiegato il mistero. “Purtroppo non abbiamo avuto il tempo di verificare la notizia. Era su tutti i siti di informazione, anche su quello dell’Ansa. A quel punto eravamo difronte ad un dilemma: la cosa giusta sarebbe stato aspettare di verificare il tutto. Però in quel caso avremmo tradito i nostri lettori abituali, informandoli in ritardo rispetto ad altri siti. Abbiamo deciso di pubblicare. Ovviamente dopo aver fatto la verifica ci siamo scusati”.
La falsa notizia della morte di Raiola nasce tutta in ambito giornalistico. Si sapeva che stava molto male, che era in fin di vita. Una notizia del genere per altro non è mai un’invenzione di qualche burlone. In genere arriva da parte di un familiare, o di persona molto vicina all’oggetto di informazione. Che semmai ha capito male una notizia che gli è stata riferita. A quel punto si avvia una sorta di corto circuito. Una cosa del genere in passato non sarebbe stata possibile. Perché si aveva il tempo di fare la verifica. Internet ha cambiato tutto.
Internet non ha cambiato solo il modo di fare comunicazione, ma anche lo strumento della comunicazione. Tutti i quotidiani cartacei sono in grandissima difficoltà. Lasciamo stare i costi spaventosi che sono a monte, tra stampa, trasporto, diffusione, distribuzione dei giornali. Ma un giornale stampato a tarda notte sarà sempre superato da un sito aperto 24 ore al giorno. Per altro un giornale va comprato. Devi andare in edicola per prenderlo. Le ultime notizie on line si consultano sul cellulare appena svegli, senza neanche alzarsi dal letto. Si diceva una volta che il quotidiano non sarebbe mai stato superato perché era unico nel suo genere: si poteva consultare nel posto in cui in genere si ha tempo per leggere. Il riferimento, ci vuol poco a capire, era per il bagno. La mattina… ci siamo capiti. Oggi per tutta evidenza non è così.
Quindi il giornalismo è destinato a sparire? No, per tutta evidenza. Ci sarà sempre spazio per un’informazione di qualità. Certo, non ci sarà più spazio nel giro di qualche anno per la carta stampata. Bisognerà adeguarsi ai nuovi canali di comunicazione. Bisognerà adeguare il linguaggio e le immagini. Il Financial Times è il più prestigioso quotidiano economico al mondo. Da 132 anni è una sorta di Bibbia per gli addetti ai lavori. E’ in crisi profonda, al punto che ultimamente ha chiuso l’ultimo centro stampa londinese. Per venire fuori dal momento difficile ha deciso di affidarsi ad una giovanissima italiana, Virginia Stagni, una delle Under 30 da seguire secondo Forbes. Virginia, musicista mancata, è figlia di giornalisti, quindi dalla nascita ha vissuto in questo mondo. Ma è soprattutto una ragazza determinata, capace di fare scelte coraggiose. Che è dovuta andare via dall’Italia per mettere in pratica le sue idee. Fosse rimasta in Italia probabilmente sarebbe ancora alle prese con stage non retribuiti, nella migliore delle ipotesi si sarebbe ritrovata con qualche contratto a termine.
Invece si trova in una posizione di assoluto rilievo in una delle aziende più importanti del mondo. E’ “Head of business devolopment” al Financial Times. E’ responsabile di un settore che si occupa di ricercare strategie per rendere evergreen un’istituzione nata alla fine del 19esimo secolo.
In una bella intervista resa al Sole 24 ore ha spiegato le sue idee. “L’esperienza digitale deve essere di grande qualità, ma non devono mancare contenuti eccellenti”. A suo avviso il segreto consiste in una comunanza di armonia creativa e intuizioni, senza trascurare un pizzico di improvvisazione.
Belle parole, che in se dicono tutto e niente. Al tempo spesso concetti veritieri e banali. Il punto che ci sta a cuore sottolineare però non è questo. Per altro il tempo dirà se le sue idee sono giuste o meno. La cosa che va sottolineata è che il Financial Times non ha avuto alcuna remora ad affidarsi ad una giovane. In Italia una cosa del genere sarebbe stata inconcepibile. Invece non dovrebbe mai essere la carta di identità a creare gerarchie. Piuttosto le idee e la capacità di attuarla. Certo, con la stessa facilità con la quale le sono state spalancate le porte nella stanza dei bottoni, se le cose non dovessero andare bene verrà rispedita a casa. Ma fa parte del gioco. Per altro i giovani di oggi, a differenza dei loro genitori non hanno più il mito del posto fisso. Amano cambiare. Rischiare. Ma non sempre hanno la concreta possibilità di mettersi alla prova.
C’è un’altra considerazione: la rivoluzione digitale comporta un cambiamento totale del nostro modo di vivere. I giovani ci arrivano sicuramente prima. Non fosse altro che per il fatto che non hanno le sovrastrutture mentali dovute all’età dei loro genitori. Non dimentichiamo che sono stati ragazzi visionari negli anni scorsi creare sistemi operativi, sia della Apple che di Microsoft. Zuckerberg era un ragazzino quando ha inventato facebook.
Vediamo se Virginia Stagni riuscirà a rilanciare il Financial Times. Di certo il suo FT sarà un qualcosa di completamente diverso da quello che 132 è la Bibbia dell’Economia Mondiale.
*giornalista professionista