La Guerra russo-ucraina ha riportato di grande attualità il tea dell’energia nucleare. In Italia le centrali sono state chiuse in seguito ad un referendum popolare. Un referendum nato sulla spinta emotica di quanto accaduto, manco a farlo apposta, sempre in Ucraina, da Chermobyl. Lo abbiamo scritto in passato: in Italia c’è un paradosso risibile. Per paura delle contaminazioni sul nostro territorio non ci sono centrali nucleari attive. Ma ci sono a pochi metri dal confine, in Francia e Slovenia. La Francia in queste ore non ha problemi con rischio dello stop all’importazione del gas russo perché è sostanzialmente autosufficiente dal punto di vista energetico grazie anche alle centrali nucleari posti a pochi metri dal confine italiano.
MA c’è un altro paradosso. L’Italia è avanti in Europa nella ricerca sull’energia nucleare. È quanto emerge da un’analisi Elsevier – uno dei più importanti editori scientifici del mondo con più di 3000 riviste accademiche in ogni ambito – che prende in considerazione oltre 70.000 paper in tutto il mondo negli ultimi 6 anni (2016-2021).
I ricercatori italiani salgono sul podio dell’Unione Europea (EU27) in termini di pubblicazioni scientifiche insieme a quelli francesi e tedeschi. “Un risultato non da poco – commenta Claudio Colaiacomo Vice President Global Academic Relations di Elsevier – considerando soprattutto che Francia-Germania-Italia coprono più del 60% delle pubblicazioni dell’Unione Europea (10.200 paper su 17.000)”. Inoltre, guardando invece il settore della ricerca in generale, in numeri assoluti, l’Italia è al settimo posto nel mondo mentre Germania è quarta e la Francia appena sotto all’ottavo posto.
Dal 2016 a oggi sono più di 2.600 le pubblicazioni accademiche sul nucleare attribuite all’Italia, e vantano livelli di citazioni più alti della media globale. Infatti, guardando alla qualità della ricerca scientifica misurate in termini di citazioni normalizzate (FWCI), l’Italia produce ricerca di qualità superiore non solo alla Cina e Usa, ma anche superiore a Francia e Giappone, cioè paesi con una consolidata tradizione di ricerca e sviluppo nucleare.
Nei top 15 Paesi più prolifici al mondo solo UK e Germania hanno FWCI più alto dell’Italia e non di molto – Italia 1,11, Germania 1,15 e UK 1,20. E non è tutto: quasi uno su cinque degli articoli italiani sulla ricerca nucleare appaiono nelle riviste più autorevoli al mondo (top 10%). Fra i principali centri italiani per la ricerca sul nucleare Elsevier censisce ai primi tre posti l’Istituto nazionale di Fisica Nucleare con 713 pubblicazioni tra il 2016 e il 2021, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, le energie e lo sviluppo economico sostenibile con 468 pubblicazioni e il Politecnico di Milano con 305.
Ma quali sono i temi al centro della ricerca sul nucleare in Italia? “Sulla direzione che il lavoro accademico sta prendendo nel nostro Paese, – spiega Claudio Colaiacomo – molto possono dire anche i topic cluster, cioè le aree di ricerca che nascono dall’aggregazione di una serie di argomenti su cui si basano le ricerche analizzate. Globalmente vediamo una maggiore frequenza su temi specifici come reattori, combustibile nucleari, e sul problema delle scorie radioattive. In Italia accanto a temi su reattori e combustibile, troviamo un’attenzione particolare alla ricerca sulla fusione nucleare e magnetoplasma”. “In questo specifico campo – dice ancora Claudio Colaiacomo – la ricerca accademica italiana vanta numerose collaborazioni internazionali”.
Secondo la ricerca Elsevier, il 59% delle pubblicazioni è in collaborazione con istituzioni di altri Paesi, denotando un livello di collaborazione internazionale più alta della ricerca italiana in generale, che invece, ha di media il 47% (12% in meno) di collaborazioni internazionali. Le partnership più fruttuose sono quelle con Francia, Germania e Stati Uniti, mentre i livelli di citazioni più alte nelle collaborazioni internazionali si vedono con l’Olanda e, forse sorprendentemente, con la Cina (sorprendentemente perché la Cina in media ha FWCI a 0,66 ma la porzione di paper con collaborazione Italo-cinese ha FWCI di 2,43 (ben più alti anche della media italiana di 1.11) – “Un segnale chiaro che la collaborazione internazionale in questo settore ha la capacità di amplificare l’impatto della ricerca di molto” prosegue Claudio Colaiacomo. Il partner internazionale più prolifico in questo settore è di gran lunga l’Université Paris-Saclay con ben 207 pubblicazioni in collaborazione con l’Italia negli ultimi 6 anni.
E’ chiaro che a questo punto è lecito attendersi una rivisitazione della politica energetica nel nostro paese. Il nucleare di ultima generazione per altro è molto sicuro. Magari sarà lo choc energetico dovuto alla guerra che darà l’impulso giusto per un cambiamento.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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