Il liquidatore di una srl risponde del reato di occultamento di documenti contabili se non esibisce le scritture o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione a chi legittimamente la richieda e faccia perdurare il suo contegno omissivo fintanto che è in corso l’attività di accertamento fiscale, non consegnando la documentazione fino alla conclusione delle operazioni dei verificatori. Lo ha chiarito la Cassazione nella sentenza n. 8316 del 10 marzo 2022.
Il Tribunale di Napoli ha dichiarato colpevoli del reato previsto dall’articolo 10 del Dlgs n. 74/2000, in concorso tra loro e nelle rispettive qualità, il legale rappresentante e il liquidatore della stessa srl che, al fine di evadere le imposte, avevano omesso di esibire le scritture contabili delle quali era obbligatoria la tenuta. La sentenza di primo grado è stata in parte riformata dalla Corte d’appello, adita dai due imputati, con assoluzione del legale rappresentante per non aver commesso il fatto e con riconoscimento, in favore del liquidatore, del beneficio della non menzione.
È stato il medesimo liquidatore a proporre ricorso per Cassazione, lamentando che la Corte di Napoli non aveva rilevato l’intervenuta estinzione per prescrizione del reato contestato.
A suo parere, il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente rilevato che la commissione del delitto contestato fosse riconducibile alla data di conclusione delle operazioni di verifica fiscale (23 gennaio 2012, come indicato nel capo di imputazione) e non, invece, alla data di inizio (14 aprile 2011), con la conseguenza che alla fattispecie non sarebbe stato applicabile, sempre secondo la Corte territoriale, il più lungo termine prescrizionale ex articolo 17, comma 1-bis, Dlgs n. 74/2000, essendo entrata in vigore la disposizione il 17 settembre 2011, cioè quando il reato già era stato commesso.
La Cassazione ha ritenuto infondato il motivo di ricorso e, con la sentenza in commento, ha affermato che “il reato in questione ha natura permanente e perdurando l’obbligo di esibizione dei documenti finché dura il controllo da parte degli organi verificatori, il momento consumativo di esso deve individuarsi nella conclusione e non nell’inizio delle operazioni di detto accertamento”.
I giudici di legittimità sono stati chiamati a individuare il dies perfecti delicti con riferimento al reato previsto dall’articolo 10, Dlgs n. 74/2000, vista la rilevanza di tale termine ai fini del decorso del relativo termine di prescrizione.
La questione assume una duplice problematicità: alla generale rilevanza legata alla decorrenza del termine prescrizionale, si aggiunge il dubbio afferente all’applicabilità o meno del prolungamento dell’ordinario termine prescrizionale di un terzo a seguito del comma 1-bis introdotto nell’articolo 17, Dlgs n. 74/2000, dall’ articolo 2, comma 36-vicies semel, lettera l), Dl n. 138/2011.
Con riferimento al primo aspetto generale, la Cassazione ha distinto le due condotte criminose, di occultamento e di distruzione di documenti contabili, previste dal citato articolo 10 e ha chiarito che la fattispecie in contestazione non concerne la distruzione della documentazione contabile della quale è obbligatoria la conservazione (fattispecie in cui, stante la natura istantanea del delitto, il dies perfecti/commissi delicti è ravvisabile nel momento in cui viene operata la distruzione del materiale in discorso), ma è relativa, invece, all’occultamento della medesima documentazione (fattispecie nella quale, per la natura di reato permanente, il delitto si perfeziona al momento in cui la documentazione viene sottratta alla possibile attività ispettiva degli organi incaricati di eseguire le verifiche contabili a fini fiscali, ma non si consuma definitivamente in tale momento, rimanendo, invece, flagrante per tutto il periodo in cui la predetta documentazione contabile, rimasta nascosta e inaccessibile agli organi verificatori, non ha consentito o ha reso più difficoltosa l’attività di controllo). Nel caso in cui il reato ex articolo 10 si presenti nella forma dell’occultamento, infatti, la permanenza dura sino al compimento dell’accertamento tributario.
Tale diversa struttura del reato produce effetti ai fini della decorrenza del relativo termine prescrizionale: in caso di reato istantaneo, infatti, la prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui si è conclusa la attività di distruzione delle scritture, mentre, nel caso di reato permanente, la prescrizione inizia a decorrere solo a partire dall’emissione dell’accertamento tributario, momento in cui possono essere considerati esauriti gli effetti dell’illecito (Cassazione, n. 14461/2017).
Al riguardo, tuttavia, in seno alla giurisprudenza di legittimità, si sono formati due distinti orientamenti che, pur enfatizzando la natura permanente del reato omissivo, ne distinguono il momento perfezionativo: in base al più risalente, infatti, il reato si perfeziona nel momento in cui gli agenti verificatori chiedono di consultare la documentazione (Cassazione, n. 13716/2006). Secondo la più recente impostazione, invece, proprio perché il reato ha natura permanente e poiché perdura l’obbligo di esibizione dei documenti finché dura il controllo da parte degli organi verificatori, il momento consumativo deve essere individuato nella conclusione e non nell’inizio delle operazioni di accertamento (Cassazione, n. 40317/2021), sussistendo la flagranza del reato fino a quando la documentazione può essere ancora consegnata utilmente ai verificatori.
La Cassazione ha stabilito di dare continuità al secondo orientamento richiamato, poiché ritenuto più coerente con la natura permanente del reato sia sulla base di quanto impone la disposizione dell’articolo 10 sia per ragioni logiche. L’occultamento della documentazione contabile, infatti, ha la finalità di impedire o rendere più difficoltoso l’accertamento fiscale “in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari”, con la conseguenza che il reato deve ritenersi commesso nel momento in cui l’accertamento ha inizio, posto che è lo stesso concetto di occultamento che presuppone la sottrazione di qualcosa alla conoscenza di qualcuno che vi abbia interesse e che possa essere in condizione di accedere alle informazioni in questione. Fino al momento di inizio delle attività dei verificatori, cioè, le scritture contabili, anche se clandestinamente riposte, non possono affermarsi occultate, poiché ragionevolmente gli stessi verificatori non hanno ancora alcun motivo né alcuna possibilità giuridicamente tutelata di potervi accedere.
Pervenire a diverse conclusioni, porterebbe a contraddire la natura permanente del reato omissivo. Sostenere che il momento consumativo del reato è quello in cui l’accertamento ha inizio, infatti, equivarrebbe ad affermare che, non diversamente dalla distruzione della documentazione contabile, anche l’occultamento è reato istantaneo, che si consuma nel momento in cui il contribuente non esibisce i documenti richiesti.
Nella fattispecie esaminata, i giudici di piazza Cavour hanno convenuto con la Corte di Napoli nel far coincidere il dies a quo del termine prescrizionale con il momento conclusivo della perdurante condotta delittuosa del liquidatore e cioè con il completamento delle attività di verifica fiscale.
Individuato nella conclusione dell’attività di controllo (23 gennaio 2012) il momento di consumazione del reato e considerando che a tale data era già entrato in vigore (dal 17 settembre 2011) il comma 1-bis dell’articolo 17, Dlgs n. 74/2000, la Cassazione ha ritenuto applicabile la norma per l’elevamento di un terzo del termine di prescrizione poiché la disposizione risultava vigente alla data della consumazione del reato.
Tenuto conto dell’esistenza di eventi che ne hanno interrotto il corso, la Corte ha concluso che il termine prescrizionale del reato, pari a 10 anni, decorrendo dal 23 gennaio 2012, non solo non era spirato al momento in cui è stata pronunciata la sentenza impugnata (cioè al 17 marzo 2021), ma era ancora pendente.
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