In tema di imposte sui redditi e con riferimento alla determinazione del reddito d’impresa, l’effetto traslativo conseguente all’acquisto di merce affidata a terzi per il trasporto si considera verificato alla data della spedizione, quale risulta dai documenti che accompagnano la merce, a meno che le condizioni dello specifico contratto, che è onere del contribuente allegare, non indichino un momento diverso. Di conseguenza, in base alla regola generale di cui all’articolo 75 (attuale 109), comma 2, lettera a), Tuir, e in mancanza di prova contraria, il relativo costo si considera sostenuto e va, quindi, imputato all’esercizio dell’anno in cui il bene è stato spedito. Lo ha chiarito la Cassazione nella sentenza n. 1016 del 14 gennaio 2022.
Con avviso di accertamento emesso a seguito di un pvc della GdF nei confronti di una srl per l’anno d’imposta 2003, l’Agenzia ha recuperato, tra l’altro, costi di acquisto di macchinari industriali nuovi e usati ritenuti indeducibili per violazione del principio di competenza, ex articolo 109 Tuir, poiché la contribuente, scegliendo arbitrariamente a quale anno d’imposta imputarli, aveva ritardato l’iscrizione nel bilancio di esercizio di costi riguardanti l’anno precedente. I giudici di merito hanno ritenuto ingiustificata la ripresa a tassazione e derogabile il principio della competenza in assenza di danno erariale.
L’Agenzia ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando (anche) violazione e falsa applicazione dell’articolo 109 del Tuir e richiamando le numerose pronunce di legittimità, tutte conformi nel senso della inderogabilità dei criteri di competenza. La Corte ha ritenuto fondato il motivo di ricorso e ha ribadito che “in tema di reddito d’impresa, le regole sull’imputazione temporale dei componenti negativi, dettate in via generale dall’art. 75 (attuale art. 109) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sono inderogabili…” (Cassazione, n. 1016/2022).
I giudici di piazza Cavour hanno richiamato il principio consolidato di legittimità secondo il quale non è consentito al contribuente di scegliere se effettuare la deduzione di un costo in un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come esercizio di competenza (Cassazione, n. 23715/2013, n. 6349/2014 e n. 23521/2020).
Il legislatore tributario, perseguendo il fine di un corretto prelievo fiscale, ha privilegiato, nella determinazione del reddito di esercizio, il principio della competenza fiscale, indicando i criteri inderogabili da adottare per l’imputazione temporale di costi e di ricavi. Con criterio sostanzialmente sovrapponibile a quello adottato in materia di Iva per stabilire la data di effettuazione delle operazioni (articolo 6, Dpr n. 633/1972), l’articolo 109 del Tuir stabilisce, infatti, che i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute – per quanto riguarda i beni mobili – alla data della consegna o della spedizione, fissando quali criteri inderogabili per l’individuazione dell’effetto traslativo “la data della consegna” o “la data della spedizione” con palese riferimento giuridico alla consegna e alla spedizione di beni mobili regolate, rispettivamente, dall’articolo 1510 cc, commi 1 e 2 (Cassazione, n. 341/2006 e n. 23547/2020).
Nella fattispecie al suo esame, ai fini dell’individuazione dell’esercizio di competenza, la Corte ha precisato che l’effetto traslativo si considera verificato alla data della spedizione, quale risulta dai documenti che accompagnano la merce tenendo conto, tuttavia, oltre che della data della spedizione, anche delle condizioni generali dello specifico contratto di trasporto. Proprio tali condizioni, senza contrastare con il principio di competenza economica che governa l’imputazione temporale delle componenti del reddito, possono giustificare l’eventuale deroga alla regola posta dall’articolo 1510, comma 2, cc, al quale rimanda espressamente l’articolo 109, comma 2, lettera a) del Tuir, e la “non coincidenza” della data di spedizione con l’effettivo trasferimento della disponibilità giuridica della merce. Al riguardo la Corte ha affermato che è onere del contribuente allegare la relativa documentazione (Cassazione, n. 1633/2008, n. 6142/2009, n. 25083/2013, n. 16771/2016 e n. 23547/2020).
La società contribuente, però, non ha dimostrato (e, comunque, non sarebbero stati sufficienti semplici accordi verbali tra fornitore e cliente – Cassazione, n. 341/2006) che, per espressa pattuizione contraria alla regola legale, la disponibilità giuridica dei beni si sarebbe realizzata in un momento diverso dalla spedizione.
E neppure può ritenersi che l’apposizione della clausola FOB (“free on board”) possa far differire l’effetto traslativo e, quindi, giustificare una diversa imputazione temporale del costo. Nonostante la sentenza n. 1016/2022 non abbia indicato espressamente gli effetti della clausola FOB rispetto alla regola posta dalla norma tributaria con riferimento all’imputazione temporale del costo sostenuto, tuttavia ha rinviato all’ordinanza di legittimità n. 23547/2020, così richiamando la precisazione che, «in tema di vendita di cose mobili …, il trasferimento della proprietà, nel caso in cui si tratti di cose da trasportare, avviene con la consegna al vettore o allo spedizioniere. Ai fini dell’adempimento dell’obbligo della consegna della cosa da parte del venditore, è sufficiente la consegna al vettore, senza che sia di ostacolo a tale conclusione la eventuale stipulazione della clausola ‘fob’…»
L’apposizione di tale clausola, quindi, non incide affatto sul momento determinativo del trasferimento della proprietà dei beni mobili, restando quest’ultimo coincidente con la consegna delle cose da trasportare al vettore o allo spedizioniere.
La clausola FOB, come tutte quelle “franco”, infatti, è riferibile unicamente alle spese di trasporto e di carico e scarico che, in tal modo, sono poste a carico del venditore e che, diversamente, in mancanza di tale pattuizione, ne sarebbe esente (Cassazione, n. 15389/2002 e n. 23547/2020).
La Cassazione, inoltre, ha chiarito che il costo di acquisto dei beni mobili si considera sostenuto e va, quindi, imputato all’esercizio dell’anno in cui il bene è stato spedito, rimanendo disciplinato dalle norme comuni, anche qualora venga prevista la responsabilità del vettore per la perdita, colpevole o incolpevole, del bene poiché l’avveramento dell’una o dell’altra ipotesi non incide sull’appartenenza della merce, ma solo sul regime della responsabilità del vettore nei confronti del proprietario (Cassazione, n. 15389/2002).
In conclusione la Cassazione ha rilevato chiaramente che la sentenza impugnata, “ritenendo derogabile il principio della competenza in assenza di danno erariale ed affermando la possibilità per la contribuente di imputare i costi nell’esercizio successivo a quello della spedizione per il solo fatto della sussistenza della clausola Fob… (Cfr. Cass., V, 23547/2020)”, non si era conformata ai principi sopra richiamati.
A parte le spese del giudizio, quindi, per il giudice del rinvio nessun adempimento in relazione alla verifica in concreto di quali siano stati i termini dell’accordo contrattuale tra le parti, poiché “Nella fattispecie in esame è incontroverso tra le parti che la contribuente non abbia rispettato il principio di competenza, che deve essere osservato anche in mancanza di danno erariale” (Cassazione, n. 1016/2022).
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