Le aree adibite a cava estrattiva devono essere accatastate nella categoria catastale D/1 del catasto urbano, hanno una specifica rendita catastale trattandosi di immobili suscettibili di autonoma funzionalità e redditività. Questo principio è stato affermato dalla Corte di cassazione con le recenti sentenze n. 1026 e n. 1404, rispettivamente del 14 e 18 gennaio 2022.
In entrambi i casi, all’origine della vicenda esaminata dalla Corte, vi è un atto di classamento notificato dall’Amministrazione finanziaria sulla base dell’articolo 1, comma 336 della legge n. 311 del 30 dicembre 2004.
Questa disposizione consente ai Comuni di chiedere, ai titolari di diritti reali immobiliari, di presentare atti di aggiornamento catastale, qualora venga riscontrata la presenza di immobili non dichiarati in catasto, o la sussistenza di situazioni di fatto non coerenti con il classamento catastale dell’immobile.
La stessa norma prevede che se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta del Comune entro 90 giorni, l’Amministrazione finanziaria può provvedere, a spese delle parti, all’iscrizione in catasto dell’immobile non accatastato, o alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita.
In entrambi i casi i contribuenti hanno impugnato l’avviso di classamento, ritenendo che fosse corretta l’inclusione delle aree adibite a cave estrattive nel catasto terreni, sulla base dell’articolo 18 del Regio decreto n. 1572 del 1931.
Questa norma prevede espressamente l’esclusione delle cave dalla stima fondiaria e, secondo le parti, legittimerebbe l’iscrizione delle cave al catasto terreni, senza attribuzione del reddito agrario e del reddito dominicale.
La tesi delle società destinatarie degli avvisi di classamento è stata accolta dalle commissioni tributarie, sia di primo che di secondo grado.
In sede di ricorso per Cassazione, l’Amministrazione finanziaria ha evidenziato che il citato articolo 18 del Rd 1572/1931 si limita ad escludere le cave dalla stima fondiaria, ma non stabilisce né che tali immobili non devono essere iscritti nel catasto edilizio urbano né che devono essere privi di rendita catastale.
In particolare, in giudizio, si è evidenziato che:
– i redditi derivanti dall’attività di sfruttamento delle cave sono qualificati come redditi di impresa (articolo 55, lettera b, Dlgs. n. 344/2002), la cui tassazione avviene in base al reddito effettivamente prodotto, con esclusione della rilevanza degli estimi catastali;
– l’articolo 3 del Rd 652/1939, in merito all’accertamento dei fabbricati urbani da iscrivere nel catasto fabbricati, dispone che l’accertamento è fatto per “unità immobiliare”;
– la definizione di “unità immobiliare” è contenuta nell’articolo 2 del decreto del ministero delle Finanze n. 28 del 2 gennaio 1998, in base al quale “L’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale.”
In motivazione la Corte di cassazione ha, inoltre, richiamato il suo consolidato orientamento, in base al quale “…l’accatastamento viene dalla normativa riferito non al fabbricato in quanto tale, bensì alla nozione di unità immobiliare urbana (UIU), a sua volta rapportata ad una componente immobiliare (rilevante ex art. 812 c.c.) suscettibile di autonoma funzionalità e redditività.”
Si è evidenziato, altresì, che le considerazioni sopra espresse sono già state alla base di numerose sentenze con le quali è stato ritenuto corretto l’accatastamento degli immobili aventi destinazione industriale o di produzione energetica (ad esempio discariche pubbliche, centrali elettriche, parchi eolici, centrali telefoniche, piattaforme petrolifere).
I giudici hanno, quindi, ritenuto corretto l’accatastamento delle cave nella categoria D/1, “…trattandosi di immobili suscettibili di autonoma funzionalità e redditività”.
Si è, inoltre, sottolineata la circostanza che un’errata iscrizione dei terreni adibiti a cava, nel catasto terreni, senza attribuzione di rendita fondiaria, renderebbe, di fatto, tali terreni non soggetti al pagamento dell’Imu senza che il legislatore abbia previsto tale esenzione.
Alla luce di tali considerazioni sono stati ritenuti legittimi gli atti di classamento, con attribuzione di rendita, notificati dall’Amministrazione finanziaria ai proprietari degli immobili.
È opportuno, segnalare, infine, che l’attribuzione della categoria catastale “D/1” alle cave è prevista anche dalle istruzioni operative, relative alla procedura Docfa, pubblicate sul sito istituzionale dell’Agenzia delle entrate.
by Liberato Ferrara Area Imprese Network
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